Vittorio Sgarbi: un nuovo sguardo sul dialogo tra Michelangelo e Sebastiano

di Barbara Aniello* 

michelangelo mostra

“Nulla somiglia maggiormente alla fonte celeste da cui proveniamo quanto le bellezze che si offrono agli occhi delle persone ricettive.” Esordisce con un aforisma di Michelangelo, la sindaca Chiara Frontini, inaugurando non solo la mostra “Michelangelo e la Cappella Sistina. I disegni di Casa Buonarroti in dialogo con Sebastiano del Piombo”, allestita al Museo dei Portici del Palazzo dei Priori di Viterbo, dal 30 ottobre 2022 al 15 gennaio 2023, ma anche una nuova stagione culturale per la città. L’investimento fa parte di un disegno preciso dell’Amministrazione che vuole candidare Viterbo a capitale europea della Cultura 2033. Il patrimonio viterbese vanta, infatti, quelle che l’assessore alla bellezza, Vittorio Sgarbi, definisce le due più belle pale del Rinascimento laziale: la Pietà e la Flagellazione di Sebastiano del Piombo. Lo ribadisce anche il soprintendente Margherita Eichberg, che ha seguito l’allestimento del Museo dei Portici e la loro ricollocazione nel 2021, grazie all’ex triade – è giusto ricordarlo – Arena-Allegrini-De Carolis. L’interesse di Michelangelo per la nostra Viterbo viene da lontano. Come è noto, Michelangelo era uso frequentare il circolo dell’Ecclesia Viterbiensis, riunito intorno alla figura del Cardinale Reginald Pole, allorquando anche Vittoria Colonna, neovedova, soggiornava “nel suo caro Viterbo”, tentando una terza via di conciliazione, alla vigilia del Concilio di Trento, tra cattolici e protestanti. Vestigio del passaggio di Michelangelo è il celebre disegno delle terme del Bacucco, meta di cure e di incontri, ritratto nel controverso sfondo dell’altrettanto controversa “Crocifissione viterbese”, come ha già intuito Gianpaolo Serone, Presidente di Archeoares, società che gestisce la rete museale MuVi di Viterbo, che ha al suo attivo un incremento costante di visitatori, superando le più rosee aspettative. Pietro Folena, direttore di MetaMorfosi saluta il felice esito del nuovo allestimento, con la Flagellazione finalmente fruibile, e non malcelata dalla celebre colonna del Museo Civico e protetta da un impianto di climatizzazione congruo alla sua conservazione. La presenza di Cristina Acidini, Presidente della Fondazione Casa Buonarroti, storica dell’arte e ricercatrice indefessa, sui cui testi ci siamo formati, impreziosisce il parterre degli interventi, sottolineando la delicata impresa di sottrarre al geloso caveau del suo Museo i venti disegni inviati a Viterbo. L’importanza dell’intenso dialogo tra gli studi del Giudizio Universale della Sistina e le pale viterbesi hanno motivato l’audace decisione. I viterbesi hanno così l’occasione di fruire di un Michelangelo maturo e intimamente tormentato, le cui ansie spiritualistiche si riflettono nella torsione esasperata dei corpi, sofferenti ma vigorosi, ritratti con una veemenza e una velocità di tratto “simili al pensiero futurista”. I disegni in mostra subiscono – continua la Acidini – continue variazioni e ripetizioni, degne di un “fumettista contemporaneo”. Se il disegno è la fucina del pensiero, il fotogramma dell’intuizione originaria, la cinetica metamorfosi dei primi vagiti dell’idea, allora abbiamo la fortuna a Viterbo, grazie alla mostra, di entrare ancor prima del loro ingrandimento su cartone, ancor prima del loro trasferimento su muro, ancor prima della coloritura, nel “laboratorio mentale” di Michelangelo, illuminato dalla scintilla dell’ispirazione. Con un’efficace intuizione, la Acidini afferma che il fruitore in questa mostra non si colloca di fronte ai disegni, ma può sbirciare, quasi, dietro la spalla dell’artista, mentre, chino sul tavolo, ritrae i primi rapidi schizzi del suo capolavoro.

Conclude Vittorio Sgarbi con un vero coup de théâtre. Grazie allo studio dei monumenti in mostra e ricalcando l’intuizione di Vasari, il professore afferma che Michelangelo avrebbe offerto l’idea – ovvero il disegno – al pennello e al colorismo veneto di Sebastiano. Se il notturno alle spalle della Pietà anticipa le atmosfere di Tiziano, se la postura della Flagellazione guarda a Caravaggio, il pensiero più sublime del Rinascimento toscano e del Colorismo veneto sono espressi a Viterbo. I due capolavori di Sebastiano – dice Sgarbi –  sono in realtà generati su disegni di Michelangelo. Riprendendo la dichiarazione del Vasari, che insiste con chiarezza e determinazione su questa paternità, Sgarbi afferma che se dipingere significa ri-finire, disegnare è in-ventare. Nel paragone Michelangelo-Sebastiano, dunque, l’enfasi è sull’inventio. Nel Rinascimento, del resto, l’annoso tema del paragone e dell’agone tra le arti, si scioglieva nella soluzione della priorità della mens dell’artista, che concepisce l’opera, il cui embrione è il disegno, e poi la dà alla luce attraverso la sua mano. Ironicamente Sgarbi conclude “La Frontini eredita la città di Sebastiano e ci restituisce una Viterbo di Michelangelo”. Salutiamo con soddisfazione e fierezza la mostra, plaudendo lo sforzo titanico dell’organizzazione portata a compimento dal Comune di Viterbo, con la collaborazione di Casa Buonarroti, della Soprintendenza, di Archeoares, di MetaMorfosi, ma anche da una giunta che ho visto con i miei occhi prendersi personalmente cura delle pulizie degli spazi e del verde, sintomo di un amore per la città che mi ha commossa, ispirato certamente da una Sindaca entusiasta e promettente. In linea con l’auspicio di Sgarbi, ci auguriamo presto di vedere migliorata l’illuminazione delle sale, specialmente del retro delle pale, vergato dai preziosi disegni di Michelangelo, fonte di paragone con i fogli sistini, in modo da poter fruire appieno dell’eccellenza di tale confronto. Ci permettiamo, a questo proposito, di lanciare un S.O.S. ad un disegnatore in particolare, Davide Groppi, vincitore di due compassi d’oro. Groppi, un Michelangelo dell’illuminazione, ha già permesso a diversi musei e collezioni di essere fruibili, senza cancellare l’ombra. Perché è proprio l’ombra che permette la luce, come in certi chiaroscuri dei grandi maestri, ma occorre dosarla, come un direttore d’orchestra con i timbri degli strumenti. Allora l’arte si aggiungerebbe all’arte e Viterbo uscirebbe dall’oscurità, che non è l’ombra, in un meritato clima di rinascita e rinascenza che è sempre attuale davanti a questi capolavori che, Sgarbi docet, pur essendo cinquecenteschi sono sempre contemporanei, perché l’arte vive in chi la guarda qui ed ora o, come scrive Michelangelo, “negli occhi delle persone ricettive”.

Michelangelo

MICHELANGELO

FOTO INAUGURAZIONE

 

 

*musicologa, storica dell’arte.

 

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