Bettina Sabatini, neopresidente di Confagricoltura Viterbo-Rieti: “Tra il verde e il celeste: l’agricoltura è la mia vita”

di Rossella Cravero

Bettina Sabatini, neopresidente di Confagricoltura Viterbo-Rieti

“Lavorare tra il verde e il celeste dovrebbe essere già una gioia. Sono i colori della vita. Ma oggi, per chi lavora la terra, tutto è diventato più faticoso”. Con queste parole, Bettina Sabatini – neoeletta presidente di Confagricoltura Viterbo-Rieti – racconta la sua visione dell’agricoltura. Un settore che conosce bene, respirato fin da bambina nell’azienda di famiglia e vissuto oggi con profondo senso di responsabilità e impegno. Una donna che non è arrivata a questo ruolo “perché ci voleva una donna”, ma perché ha conquistato la fiducia sul campo, con determinazione, competenza e presenza.

In questa intervista ci racconta il suo percorso, la sfida di essere donna in un mondo ancora molto al maschile, la sua visione per il futuro dell’agricoltura e cosa significa davvero innovare senza perdere le radici.

Com’è iniziata la sua esperienza in Confagricoltura?

Sono stata vicepresidente per sei anni e mezzo. Remo Parenti il presidente uscente i mi aveva chiesto di affiancarlo come vice, e io ho accettato anche se non avevo mai fatto attività sindacale. Sono stati anni formativi. Ho deciso di restare in quel ruolo fino al ricambio, e alla fine la scelta è ricaduta su di me.

Ha vissuto la sua elezione come una sfida in un ambiente prevalentemente maschile?

Come dicevo è stata una bella sfida mettersi in gioco e  svolgere il ruolo da Vice con un impegno forte e costante. Ma non voglio che si pensi che sono arrivata a questo incarico solo perché “finalmente serviva una donna”. Ho lavorato in un ambiente prevalentemente maschile, sono sempre stata molto presente, operativa. La mia elezione è stata un passaggio naturale.

Come considera la presenza femminile nel settore agricolo?

A livello di attività sindacale per quello che riguarda la mia esperienza in Confagricoltura la presenza femminile ai vertici è ancora purtroppo limitata. Le donne sono molto presenti nelle aziende ma meno nell’attività sindacale.che invece è importante, perché è lì che si decidono le politiche e si dà voce al settore. Le donne in agricoltura lavorano tanto, ma molte volte dietro le quinte, soprattutto quando le aziende sono familiari e si tramandano da generazioni.

Qual è il suo approccio da presidente?

Ho un forte senso di responsabilità.,mi informo mi aggiorno mi documento costantemente. In Confagricoltura vt-ri abbiamo uno staff composto 26 persone che lavorano per dare risposte e soluzioni ai soci, alle aziende che da anni ci danno fiducia. Rappresento due province: Viterbo e Rieti, quest’ultima acquisita da 20 anni. Rieti è una realtà che conosco meno, ma sarà mio impegno avvicinare ancora di piu le due “sorelle”, creando una rete unica e coesa che unisca esperienze, risorse e opportunità.

Torniamo alle radici: come si è avvicinata all’agricoltura?

Mi sono laureata in Economia e Commercio a Roma. Mio padre è stato un agricoltore per generazioni. Ho iniziato occupandomi della parte amministrativa, perché in famiglia l’agricoltura era “roba da uomini”. Mio fratello lavorava “nei campi”, io “nei conti”. A livello contabile le donne sono spesso più brave e precise, e così ho trovato il mio spazio. L’agricoltura in casa nostra si respirava: ogni sera si guardava il tempo, si parlava di semine, di piogge, di stagioni.

Cosa è cambiato rispetto al passato?

Tantissimo. Se guardo indietro di vent’anni, era tutto più semplice. Oggi si pensa che l’agricoltore si lamenta spesso, ma ci sono purtroppo tanti elementi di criticità: il tempo è cambiato, le regole anche. C’è una gestione complicata, piena di difficoltà, di attacchi da parte di chi non conosce questo settore. L’agricoltore è diventato un bersaglio: lo si accusa di tutto, uso eccessivo di agro farmaci,sfruttamento del suolo, consumo eccessivo delle risorse, non rispetto dell’ambiente e potrei andare oltre con una lunga lista.

Quali sono le criticità della Tuscia?

La Tuscia è un territorio bellissimo, dal punto di vista storico, paesaggistico, turistico, ma è anche un posto dove fare agricoltura non è facile. Le estati sono sempre più calde e asciutte, ciò insieme alla carenza di adeguate infrastrutture idriche rende complessa la gestione delle diverse colture. La crescente presenza di impianti fotovoltaici a terra tanto criticata è secondo me la risposta degli agricoltori a una gestione economica che sta diventando insostenibile. Le aziende agricole per lo più a conduzione familiare faticano a competere sui mercatie a garantire quel ricambio generazionale che è la vita di ogni attività. Mi chiedo quanti dei nostri figli vorranno davvero lavorare in campagna. Dobbiamo creare le condizioni perchè questo splendido lavoro sia un privilegio e non un peso.

