Fiorenzo Mascagna nell’Atelier di via Sant’Egidio perché l’arte è resiliente

Fiorenzo Mascagna è lo scultore silenzioso delle pietre, dei legni tinti e delle laccature, le sue opere sono pezzi unici che non sfociano mai nella ripetibilità degli elementi. Dentro questa continua ricerca lo scultore nato a Caprarola ma da anni residente a Viterbo, segna la sua presenza fatta di cultura e mestiere. Il suo Atelier è senz’altro qualcosa di più di una galleria d’arte, è l’insieme  di un progetto che abbiamo ritrovato in parte decollato ma in piena coerenza con quella proiezione resa nel tempo che non ha mai spostato il suo obiettivo, nitido, perseguito a tappe più o meno morbide.  Lo abbiamo incontrato in questo tempo reso così’ durò da una pandemia che ha annullato progetti e programmi, la sua calma è come sempre disarmante così  come i  colori delle sue opere  che arrivano in un colpo d’occhio già dalla soglia, di quello studio  che è un percorso –racconto di cui è l’unico artefice della narrazione.

Con quale aggettivo definirebbe il tempo, il suo tempo trascorso durante il lockdown, e perché?

Lo definirei riflessivo, perché portando dentro di noi le incognite e l’inaspettato ci ha costretti a cercare dentro di noi soluzioni per fronteggiare una situazione inedita contornata di difficoltà e dolore. La riflessione a questo punto diventa inevitabile, perché riflettere significa guardare noi stessi che guardiamo.

 C’è qualcosa che questo lockdown le ha insegnato? Che ha riscoperto? O, al contrario, qualcosa che invece ora ritiene meno importante rispetto a prima?

Tutte le novità insegnano qualcosa, perché appunto vanno a occupare uno spazio non previsto. In questo caso si è trattato di un uragano che ha spazzato via per prima le certezze nelle quali eravamo immersi. Adattarsi a una novità che veste le tinte fosche del dramma richiede la capacità di percorrerlo cercandoci dentro possibili soluzioni. Diventa in qualche modo necessario adattarsi a una situazione nuova con strumenti nuovi o con quelli che non avresti pensato di utilizzare. Non ho esitato a spostare il mio punto di vista ed ho quindi attinto all’altra faccia dell’arte, quella fatta di parole. Ho terminato di scrivere il mio manuale sui percorsi linguistici dell’arte e registrato lezioni. Il fare materico ha dovuto attendere, ma sapevo che sarebbe ritornato.

Quindi ha ripreso il suo lavoro quotidiano, con quali ritmi?
In questo momento ho soprattutto la sensazione di aver ripreso quotidiano e lavoro con ritmi ancora più intensi di quelli che registravo prima del lockdown. Forse è un’ansia collettiva a muoverci, imponendoci di recuperare tempo e risorse bloccate dalla pandemia, è paradossale ma è così. Più che aver riscoperto qualcosa, ho ricevuto una conferma: l’importanza della fisicità nei rapporti umani come in quelli professionali. La partecipazione credo rimanga uno dei punti cardine del lavoro culturale assieme alla condivisione. Altrettanto mi sembra di aver raggiunto una maniera più consapevole e funzionale nell’utilizzo degli strumenti che più mi appartengono nella mia manualità nel non separare l’arte con la materia e anche con la parola….

Ci spieghi meglio il suo concetto

La mia impostazione artistica proviene dall’esperienza culturale del Bauhaus, chi conosce la ricchezza che ci ha donato questa scuola diretta da W. Gropius sa che non c’è una netta separazione tra pratica e teoria. La didattica è dunque una parte importante del progetto culturale. Nello spazio Itinerart, che ho voluto per cementificare questa idea, è attivo un corso di laboratorio e design del libro, nato per trarre spunto dal quotidiano e per valorizzare questo scrigno che contiene le parole. Come era nello spirito Bauhaus, tutto quello che si costruisce durante il corso deve avere una stretta relazione con il sociale, anche quando si restaura un volume che altrimenti andrebbe perso.

