Mascagna: Viterbo potrebbe essere un salotto naturale di cultura

Nativo di Caprarola, 56 anni, un percorso formativo che non ha mai deviato, dal diploma conseguito all’Accademia di Belle Arti di Viterbo, nella stessa accademia che lo ha visto studente ricoprirà poi la carica di insegnante di Teoria e Psicologia della forma, girovago alla ricerca del silenzio in luoghi sempre di una dimensione contenuta.

Caprarola, la bellezza di Palazzo Farnese ha influito nel suo avvicinamento all’arte. Cosa significa quel luogo nella sua espressione artistica?
Palazzo Farnese è un’opera manierista e rappresenta quindi il passaggio dal cerchio all’ovale. Sicuramente questo transito che conduce alla complessità geometrica è stato accolto dal polimaterico atteggiamento che ho oggi nei confronti della forma.

Ritraendosi nell’artista il punto di partenza è stato l’astrattismo, poi ha definito il suo percorso con confluenze coloristiche e materiche, quale è stato il passaggio?
Ricondurre il pensiero a formula. Per me è stato un irrinunciabile punto di sintesi tra opera e pensiero. Le confluenze sono dipese dall’incontro con le teorie di Gaston Bachelard che già nel 1930 auspicava forme di conciliazione tra tradizione e innovazione.

Essere stato allievo di Michelangelo Conte ed Alfio Mongelli, ha tratteggiato la sua ricerca tra tradizione e contemporaneità attraverso la conciliazione degli opposti?
Da loro ho appreso soprattutto il rigore formale della composizione studiata per assolvere ad una funzione estetica. La conciliazione degli opposti, alla quale fa riferimento tutta la mia attuale produzione, ha più un’origine filosofica, della quale, a suo tempo, ne parlai con Michelangelo Conte ricevendone un concreto incoraggiamento.

Le sue opere presenti sul territorio nazionale ed estero, fanno emergere l’arte poetica compositiva dell’artista prima di tutto osservatore del luogo. Ci indichi quelle più importanti realizzate nel mondo e in Italia.
Per me l’Urbanistica è lo spazio collettivo dell’ ordinario umano. Questo vuol dire che l’opera va a inserirsi in un contesto già esistente. Compito dell’artista è quello di interpretare la psicologia dello spazio, condensando nell’opera, attraverso la lettura formale e quella intellettuale, i contenuti dei vissuti da connotare al luogo . Mi è piaciuto molto realizzare per il Comune di Giave (SS) una fontana in pietra locale divenuta il simbolo della civiltà agro- pastorale della Sardegna. Ho preferenze per l’orizzontalità della scultura, le verticalità crea soggezione. Preferisco che i bambini possano giocarci.

Quanto incidono i suoi materiali, nell’armonia delle forme? I legni di abete e di castagno si fondono con le pietre con la materia, resa nuova ogni volta..
La pietra è stata il medium espressivo prescelto sin da ragazzo, ma già da allora cercavo nei materiali di pietra il colore. Poi è arrivata l’idea di far partecipare alla scultura altre tecniche e materiali diversi. Desideravo che l’opera potesse divenire un luogo di incontro tra mestieri diversi facenti tutti capo alla scultura. Nel mio caso è sempre l’idea che sceglie il materiale.

Le sue forme, divengono oggetti che arredano l’ambiente divenendo composizioni che fondono l’arte con l’artigianato tanto da definirsi operaio delle proprie idee…..
Ho sempre detto che la destinazione delle mie opere è la casa e non il museo. Indipendentemente che le mie forme abbiano una funzione estetica o funzionale, nascono con l’idea di fare compagnia. Le mie sono linee curve ed i toni sono generalmente caldi. Era importante per me poter realizzare personalmente i miei lavori, quindi ho fatto il percorso inverso, dalla poesia sono giunto alla materia.

Il suo fermarsi in piccoli borghi con un anima come Vitorchiano e allestire opere come i Maori che hanno differenziato un luogo mettendo a confronto tradizione lontane, scolpite dagli stessi indigeni. Cosa ha significato?
I centro contornati dalle mura hanno di magico la capacità di trattenere la storia. La materia prima dell’artista è sempre il silenzio e quello che dalle fessure della storia emerge, per poter essere utilizzato, sotto forma di sensibilità cosciente. La trazione è sempre una irrinunciabile risorsa. Il Medioevo è in qualche modo purificazione, necessità di volgere lo sguardo all’essenziale. La cittadina di Vitorchiano è stata un po’ la mia stanza dell’anima.

Lo spostamento a Viterbo a San Pellegrino, in un luogo che diviene galleria e anche momento d’incontro. Cosa si aspetta da questa nuova esperienza, oppure cosa non arriva ancora che vorrebbe… Come vive Viterbo rispetto a centri minori come Caprarola e Vitorchiano?
Lo studio di San Pellegrino è sia il mio spazio espositivo che luogo culturale dedicato agli incontri tematici sulla scienza dell’arte. Sinceramente Viterbo mi sembra più piccola degli altri due centri nei quali ho vissuto e operato. Le mie opere prendono soprattutto la strada di Roma ed i seminari che tengo nello studio sono frequentati maggiormente da persone che vengono dalla provincia. Al momento non ho ricevuto aiuti di alcun tipo da parte di Associazioni o Amministrazione, ma va bene anche così, i seminari sono comunque frequentati.

Ogni giorno il suo affaccio è su Palazzo degli Alessandri e la sua piazzetta, quale scultura ideerebbe per il luogo?
L’unica opera che vedo bene in questo splendido luogo è la presenza della cultura che attualmente manca. E’ un meraviglioso salotto naturale che può ospitare conferenze, spettacoli e invece è solo meta dei pochi turisti. Vorrei vederci dentro la città che purtroppo è altrove.

I suoi progetti futuri includono passaggi evolutivi o altre tappe, la Tuscia c’è o aspira ad altri luoghi?
Come giustamente faceva notare lo storico dell’arte Gombrich l’arte non ha evoluzione. Le città dove si vive arrivano sempre dopo le altre. Praticamente ignorato a Viterbo rilascio interviste per settimanali del nord e partecipo a conferenze nelle università. E’ in programma per luglio una mia mostra a Porto Rotondo sul design del libro ed altre iniziative sotto forma di presentazione delle mie pubblicazioni richieste da altre città.

Ha scritto un libro “Attimi di vento a favore” molto intimistico più una raccolta di ricordi, significa cogliere o ricercare qualcosa che si è perduto oppure non si è trovato?
Ho scritto la storia di un ragazzo dislessico bocciato in quarta elementare che si è ritrovato, a distanza di anni, a fare un corso di aggiornamento per insegnanti in quella stessa scuola. “Attimi di vento a favore” è un libro sul senso del riscatto. L’ho scritto sperando che potesse servire soprattutto ad altri. Più che parlare di me, mi interessava parlare di quel ragazzo che ha dovuto aiutarsi da solo.

Lasciamo Fiorenzo Mascagna riflessivo nel suo laboratorio, intorno l’espressione delle forme con la loro regolarità e movimento, alle pareti la pietra avvolge l’ambiente dando forza all’incessante creatività che sprigiona dalle sue mani.

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