Tuscia in pillole. I “mostri” di Ginastera

di Vincenzo Ceniti

Sesso ossessivo e troppa violenza”. L’opera lirica “Bomarzo”, musicata nel 1967 da Alberto Ginastera (Buenos Aires 1916-Ginevra 1983) venne censurata con queste motivazioni e il presidente dell’Argentina  Juan Carlos Ongania ne vietò la rappresentazione programmata in quell’anno al teatro Colon di Buenos Aires. Verrà data invece  in molti altri teatri (dopo la prima del 1967 al Lisner Auditorium” di Washington), tra cui il Metropolitan di New York, il Covent Garden di Londra, il Real di Madrid, sempre con grande visibilità per il Parco dei Mostri.

In realtà le motivazioni vere  della censura si rivolgevano, con malcelata ipocrisia, alla “difesa della tutela degli interessi e della morale” voluta dal governo di allora. Lo leggiamo nel libro “De padre a hija” (Da padre a figlia), pubblicato nel 2012 da Random House-Mondadori: un racconto intimo e poetico, pieno di nostalgia e bellezza firmato da Cecilia Scalisi sul canovaccio di una corrispondenza – con lettere, foto e ricordi – ritrovata occasionalmente nel 2006 in una vecchia cassapanca dalla figlia del popolare compositore argentino, Georgina, che conosciamo personalmente per essere stata a Viterbo e Bomarzo nel 2000 e nel 2010. Il divieto venne rimosso cinque anni dopo nel 1972 quando finalmente gli argentini potettero assistere all’opera che fa parte di una triade con “Don Rodrigo”  (1964) e “Beatrice Cenci” (1971). Fu un grande successo e soprattutto “una dolce vittoria” dopo l’incredibile divieto che venne giudicato dal mondo culturale del tempo come un vero e proprio abuso.

Perché Bomarzo? Ginastera si era ispirato al libro “Bomarzo” di Manuel Mujica Lainez del 1962, pubblicato nell’edizione italiana da Rizzoli nel 1965. Un romanzo storico imperniato sulla figura di Pier Francesco Orsini e sul mondo rinascimentale che lo circondava. Lainez si interessò a Bomarzo dopo essere capitato per caso nella Tuscia viterbese nel 1958. Annotò con interesse  alcune affinità urbanistiche e ambientali di quel borgo con quelli della sua terra.  Il romanzo incuriosì gli ambienti culturali argentini del tempo e naturalmente anche Alberto Ginastera che lo fece ridurre a libretto d’opera dallo stesso Lainez per poi musicarlo. Molto del merito va alla moglie di Ginastera che collaborò attivamente – come scrive la figlia – alla sua messa in scena. “Mia madre – dice Georgina – fece un lavoro fondamentale: la ricordo che dedicava anima e corpo per giorni e giorni al libretto dell’opera”.

L’opera (due atti e 15 quadri) presenta un’orchestra smisurata (una settantina di percussioni) e un apparato scenico e coreografico a dir poco imponente, che rende in ogni caso difficoltoso e costoso il suo allestimento. E non deve essere neanche agevole l’ascolto per un pubblico come il nostro, educato al melodramma ottocentesco di Verdi e compagni, o al verismo di Puccini e i suoi.

Ginastera, che è un compositore di razza, dovette coniugare un impianto drammaturgico tradizionale ad una scrittura musicale aggiornata coi suoi tempi. Il lavoro non fu agevole, alle prese com’era con un testo storico, di fosche tinte, ambientato nel Rinascimento dell’area romana e, quindi, ancorato a ritmi preordinati. Ciò lo costrinse a rimanere più attento alle necessità dell’epoca che a quelle del suo stile. Come nel Don Rodrigo, il compositore argentino non rinuncia ad evocare a tratti, con originali ed improbabili impasti, talune reminiscenze verdiane che s’insinuano, non sempre a proposito, tra melodie gitane ed istanze compositive più aggiornate. Di grande creatività musicale, tuttavia, taluni “assolo” e duetti, cui si alternano originali percussioni nelle spettacolari coreografie. La figura del duca di Bomarzo (realizzò i mostri “sol per sfogare il cor”) domina ogni scena dell’opera con i suoi tormenti, gli insuccessi, le fantasie erotiche, le umiliazioni e le sventure.

Va ricordato  che nel 1964 alcuni motivi dell’opera vennero anticipati dal compositore argentino in una Cantata per baritono, orchestra e voce recitante che fu rappresentata nel 2000, con prevedibile stupore, nella piazzetta centrale di Bomarzo, alla presenza della figlia di Ginastera. Se ne occupò l’Apt di quei tempi con la collaborazione artistica di Riccardo Marini allora direttore della Scuola Musicale di Viterbo. La figlia Georgina ritornò a Bomarzo nel 2010. Due anni dopo, nel 2012,  sempre per interessamento dell’Apt, venne eseguito nel Parco dei Mostri nell’ambito del “Festival Suona Francese” un concerto con musiche di vari autori fra cui Ginastera, con il coordinamento di Oscar Pizzo e Maura Riacci.

Nelle foto, due momenti del concerto del 2012

 

 

L’Autore*

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

 

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