Una viterbese doc Elisabetta Gatti, che tra suoi lontani ascendenti può annoverare il Beato Domenico Barberi detto Meco della Pallanzana, è l’attuale Presidente del G.A.V.A.C. (Gruppo Assistenti Volontari Animatori Carcerari). Dopo una significativa esperienza maturata nell’Azione Cattolica, il volontariato è stato sempre nelle sue corde fin dalla gioventù. Da 7 anni ha intrapreso il cammino del volontariato nel carcere.
La incontriamo in una lucente mattina di novembre al bar del carcere Nicandro Izzo, per i viterbesi “Mammagialla” per saperne di più del suo lavoro.
“L’Associazione nasce nel ‘74, pioniera nella concezione della rieducazione dei detenuti, dal grande cuore del suo fondatore Totò Zafarana al quale è succeduta un’altra luminosa figura, quella di Emma Miliani, ora ottantacinquenne e di cui raccoglie l’eredità”.
Nella narrazione di Elisabetta Gatti è chiara la consapevolezza che l’associazione negli anni si è sempre saputa adeguare ai cambiamenti della società e del mondo carcerario. Attualmente con lei ci sono una ventina di volontari che operano sia all’interno che all’esterno del carcere; all’interno si effettuano i colloqui di risocializzazione, si svolge il tutoraggio per gli studenti universitari, si distribuiscono i beni di prima necessità, infine è presente anche con uno sportello di orientamento legale. Negli ultimi tempi i volontari stanno collaborando con il carcere per allestire e organizzare una biblioteca dedicata ai detenute dell’Alta sicurezza e recentemente ha aderito alla convenzione con il carcere e l’Associazione Un Ponte Per, per introdurre testi in lingua e cultura araba da offrire ai ristretti proveniente dal mondo islamico. All’esterno del carcere l’associazione si occupa di una casa accoglienza dove vengono ospitati in un ambiente dignitoso, i detenuti indigenti in permesso premio (coloro che hanno scontato oltre metà pena e presentano i requisiti adatti per una risocializzazione, spesso molto difficile). Questa struttura consente di ospitare non solo il detenuto ma anche la sua famiglia laddove presente, in modo da consentire loro di avere momenti di incontro che rafforzino i legami parentali.
Quest’anno, grazie alle nuove energie immesse dalla Caritas con il progetto “Appena Fuori” e finanziato dai fondi dell’8 per mille della Chiesa Cattolica, è stato possibile per la prima volta aggiungere un ulteriore appartamento per ampliare il servizio di accoglienza e includere anche ex detenuti che si ritrovano a dover affrontare il fine pena da soli, senza punti di riferimento e risorse economiche.
“Il percorso di recupero codice rosso per soggetti detenuti” è l’altro progetto innovativo e formativo.Il corso di formazione è stato realizzato dal Gavac in collaborazione con CSC–Centro Studi Criminologici di Viterbo , in parte finanziato dai fondi provenienti dal Comune e in parte da fondi provenienti dalla Caritas: è dedicato a chi ha commesso reati che ricadono nel codice rosso (maltrattamenti, violenza di genere, contro i minori) , che va a sviscerare l’origine, le cause e i fattori criminogeni che hanno generato comportamenti aggressivi e/o violenti per poterli individuare, prenderne consapevolezza ed evitare che si ripresentino.
E’ stato stimato che sette detenuti su dieci tornano a delinquere una volta usciti, i suicidi in carceri toccano il 33 per cento delle morti in carcere. Dobbiamo ammettere che il sistema non funziona?
Questi dati dimostrano che il sistema quanto meno è in grande difficoltà. Dobbiamo sapere che là dentro si soffre, è un mondo pieno di dolore. Non è un albergo, come molti pensano, augurandosi che si butti la chiave per certi detenuti. Il regime di detenzione come dice la stessa parola ti restringe lo spazio della tua libertà, e quando poi si verifica il sovraffollamento intacca anche lo spazio vitale, pochi metri spesso condivisi in due: la rabbia, la frustrazione, la mancanza di prospettiva … l’afflizione è così presente che a volte anche gli agenti di Polizia Penitenziaria possono risentirne.
Qual è il ruolo del Volontario ?
La sua deve essere una presenza pacifica, tranquilla che non deve giudicare e non farsi influenzare dal tipo di reato. Il volontario deve lavorare con il detenuto pazientemente per cercare di agevolare la sua revisione personale. Solo quando l’individuo raggiunge a una visione diversa da sé, che oltrepassa le proprie ragioni e considera quelle dell’altro, intraprende un cammino di consapevolezza che lo porta a superare i propri errori e a costruire un essere umano nuovo e migliore. Sono cammini molto lunghi e difficili, che la figura libera e non istituzionalizzata del volontario può aiutare a favorire, da cui lui stesso può imparare molto.
