Claudia Valeri viterbese, una eccellenza del patrimonio culturale italiano

Di Donatella Agostini

«Osare, non vi è nulla di impossibile: era il motto di mio padre. Io l’ho fatto mio». Claudia Valeri, viterbese di origine, da tredici anni è curatore assistente del reparto delle antichità greco-romane dei Musei Vaticani. Posizione di prestigio in un’istituzione tra le più visitate al mondo – una media di oltre sei milioni di visitatori l’anno, prima dell’insorgere della pandemia – che ha iniziato a ricoprire dopo un percorso di attività sul campo e di intensa e appassionata preparazione. «Il reparto è piuttosto complesso», afferma Claudia. «Il mio lavoro consiste nello studio, nella conservazione e valorizzazione della collezione di scultura classica dei Musei – che è poi la mia specializzazione – ma anche nell’attività più propriamente archeologica in aree all’interno della Città del Vaticano e nelle zone extraterritoriali vaticane tra Roma e Castel Gandolfo». La grande collezione scultorea è esposta in vari settori dei Musei Vaticani, in particolare nel Museo Pio Clementino. Pur essendo situati nello stato di Città del Vaticano, dagli inizi di marzo 2020 i Musei hanno osservato le chiusure imposte dall’Italia per l’emergenza sanitaria e sono stati riaperti lo scorso 1° febbraio, dopo 88 giorni di chiusura – la più lunga delle collezioni papali dalla seconda guerra mondiale. Il riaprirsi dei portoni dei Musei Vaticani è stato un segnale di speranza per il futuro della cultura e dell’Italia stessa.

Colori mediterranei, lascito della metà avellinese della madre, padre di Soriano nel Cimino, Claudia è nata a Viterbo, prima di tre figli nati in rapida successione. «La mamma era occupata con i fratellini così io, da bambina saggia, mi tenevo compagnia da sola, sfogliando i libri della collana “I maestri del Colore”», ricorda. «Non sapevo ancora leggere, ma rimanevo affascinata dal Rinascimento: Botticelli, Mantegna, Piero della Francesca… ho sempre avuto la passione per la storia dell’arte». Nel futuro di Claudia è importante la figura di sua madre, insegnante di lettere alle scuole medie e laureata in archeologia classica, che fin da piccoli porta i suoi figli a visitare i musei e le aree archeologiche. «Ma le mie scelte professionali sono arrivate in modo spontaneo», aggiunge. «Durante gli anni al liceo Buratti ho cominciato a maturare una grande attenzione per la conservazione e la tutela dell’immenso patrimonio artistico e archeologico italiano». Il suo iniziale obiettivo era essere ammessa all’Istituto Centrale del Restauro. «Ma si seppe che all’Università della Tuscia sarebbe stata aperta la facoltà di Conservazione di Beni Culturali. Era quello che faceva al caso mio: solida teoria unita alla pratica. C’era un corpo docente molto motivato, e gli studenti provenivano da varie parti di Italia. Fu per me un’opportunità per entrare in contatto con tante realtà diverse». Intanto, Claudia era rimasta folgorata dall’archeologia classica e dall’arte greca e romana, presupposto indispensabile per comprendere a fondo l’arte del Rinascimento. «Volendomi occupare di antichità classica non potevo non conoscere il tedesco, così feci l’Erasmus a Tubingen, in Germania. Fu un periodo meraviglioso, studiavo come una pazza e però mi divertivo tantissimo… quello che si può fare solo con l’energia inesauribile dei vent’anni».

