Benedetta Lomoni, comunicare la Tuscia parlando inglese

di Donatella Agostini

Fu il grande attore britannico John Gielgud ad affermare che “lo stile inglese ti porterà una spanna sopra tutti gli altri”. Benedetta Lomoni, toscana di nascita e poi orgogliosa viterbese, ha vissuto abbastanza in Inghilterra da assorbire e fare propri tratti e metodologie di lavoro tipicamente inglesi, che l’hanno plasmata e resa quello che è oggi: imprenditrice viterbese di successo nel campo della comunicazione, formatrice, cofondatrice di Experience Viterbo, portale della Tuscia dedicato al turismo estero. «Qui cerco di replicare in qualche modo quei comportamenti, anche perché li ho trovati talmente affini al mio carattere che mi viene naturale», afferma. «E sono talmente insoliti che passo per strana… sono quella “inglese”, mi dicono!». Benedetta si definisce “affetta da un inguaribile ottimismo”, a cui va aggiunto entusiasmo, determinazione, professionalità ed empatia. E quando vuole staccare un po’ la spina, va a passeggiare in quel “meraviglioso salottino all’aperto che è piazza del Gesù, così semplice e raccolto. O a Pianoscarano, che non ha nulla da invidiare a san Pellegrino». È stato lungo il percorso che l’ha portata a scegliere di vivere e di lavorare a Viterbo; dopo aver vissuto all’estero e viaggiato in tutto il mondo, ha acquisito un punto di vista spassionato e insieme affettuoso sulla sua città.

«Sono nata a Viareggio per caso: in realtà i miei abitavano a Follonica, in provincia di Grosseto», prende a raccontare Benedetta. «Nel 1989 si sono trasferiti a Viterbo per motivi di lavoro. Qui ho frequentato liceo e Università, laureandomi in Lingue e Letterature straniere». Benedetta sceglie Londra per spiccare il volo nel mondo lavorativo, ma non smette di investire su se stessa e decide di frequentare un’accademia per diventare business coach, figura professionale che affianca i manager aiutandoli a raggiungere determinati risultati, come ad esempio migliorare e ottimizzare il loro rapporto con i dipendenti. «A Londra ho lavorato prevalentemente nel settore petrolifero, come consulente aziendale di comunicazione e assistenza ai dirigenti. In quegli anni ho viaggiato in tutto il mondo: arrivavo e non facevo in tempo a disfare la valigia che già ripartivo». Un’esperienza che forma Benedetta a livello professionale e umano. «In Inghilterra hanno un modo diverso di concepire la professionalità, sono molto più corretti e rispettosi delle regole e rifuggono da qualsiasi tipo di discriminazione. Un altro aspetto positivo è il differente modo di concepire ciò che in Italia è la raccomandazione: lì l’“endorsement” è un qualcosa di positivo, se tu fai il nome di qualcuno significa che lo reputi capace e all’altezza del compito, e ci metti la tua stessa faccia».

Dopo quasi otto anni a Londra, Benedetta Lomoni a un certo punto è voluta ritornare. «Se alla fine degli anni Ottanta non ero stata io a scegliere Viterbo – ma erano stati i miei genitori a farlo per me –  il ritorno è stata una scelta personale». Un salto molto importante. «Sì, decisamente: in tanti lo hanno percepito come un salto all’indietro. Per me non lo è stato affatto. Era un ritorno fortemente voluto, perché a Londra la vita ha dei ritmi pazzeschi dei quali a un certo momento mi sono stancata. Mi mancava lo “slow living” della piccola città italiana e mi mancava la mia famiglia». Benedetta torna a Viterbo con un curriculum di tutto rispetto, ma i primi due anni sono duri. «Dopo sei mesi di inutili invii di curricula alle aziende, mi sono rimboccata le maniche e ho cercato di rivendere in autonomia quello che sapevo fare. Sono diventata formatrice e ho cominciato ad insegnare comunicazione, marketing, inglese nei corsi per apprendisti, o per chi ha voglia di rimettersi in gioco. Nei corsi che tengo cerco di dare strumenti per potersi gestire bene a livello umano in qualsiasi mestiere poi si decida di fare». Due anni e mezzo fa Benedetta ha aperto un’agenzia di comunicazione qui a Viterbo, Factory 121. «Factory come fabbrica, dove tu crei… e il 121 mi piace perché a leggerlo in inglese, “one-to-one”, dà l’idea del nostro modo su misura di lavorare con le aziende. Gestiamo i loro contenuti sui siti e tutta la parte relativa ai social. Con il Covid non ci siamo mai fermati: il grande paradosso del lockdown è stato mantenere la presenza online delle aziende per rassicurare i clienti. Ho validi collaboratori, giovani che hanno una creatività, uno sprint, un’immediatezza nel capire le dinamiche dell’on line… è forse soltanto in quel momento che avverto la differenza d’età con loro! Sono molto orgogliosa dei miei ragazzi», continua sorridendo. Avendo avuto a suo tempo belle opportunità e l’esempio di manager illuminati, Benedetta cerca di rifare lo stesso con i suoi collaboratori. «Siamo molto flessibili. Lo smart working lo facevamo già in tempi non sospetti. Perché io voglio che stiano bene, non soltanto per una questione di produttività, quanto per una questione di rispetto personale».

Accanto alle sue attività, Benedetta Lomoni comincia a interessarsi di turismo.  «Quando stavo a Londra e venivo a Viterbo per le feste comandate, cercavo materiale in inglese per mostrare in Inghilterra quanto fosse bella Viterbo e la sua provincia, ma non trovavo mai niente di decente. Se un turista straniero va su Internet e cerca informazioni su Viterbo e la Tuscia trova siti obsoleti, scritti magari con Google Traduttore, e anche su TripAdvisor le recensioni sono prevalentemente in italiano; se cerca materiale cartaceo, in genere è a pagamento. C’era da riempire questo vuoto». Così nel 2016 Benedetta ed Arianna Ercolani creano Experience Viterbo, un progetto di destination marketing, che prevede una presenza on line integrata, sia sui social media – che hanno già ottimo riscontro di pubblico – sia sul portale in lingua inglese, che è in via di sviluppo. «Experience nasce dal fatto che il turismo sta diventando – ed è già – di tipo esperienziale. Le persone non si muovono più per la classica villeggiatura degli anni ’60 e ‘70, né per fare il viaggetto da cartolina. Cercano di vivere esperienze, emozioni. Il tipo di narrazione che noi utilizziamo è quella del marketing emozionale, che è tutto fuorché didascalica. Parliamo di bellezza, di tramonti… emozioni che puoi condividere con le persone che scegli come tuoi compagni di viaggio». E la Tuscia di emozioni ne ha da offrire al visitatore che arriva, ma le manca ancora qualcosa affinché si possa definire compiutamente turistica. «Dovremmo riuscire a fare squadra un po’ di più», conclude. «E per fare squadra intendo anche diventare tutti storyteller del nostro territorio. Iniziare a raccontarlo in modo diverso, anziché denigrarlo sempre sui nostri social, che sono mediamente pubblici. Che tipo di narrazione si può fare? Piuttosto che lavorare esclusivamente sul miglioramento di ciò che è negativo, iniziamo a darci una spinta più positiva, iniziamo tutti a parlare un po’ di più del bello che c’è. Se poi le istituzioni e le molte realtà locali si stringessero finalmente la mano, il tutto potrebbe essere la chiave di volta di un turismo che finalmente funziona come dovrebbe. Viterbo è bella, i viterbesi sono belli: devono solo rendersene conto».

 

 

 

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