E’ deceduto Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio, ispettore onorario per i beni culturali della provincia di Viterbo

E’ deceduto all’Ospedale viterbese di Belcolle, dove era ricoverato da circa una settimana, Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio, nato a Brentonico 76 anni fa e residente a Bolsena. Era ispettore onorario per i Beni Culturali della provincia di Viterbo. Ricercatore di grande livello, si è occupato per diversi anni del recupero di documenti storici e ha pubblicato testi di approfondimento culturale. Tra le sue pubblicazioni “Il Vignola nella Tuscia”, “Documenti su villa Lante a Bagnaia e sulle altre opere per la Madonna della Quercia, le cattedrali di San Lorenzo e di San Giacomo a Tuscania”, “Palazzo Farnese a Caprarola”.

 

Il cordoglio di Luciano Dottarelli per la scomparsa di Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio

Con la scomparsa di Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio la Tuscia perde uno studioso rigoroso e infaticabile, la cui conoscenza del patrimonio storico-culturale, dettagliata e scrupolosa, si fondava su un’eccezionale padronanza delle fonti d’archivio.

Gli archivi erano il suo “luogo naturale”, in essi aveva imparato a muoversi con la stessa destrezza e capacità di orientamento con cui da ragazzino del secondo dopoguerra girava per le campagne di Bolsena acquisendo quella confidenza con i luoghi che gli avrebbe poi permesso, da giovane studioso, di svolgere ricerche archeologiche accompagnate sempre da rilievi topografici accurati, che restano punto di riferimento fondamentale per chiunque voglia studiare l’evoluzione storica del territorio volsiniese. Si pensi alle Note di topografia antica sulla Volsinii romana, pubblicate nel 1970 sulla prestigiosa Römische Mitteilungen del Deutsches Archäologisches Institut.

Il suo campo di ricerca privilegiato era poi divenuto soprattutto la storia dell’architettura. I suoi lavori, che hanno interessato i più importanti palazzi storici (non solo della Tuscia) e che sono stati pubblicati sulle principali riviste viterbesi ma anche nazionali e internazionali, si avvalevano sempre di una pregevole abilità nel disegno e di una perizia ineguagliabile nel lavoro d’archivio. Questa sua competenza archivistica era a disposizione di chiunque volesse approfondire il patrimonio storico-culturale della Tuscia; ma soprattutto era al servizio delle istituzioni incaricate di tutelarne il carattere di bene rigorosamente pubblico. Ispettore onorario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, Fabiano aveva contribuito più di una volta, proprio con le sue ricerche d’archivio, al recupero di manoscritti o documenti trafugati da privati o, peggio, da amministratori pubblici, infedeli ai compiti che l’ordinamento assegnava loro.

Da sindaco socialista di Bolsena nel periodo 1972-75, Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio aveva avviato il recupero del patrimonio archivistico comunale e aveva saputo difendere con fermezza il territorio da progetti speculativi che ne avrebbero compromesso l’integrità e la qualità. Molti di noi impararono a coniugare la passione per la cultura con la partecipazione alla vita civile e politica proprio in quegli anni, impegnandoci sotto la sua guida in iniziative come il recupero della Rocca Monaldeschi della Cervara o la realizzazione della Biblioteca in via Cavour.

L’ultima volta che ho potuto ascoltare Fabiano in un suo intervento pubblico è stata nell’ottobre del 2018 a Farnese, in occasione della commemorazione del nostro comune amico Antonio di Carli. Era accompagnato dalla moglie Giovanna, a cui era legato da un amore sempre reciprocamente premuroso e avrebbe dovuto parlare delle fonti d’archivio su Farnese, nell’ambito di una più ampia ricostruzione della complessa figura di Antonio, un uomo fortemente impegnato nel riscatto e nella valorizzazione sociale, culturale e ambientale del territorio farnesano.

Lo fece con il consueto stile chiaro, scrupoloso e documentato. Ma quello che ancora oggi mi commuove, in una persona riservata come lo conoscevo, fu la parentesi di confessione intima a cui si abbandonò: il racconto della propria infanzia bolsenese, difficile ma felice, le dolorose vicende della famiglia d’origine, la possibilità che proprio dalla ricerca d’archivio gli era venuta di riconnettere i fili della propria vita.

Una vita alla quale – soprattutto oggi che viene a mancarci – dobbiamo guardare come esempio di dignità personale, fedeltà ai propri princìpi, passione per la ricerca e cura per il bene comune.

 

 

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