L’arte nella Tuscia secondo Maria Elena Piferi

di Carolina Trenta

M.E.P.

Arte, formazione e impegno civile: questa la sintesi dell’anima di Maria Elena Piferi, insegnante e presidente dell’associazione Donna Olimpia.

Nel suo curriculum è storica dell’arte e docente presso l’Istituto Orioli di Viterbo, una scuola che fa dell’inclusione la chiave del successo formativo; qui vi insegna Lettere. Tuttavia, è nel privato che ha maggiormente modo di mostrare la sua sensibilità, il suo impegno civile: non a caso, nel novembre scorso ha ricevuto il premio Medea assegnato da Anna Fendi & Associazione Medea con la motivazione: “Per il tuo sforzo continuo alla lotta contro la violenza di genere ed in genere”.

Il concorso A Silvia e l’opera di arredo urbano L’isola del rispetto a Vasanello, realizzata dall’artista viterbese Stefano di Maulo, portano la firma dell’associazione Donna Olimpia: ecco dunque un lampione come “faro della cultura per combattere l’oscurità del male e dell’ignoranza” e una panchina rossa “decorata dai simboli del maschile e del femminile, dell’infinito e della pace, [che] intendono coniugare l’arte alla simbologia e agli ideali dell’amore universale”.

Nel nostro passaggio di parole il suo nome ricorre spesso nel territorio. Incontrandola chiediamo proprio a lei chi è nella realtà Maria Elena Piferi.

“Sono nata a Viterbo, dove vivo dall’età di 30 anni, ma la mia infanzia e la mia adolescenza le ho trascorse a Bagnaia, un territorio con cui ancora oggi sento un legame molto forte. Ho due figli di 18 e 22 anni e un cane che per noi rappresenta il “piccoletto” di casa”.

Gli ultimi due anni sono stati emotivamente provanti per lei con la perdita di due persone care, il padre e il compagno di vita. L’arte come cura contro le avversità aiuta?

Forse per qualcuno è così, ma con me non ha funzionato. La morte di un genitore anziano rientra nell’ordine naturale delle cose, ma quella del proprio compagno di vita è estremamente più difficile da accettare. Da quando se n’è andato faccio fatica a vedere la bellezza dell’arte e a condividerla con gli altri, ma pian piano sto cercando di rimettermi in carreggiata per dedicarmi alla mia grande passione che è appunto l’arte, soprattutto quella capace di scuotere l’animo.

Qual è a suo giudizio un approccio vincente che avvicini il pubblico di tutte le età all’arte?

Credo che basterebbe semplicemente utilizzare in maniera efficace i vari linguaggi che l’arte offre, ma per suscitare le emozioni nei cuori della gente molto dipende dalla capacità e dal talento dei veri artisti, che non sono certo quelli, numerosissimi, nati nell’era del Covid e che ogni giorno ormai scappano fuori come funghi.

Come insegnante pensa che sia funzionale un dipartimento educativo che accolga le scuole di ogni ordine e grado, offrendo loro progetti educativi legati alle mostre temporanee e percorsi permanenti sui nostri grandi autori?

Penso di sì, soprattutto se parliamo di grandi maestri che hanno lasciato un segno nella nostra cultura e se, oltre a libri di testo ben strutturati, alla cattedra ci siano insegnanti competenti in grado di far capire il senso delle opere e i concetti che queste esprimono … senza tralasciare le conoscenze specifiche della sfera religiosa, che in molti casi sono di fondamentale importanza.

Ci spieghi meglio …

La religione nelle scuole oggi ha un posto “secondario” e molti studenti si rifiutano di seguirla. Ma perché? In fondo la religione cristiana è alla base della nostra cultura. Penso non solo all’arte sacra o ai capolavori a tema religioso, ma anche ad opere come la Divina Commedia … come si fa a comprenderne pienamente il significato se si prescinde dalla religione? E quando parlo di “religione nelle scuole” ovviamente non intendo la catechesi, ma le radici iconografiche e culturali della nostra arte letteraria e figurativa.

Quanto la diversità può essere coinvolta nell’arte? Pensiamo a mostre accessibili in LIS – Lingua dei Segni Italiana, al pubblico sordo per ciechi e ipovedenti …. ai giovani autistici.