Come risponde alle critiche sull’uso di agrofarmaci?

C’è una narrazione sbagliata: si pensa che l’agricoltore inquini, ma chi rovina il proprio terreno danneggia se stesso e i suoi figli: quindi chi è veramente così folle da farlo? L’agricoltura è un affare di famiglia, c’è un legame affettivo. Noi viviamo dell’ambiente, non lo distruggiamo. Spesso ci sono troppi attacchi ingiustificati, senza una vera consapevolezza di tutti gli aspetti che condizionano le scelte di un imprenditore. In Italia l’uso degli agrofarmaci è il più controllato d’Europa. Abbiamo un codice etico, rispettiamo le regole, anche per tutelare i lavoratori. Sicuramente noi agricoltori dobbiamo cercare di diventare più coesi per portare avanti le battaglie che sono comuni.

Parliamo di Europa: che ruolo ha oggi?

L’agricoltura si decide a Bruxelles. Il Green Deal sembra sia stato superato: un programma ambientale che gravava tutto sugli agricoltori. Ora c’è la previsione della nuova Politica Agricola Comune con tagli previsti fino al 30%. Per il nostro settore e per le nostre realtà agricole questo nuovo ostacolo sarà difficile da superare.

Come si può conciliare tradizione e innovazione?

Tradizione e innovazione non sono termini opposti. L’innovazione serve a conservare la tradizione. Con tecniche moderne possiamo risparmiare acqua, produrre piante più resistenti, adattarci ai cambiamenti climatici. La ricercava avanti , ma non viene appoggiata abbastanza. Le TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) per fare un esempio sono una risorsa, non una minaccia. Permettono di intervenire sulle piante in modo preciso, naturale, veloce. Serve una sinergia tra agricoltura e scienza, altrimenti non si cresce e non si sopravvive.

Cosa significa oggi essere agricoltori?

L’agricoltore è un imprenditore. Deve far quadrare i conti,rispettando l’ambiente in cui lavora. La tradizione si conserva solo se l’azienda sta in piedi. Oggi ci si trova a dover affrontare emergenze sempre più impegnative: il cambiamento climatico in primis, poi ci sono nuovi insetti, malattie, colture che vengono attaccate e compromesse. Quest’anno le nocciole cadono immature, abbiamo chiesto lo stato di calamità.I prezzi dei nostri prodotti non sono congrui il prezzo del  grano oggi è quello di decine di anni fa. Io stessa ho piantato mandorli biologici, ma è un’impresa durissima. Tutto è più costoso: trattori, fertilizzanti, energia.

E per i giovani?

Ci sono incentivi per giovani,, ma non bastano. A cosa serve incentivarli se poi non c’è continuità? Le stesse università di Agraria parlano di un calo negli iscritti e questo è un segnale che non va sottovalutato.
Ai tempi di mio padre si lavorava, si guadagnava, si reinvestiva. Oggi fatichiamo a restare a galla. Come altri settori paghiamo le difficoltà di un’epoca di crisi, ma bisogna trovare un nuovo spiraglio e puntare verso una rinascita per far di nuovo ambire a questo lavoro splendido nel “verde e nel celeste”.

Quale obiettivo si augura di raggiungere con il suo mandato?

Spero si possa tornare a parlare di prospettive belle e di futuro senza dover sempre difendersi da attacchi ingiustificati. Spero si possa parlare di previsioni e di innovazione per le nostre aziende, e spero che il territorio che rappresento continui sempre la sua vocazione agricola preservando la sua bellezza e la sua ruralità. Questi più che obiettivi sono auspici…

Tre aggettivi per descriversi?

Coraggiosa, riflessiva e decisa.

C’è un luogo del territorio che sente davvero suo? Un posto che la rappresenta?

Soriano nel Cimino. Anche se le mie origini sono a Montalto, è tra i Cimini che ho costruito la mia vita. È lì che con mio marito abbiamo fatto investimenti, è lì che sono cresciuti i miei figli, è lì che batte il mio cuore. È una terra che sento profondamente mia.
Oggi, con questo nuovo incarico, sento che si completa un cerchio: Soriano resterà sempre la mia radice affettiva, ma l’attività sindacale rappresenta per me un nuovo ramo che cresce. Una responsabilità che accetto con consapevolezza e orgoglio.

Questo nuovo ruolo quanto cambierà la sua vita?

Tanto. Ma ho accettato proprio perché so di non essere sola. Il sostegno della mia famiglia è stato fondamentale: mio marito mi ha spronata, i miei figli mi affiancano e mi sostituiscono quando serve. Ho sentito di poter dire sì perché ho sentito dietro di me una forza condivisa. Credo profondamente che anche l’approccio femminile, più conciliante, più attento alle relazioni, possa portare un valore aggiunto a questo incarico. Non cerco lo scontro, cerco soluzioni. E sono convinta che, insieme, possiamo fare un buon lavoro. Un lavoro che guardi avanti, ma con le radici ben piantate nella nostra terra.

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