Il santuario del Santissimo Crocifisso di Castro, la sua ‘indistruttibilità’ fu vista come un segno divino

Il santuario del Santissimo Crocifisso di Ischia di Castro, presso l’antica città di Castro è un reperto che racconta un pezzo di storia importante.
Si tratta, infatti, di un bene monumentale sorto sui resti di un masso a forma di parallelepipedo triangolare, ovvero quel che rimaneva della distruzione che rase al suolo il ducato nella “Guerra di Castro”. Quest’ultima, un conflitto fra lo Stato Pontificio e la famiglia Farnese che animò gran parte del ‘600, conobbe due fasi; la prima (1641-44) sorse sulla spinta delle mire espansionistiche dei Barberini (con Urbano VIII, i cardali Francesco e Antonio), che aspiravano ad impadronirsi dei possedimenti dei Farnese. Dapprima le truppe pontificie invasero il ducato di Castro, poi quelle dei Farnese occuparono lo Stato Pontificio fino ad Acquapendente. La I guerra si concluse il 31 marzo 1643 con il trattato di Roma che restituiva il Ducato di Castro ai Farnese e nominava cardinale Franceso Farnese.
L’astio riprese nella II Guerra (14646-49) perché papa Innocenzo X elesse vescovo di Castro monsignor Cristoforo Giarda, senza il consenso dei Farnese che lo rifiutarono, mentre il Pontefice lo costrinse ad insediarsi; ma, mentre si recava a prendere possesso della sua diocesi, subì un agguato vicino Monterosi. Così il Santo Padre fece istituire un processo e ordinò di radere al suolo Castro, che fu completamente distrutta nel settembre del ‘49.
La stessa sorte toccò a quel masso da cui sarebbe sorto il santuario del Sanissimo Crocifisso, emblema di rinascita quasi nel corso dei secoli successivi.
I soldati non riuscirono a demolirlo. Forse sia per la consistenza e resistenza della pietra che per la sua forte valenza simbolica. Aveva, infatti, raffigurate delle immagini sacre sui lati: quella del Crocifisso da cui prende il nome; e quelle della Madonna del Carmine e di S. Antonio da Padova.
La sua ‘indistruttibilità’ fu vista come un segno divino e religioso: quasi un miracolo, che spinse molti pellegrini a visitare questo luogo ‘magico’.
E non crebbe solo la loro affluenza, sempre maggiore, ma anche il volume e l’entità della struttura che da un ‘semplice’ masso ne nacque. Un tempio sempre più ampliato, fino a divenire un mero santuario.
Una piccola chiesetta quasi: così appariva nel 1747, quando vicino al masso furono costruiti un altare e una cappelletta.  Poi le sembianze mutarono ancora nel 1800, nel ’70 circa, quando l’edificio fu ulteriormente ingrandito, divenendo a quattro pareti con tetto a capriata. Nel ‘900, ancora, intorno al ’67, fu aperta una cantoria di prospetto all’altare e terminato l’edificio annesso.

Castro, capitale distrutta dell’omonimo ducato Farnese, era da secoli nascosta tra i rovi quando, grazie ai funzionari della allora Soprintendenza per il beni architettonici e paesaggistici (ora SABAP VT EM), dalla seconda metà degli anni Novanta e più diffusamente nel decennio successivo, sono iniziati – e stanno adesso proseguendo – scavi e restauri del suo patrimonio architettonico ed artistico. Ulteriori fondi, cospicui, sono stati stanziati dal PNRR, ma già ora, affidata alla fondazione Vulci, è oggetto di frequentazione turistica e culturale.

Il santuario del Santissimo Crocifisso di Castro è  aperto nel mese di giugno.
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