L’arte può veramente essere la lingua che avvicina le persone più fragili all’apprendimento, soprattutto oggi, grazie alle moderne tecnologie che consentono di toccare e “sentire” le opere attraverso varie sfere sensoriali.

Che cosa è stato fatto e cosa l’ha riguardata?

Dopo la laurea in beni culturali ho avviato una ricognizione sull’arte romanica nella Tuscia, da cui nel 2001 è uscito il volume Affreschi romanici nel viterbese, un lavoro di cui sono particolarmente orgogliosa. Questa è stata la base da cui sono partita per realizzare, con la cooperativa Valorart di cui sono stata presidente per 10 anni, eventi di natura artistico-culturale, come il Convegno di studi sulla Grotta del Salvatore di Vallerano nel 2002, che vide la presenza dell’on. Vittorio Sgarbi, allora sottosegretario per i Beni e le Attività Culturali.

C’è un evento in particolare che vuole ricordare?

Sì, l’apertura al pubblico del Castello di Montecalvello nel 2003: oltre ad essere affettivamente legata a questo posto perché è lì che mi sono sposata, esso rappresenta per me anche un grande successo professionale per i tantissimi visitatori che allora ebbero modo di ammirare per la prima volta il castello del grande artista Balthus. In quell’occasione, nella guida sulla storia del castello ebbi modo di pubblicare il frutto dei miei studi sugli affreschi che decorano i vari ambienti, partendo da zero, perché nessuno se ne era mai occupato prima … studio che poi in anni recenti ho approfondito pubblicandone i risultati nel 2018 sulla rivista Biblioteca e Società.

Cosa invece non è stato fatto?

Sono tanti in realtà i progetti non realizzati e rimasti sulla carta, ma non escludo di riprenderli in mano in un futuro abbastanza imminente.

Su quale progetto sta lavorando con la sua associazione?

Sto riprendendo il bando di concorso A Silvia e lavorando a progetti che riguardano la valorizzazione di artisti del territorio. Allo stesso tempo mi piacerebbe tanto far tornare a dipingere a Viterbo l’artista americano Mark Samsonovich, che nel 2018 ha realizzato il murales “Water the flowers” sulla parete adiacente alla nostra scuola: rappresenta un vero e proprio messaggio figurato di cosa dovrebbe essere l’amore di coppia, fatto di sensibilità, condivisione e arricchimento reciproco.

Ricordiamo a tal proposito la sua mostra contro il femminicidio …

Sì, “Un pesce in una biglia”, una mostra collettiva allestita nel 2016 nel Palazzo dei Papi, con la direzione artistica di Claudio Strinati, madrina Anna Fendi e main sponsor Piero Camilli, patron della Viterbese Calcio. È stata una grande occasione per la nostra città e ne vado davvero fiera.

Viterbo è una città d’arte e cultura?

Viterbo ha potenzialità, anche inespresse, su cui c’è ancora molto da lavorare. Ma è comunque una grande città d’arte che da tempo è meta di turisti sempre più numerosi, anche grazie all’impegno costante di alcune realtà radicate sul territorio come PromoTuscia, Archeoares e la Proloco.

La nostra sindaca Chiara Frontini ha nominato una consigliera alle piccole cose da segnalare, Rita De Alexandris. Cosa le suggerirebbe di piccolo ma bello e possibile?

Dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali ho studiato a fondo le Mura civiche di Viterbo, che nel 1999 hanno rappresentato l’oggetto della mia tesi di dottorato in Scienze Ambientali. Allora auspicavo che la cinta muraria, che rappresenta senza dubbio il biglietto da visita della nostra città, venisse valorizzata con interventi di riqualificazione già proposti dall’architetto Paolo Portoghesi. Oggi mi accontenterei di veder realizzate in tempi brevi delle epigrafi da collocare accanto alle porte, soprattutto quelle monumentali, corredandole di informazioni relative all’epoca di costruzione, alle committenze e alle circostanze che ne hanno resa necessaria la realizzazione.

 

Foto: insieme ad Anna Fendi e Piero Camilli

foto uno

 

 

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