Come vengono reclutati?
Generalmente sono gli stessi aspiranti volontari che si fanno avanti con domande sul mondo del carcere e sulle nostre attività. Dopo un percorso formativo poi sono inseriti operativamente in base alle proprie disponibilità e alle attività del Gavac.
Quali sono quelli più implicati?
I volontari che entrano in carcere svolgono un’attività molto complessa che richiede la collaborazione di molti interlocutori funzionali. Molto importante è la collaborazione con le cosiddette Educatrici, che a Viterbo sono tutte donne. Si tratta di personale con il ruolo di funzionario giuridico-pedagogico altamente qualificato che opera nell’area educativo-trattamentale, il loro lavoro pertanto è di altissimo rilievo. A loro è richiesto, oltre alle conoscenze professionali, anche una solida tenuta psicologica.
L’inserimento nel mondo del lavoro dei detenuti. Le aziende rispondono e nel caso da quali settori?
Abbiamo impostato un percorso con Open Hub, chiamando al tavolo gli enti e i rappresentanti del mondo produttivo viterbese, quello agricolo, industriale, commerciale e artigianale, per individuare eventuali possibilità nel territorio.
E cosa avete riscontrato?
Una grande necessità e un bisogno soprattutto da parte degli agricoltori, sia per la vocazione del nostro territorio in questo settore, sia per la carenza di personale. Anche nel mondo dell’artigianato mancano delle figure professionali che sarebbero importanti per il inostro territorio. Per il prossimo anno, il Comune di Viterbo rappresentato dall’assessore Rosanna Giliberto, organizzerà dei tavoli tematici a cui il Gavac parteciperà portando il Konw-how maturato in questi lunghi anni di attività.
Ci sono detenuti già avviati a questo tipo di lavoro?
All’interno del carcere ci sono alcune persone che lavorano in alcune aziende agricole del territorio e che grazie all’area trattamentale sono riusciti a concordare questa collaborazione, sicuramente da perfezionare. Ovviamente questa soluzione andrebbe potenziata, perché andrebbe ad impattare in maniera positiva sull’abbattimento del tasso di recidiva.
Ci sono altre realtà viterbesi interessate alla collaborazione?
Abbiamo trovato maggiore sensibilità nel mondo agricolo Coldiretti, dell’artigianato con la CNA, che si è resa disponibile per i corsi di formazione; purtroppo è ancora da individuare una proposta per la realtà industriale e commerciale del viterbese.
Forse occorre una maggiore sensibilizzazione nei comparti più distanti sul fatto che il mondo carcerario possa offrire anche delle potenzialità….
Bisogna lavorarci. In effetti ci sono delle risorse personali e umane che vanno valorizzate e che potrebbero portare benessere alla nostra comunità. I contatti che abbiamo avuto con l’assessora alle politiche sociali D.ssa Giliberto potrebbero portare ad aprire delle vie percorribili.
Quali vie si sente di suggerire?
Partire dalla formazione: creare una offerta formativa all’interno del carcere che porti all’incontro tra domanda e offerta di lavoro. In questo modo, al momento del fine pena o in semi-libertà, queste risorse appositamente preparate, possano rientrare in maniera efficace all’interno della comunità. In buona sintesi: Creare un ponte fra mondo carcerario, mondo formativo e mondo produttivo che forgi le forze per attuare un circuito virtuoso.
Quali sono i suoi programmi prossimi e futuri?
Continuare e cercare di migliorare le attività all’interno del carcere con strumenti che sollecitano la crescita personale e umana di ogni individuo, senza che esso rimanga sospeso nel tempo dell’attesa, breve o lunga che sia.Ricercare sempre una collaborazione costruttiva con le istituzioni per operare in una sinergia condivisa e solida.
La pianificazione che più la gratifica?
Stiamo collaborando alla costituzione di una biblioteca per l’alta sicurezza con dei gruppi di lettura mossi dalle nostre semplici forze e dei nostri volontari. Un grande supporto ci viene dato dalla collaborazione con l’ Università della Tuscia, rappresentata dalla D.ssa Maria Giovanna Pontesilli Direttrice del Polo bibliotecario umanistico-sociale, una grande risorsa per sviluppare idee, punti forti e anche ostacoli in una lettura condivisa.
Gavac, 50 anni nel 2024, una realtà solida che muove il futuro affinché il carcere come strumento rieducativo non sia più una utopia.
“L’Uomo è una meraviglia che ha bisogno di fiducia, di sentirla, di meritarla, magari anche di perderla, sapendo che in quella scommessa diventa protagonista del proprio destino”. Giacinto Siciliano (direttore di San Vittore)