Quanto e come l’emergenza sanitaria ha influenzato il sistema, come si è organizzato oggi? La scultura, il design il restauro come li va a declinare con riflessioni e proposte?

Lo spazio Itinerart aveva già tavoli monoposto con le ruote, quindi è stato facile riprendere la frequenza del laboratorio, anche se non a pieno regime fino a agosto. Ho ottimizzato il locale diviso in due piani per renderlo ancora più fruibile e funzionale. Se il piano terra accoglie le mie opere e le poltroncine per presentazioni e conferenze, il piano di sopra è diventato sempre più laboratorio che utilizzo anche io per strutturare i miei lavori. Si è rafforzata l’idea comunicante della scala che congiunge pratica e teoria. La proposta è che questo spazio sia sempre più utilizzato per incontri e conferenze su arte e cultura.

I suoi spostamenti l’hanno portata a Viterbo, in una viuzza di congiunzione della città antica tra il Corso e Via Mazzini, uno spazio che utilizza anche per eventi ed incontri. Come funziona?

È stata una scelta quella di un luogo che non fosse di passaggio, anche se lo spazio Itinerart è a 20 metri dal corso. L’ho subito pensato come un progetto culturale arredato, dove sostanzialmente le mie opere fanno da contorno a tutto quello che si svolge dentro. Volevo certamente una grande aula per le mie lezioni di scienza dell’arte ma che potesse diventare luogo di intrattenimento per le serate tematiche dedicate ai grandi artisti che hanno per caratteristica la cena semplice a base di antipasto, birra e pizza. Questo Spazio, anche se ignorato da stampa e istituzioni, ha già accolto più di 800 persone per le serate e dato luogo a 60 eventi culturali in un anno. Chiunque può richiedere l’utilizzo di questo spazio per finalità culturali.

Come immagina il futuro immediato nell’arte  a Viterbo?

Chi come me non fa arte per diletto ma per mestiere deve avere necessariamente presente una idea di mercato che a Viterbo manca. Chi opera nel mercato dell’arte ci si rivolge altrove perché la provincia, pur rimanendo un luogo splendido in cui lavorare, non offre possibilità di affermazione. Le mie opere sono in tante parti d’Italia e anche all’estero. Non essere profeti in patria è una costante con la quale bisogna fare i conti e il peggio è che ci si abitua. È un po’ come per le conferenze, a parlare ci sono sempre i soliti come se non ci fossero altri in grado di farlo. Servirebbe più attenzione da parte delle istituzioni in modo da costruire una tradizione artistica, ma per questo ci vogliono risorse e tempo. Più tardi si inizia più tardi arrivano i risultati. Quello che non serve, ma è quello che capita, è andare in ordine sparsoImmagino una diffusa volontà di ripartenza e una rinnovata capacità di mettere in discussione i propri paradigmi, aprendosi a collaborazioni e sperimentazioni sempre più coraggiose. Sarebbe davvero bello…..

Chi l’ha aiutata sostanzialmente in questa nuova progettualità?

L’unico vero aiuto concreto l’ho ricevuto  da un’azienda privata la Primapaint che sostiene la mia idea partecipando ai costi di gestione dello spazio culturale. Una società privata che ha creduto in questo disegno, mentre la pubblica amministrazione si defila. Vorrei aspettarmi che altri, magari soltanto per utilizzare questo spazio, possano varcare la porta dello studio. Ci si arricchisce contaminandosi, anche se di questi tempi è un termine che spaventa.

In questo 2020, in  occasione del centenario della nascita di Fellini, ho pensato di fare un omaggio al padre dei visionari. L’idea è quella di farne una mostra… vediamo. Per il momento c’è questo mio personale ritratto del maestro. Legno policromo e pietra cm 55 x 65.Chi si fa avanti? Ci sono ancora tre mesi di tempo…..

Chi vuole condividere i progetti di Fiorenzo Mascagna sempre sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità, è invitato nella sua fucina creativa, chiamatela Atelier, studio, come volete sicuramente è il posto dove far vivere un’idea di arte di cultura nella sua purezza.

 

Viterbo Via Sant’Egidio11  www.itinerart-cultura.it tel. 3206388040

E mail: info@mascagna.it

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