Claudia si laurea ma nel frattempo arriva il grande dolore per la morte di suo padre. «È stata la prima grande cesura della mia vita… c’è un prima e c’è un dopo. Io e i miei fratelli abbiamo avuto la fortuna di avere una madre generosa che non ci ha fatto pesare la sua assenza e che non ci ha mai impedito di perseguire i nostri obiettivi, tra mille difficoltà anche economiche. Decisi di continuare a studiare». Così, grazie ad una borsa di studio della Fondazione Carivit vinta come miglior laureata dell’anno ’95, Claudia si iscrive alla Scuola di specializzazione in archeologia classica presso la Sapienza, dove segue le lezioni del grande archeologo Fausto Zevi, e con lui prende il diploma di specializzazione. «Durante quegli anni vinsi un’altra borsa di studio e feci un soggiorno di sei mesi in Grecia», continua a raccontare. «Ero di base ad Atene e potei girare il Peloponneso, la Macedonia, le isole, visitando musei, aree archeologiche, cave… fu una sorta di rito di iniziazione, solitario e molto formativo. In breve tempo acquisii una grande conoscenza dei materiali scultorei. Mi stavo ormai specializzando in scultura classica». Dalla specializzazione al dottorato il passo fu breve: Claudia lo vinse con un tema flegreo, e cominciò a lavorare tra Napoli e Pozzuoli, continuando a studiare e a spostarsi. «Per l’archeologo e per chi fa studi storici e artistici, viaggiare e guardare con i propri occhi, non limitandosi alla biblioteca, è un aspetto fondamentale. Intanto avevo pubblicato già la mia tesi di dottorato e vari articoli, e collaboravo con le Sopraintendenze e i musei. Il lavoro più interessante e complesso di quel periodo fu l’allestimento delle oltre cinquanta sale del Museo Archeologico del Campi Flegrei nel Castello di Baia. Dopo il dottorato presi un assegno di ricerca alla Sapienza. Mandavo curriculum e facevo colloqui: concorsi all’epoca non ce n’erano. Un giorno il professor Zevi mi disse che l’allora direttore dei Musei Vaticani gli aveva chiesto di segnalargli alcuni allievi promettenti. Io inviai il mio curriculum e le pubblicazioni, feci il colloquio, senza nutrire alcun tipo di aspettativa». Invece, dopo quasi due anni, nel settembre del 2007 arrivò l’assunzione.

«Era il giorno del mio trentottesimo compleanno. Un grande privilegio». Ma fu anche un riconoscimento per una carriera caratterizzata da uno studio profondo e costante. Non vi è nulla di impossibile se ci si impegna, anima e corpo, per conseguire gli obiettivi che ci si è prefissati. «Anche se venendo qui ho dovuto cambiare approccio», continua Claudia. «Ero abituata a confrontarmi con materiali appena emersi dagli scavi e mai toccati. La collezione vaticana invece è composta in gran parte da marmi acquistati dai papi dalle collezioni nobiliari romane, che avevano già subito interventi di restauro nel corso dei secoli. Qui guardiamo alle sculture con un occhio investigativo, attenti allo stratificarsi degli interventi e cercando di rispettare quanto è stato fatto nel tempo». In occasione della forzata chiusura i Musei si sono aperti ad un tipo di fruizione virtuale. «Il canale privilegiato in questo periodo è stato Instagram: abbiamo realizzato piccole clip dove ognuno di noi illustra personalmente un capolavoro. Il momento che stiamo vivendo impone di trovare delle soluzioni altre per cercare di nutrire lo spirito – perché questo il museo fa, oltre la conservazione. Ma la fruizione fondamentale resta quella di apprezzare le opere dal vivo: guardare con i propri occhi, come diceva Winckelmann, è l’azione che comunque bisogna fare». E tanto ci sarebbe ancora da fare in Italia, con il suo patrimonio artistico e archeologico praticamente inesauribile. «Bisogna dare strumenti economici, non solo per scavare, trovare, ma anche per garantire la manutenzione successiva. Le realtà che ritroviamo sotto terra o nei fondali marini, finora protetti in qualche modo, sono molto fragili e i progetti non devono trascurare l’aspetto della conservazione, per tramandare alle generazioni future ciò che si riporta alla luce».

Dal ’95 stabilmente residente a Roma, Claudia Valeri non torna nella sua terra natia spesso quanto vorrebbe. «Il rapporto che mi lega alla Tuscia è molto emotivo: sento un legame molto profondo con questa terra, che non ho amato quando ero liceale. Non vedevo l’ora di scappare. Ma la situazione era molto diversa dall’attuale: rispetto agli anni Ottanta, l’ampliamento dell’Università ha molto giovato alla crescita di Viterbo. Solo con la maturità ho capito quanto forte sia il mio legame con questi luoghi. Ho una sensazione ricorrente, quando nel tornare a casa imbocco la Cassia Cimina… comincio a vedere i colori del cielo, dei boschi, l’immagine del lago di Vico che appare all’improvviso, e mi si apre il cuore. Capisco che le mie radici sono qui».

www.museivaticani.va

 

 

 

 

 

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