Innovazione ed economia: il punto sulla situazione italiana

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Si è tenuta nell’Auditorium dell’Università degli Studi della Tuscia, il convegno “Università ed Innovazione: Verso Un’Economia della Conoscenza”, un evento dedicato al confronto sui temi della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. All’introduzione del Magnifico Rettore, Alessandro Ruggieri, sono seguiti gli interventi di Andrea Bairati, direttore area politiche industriali, innovazione, education Confindustria, Guido Fabiani, Assessore sviluppo economico e attività produttive della Regione Lazio, e Marco Mancini, Capo Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR nonché ex rettore dell’ateneo viterbese. “L’Italia è paese con il maggior numero di richieste per finanziamenti europei finalizzati a progetti di ricerca e, al contempo, quello con il più alto tasso di fallimento nell’adempimento degli obiettivi progettuali”, ha esordito Marzio Bartoloni, giornalista del Sole 24 Ore e moderatore della giornata. Un quadro che risponde al panorama di un Italia che fatica “a fare sistema”, come sottolinea l’Assessore Fabiani: “Abbiamo un tessuto produttivo molto frazionato e disperso, con solo una piccolissima quota di aziende a dimensione internazionale e un sistema che, malgrado l’incredibile potenziale internazionale, fatica ad esprimersi perché non organico, non interconnesso, non coordinato sul piano dell’innovazione tecnologica. È necessario ristrutturare il sistema produttivo, un’innovazione complessiva che ci permetta di uscire dalla crisi con un nuovo slancio a livello internazionale”. 

“In questi 8 anni di crisi abbiamo perso 150mila imprese, un milione e 200mila addetti, e un quarto del valore di produzione nazionale – ha aggiunto Bairati di Confindustria – Siamo rimasti comunque la seconda manifattura europea e il quinto esportatore, siamo best performer in diversi ambiti, quindi è chiaro che nel corso di questa rivoluzione economica qualcosa è cambiato. Purtroppo questo qualcosa è successo dentro un numero troppo ridotto di aziende. Abbiamo 23mila soggetti produttivi che hanno trascinato il paese e dobbiamo quindi concentrare i nostri sforzi con questa platea e non con tutte le imprese presenti sul territorio. Confrontati con i best performer mondiali, o siamo allo stesso livello o siamo più bravi, peccato però che le nostre eccellenze vadano a cadere in un calderone con risultati altalenanti. Non è poi pensabile fare innovazione aderendo ai tempi assurdi di una burocrazia fin troppo vincolante. Urge ottimizzare le linee dell’amministrazione per fornire migliori prospettive ai progetti d’innovazione. Abbiamo le eccellenze, però abbiamo anche bisogno di un po’ di ingegneria amministrativa”.

“Abbiamo ereditato una burocrazia con tempi e norme tutt’altro che vantaggiosi – ha spiegato Mancini – Tutti questi adempimenti fanno sì che molti finanziamenti europei risultino spesso difficili da acquisire, con il rischio di perderli del tutto. Lavoreremo per offrire una maggiore ‘semplicità’ dei bandi, proprio per evitare quello che è successo in passato. Purtroppo siamo però molto preoccupati perché attualmente le percentuali di raggiungimento degli obiettivi sono ancora molto critiche”.

Hanno partecipato al successivo dibattito i rappresentanti di diverse università italiane e numerosi imprenditori.

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