Tuscia in pillole. Divagazioni musicali

A cura di Vincenzo Ceniti*

DONIZETTI E CORNETO

Nel 1837 il giovane musicista Francesco Capocci fu spesato dal comune di Corneto (l’attuale Tarquinia) per un soggiorno di studio a Napoli presso il Conservatorio Reale al fine di acquisire titoli in vista della sua nomina a Maestro di Cappella del Duomo e di direttore musicale della nascente Accademia filarmonica della cittadina etrusca. A Napoli Capocci fu allievo di Gaetano Donizetti che lo prese a benvolere per simpatia e attitudine e anche per il nome singolare e curioso del paese di provenienza: Corneto. Quel nome rimase così impresso al compositore bergamasco, così “buffo”, da meritarsi un’opera. E ciò accadde col Don Pasquale qualche anno dopo nel 1842. Nel libretto è scritto “L’ho detto e lo ripeto, io don Pasquale da Corneto possidente, qui presente in carne e ossa”.

HÄNDEL. GLORIA A VIGNANELLO

Nel suo soggiorno romano del 1706, Georg Friedrich Händel (1685-1759), allora poco più che ventenne, venne ospitato a Roma da Francesco Maria Ruspoli nel palazzo Bonelli (poi Valentini) di piazza SS. Apostoli. Il giovane musicista ebbe anche modo di frequentare il castello-palazzo di Vignanello dove i Ruspoli trascorrevano l’estate. Qui Händel potrebbe aver composto l’antifona del Salve Regina per soprano solo, archi, organo e basso continuo la cui esecuzione in anteprima del 18 giugno 1707 ci piace immaginarla nella chiesa della Madonna del Ruscello della vicina Vallerano, il cui organo datato XVII secolo era particolarmente adatto alla cantata. Certamente su quello strumento Händel aveva già messo le mani qualche giorno prima, quando per la festa di Sant’Antonio da Padova di quel 1707, fece ascoltare al suo mecenate due composizioni fresche di stesura, la sonata Coelestis dum spirat aura ed il Mottetto O qualis de coelo sonus. Un’altra serata memorabile – questa volta documentata – fu quella con l’esecuzione a Vignanello del Gloria per soprano, due violini e basso continuo, commissionatogli dallo stesso Francesco Maria Ruspoli nel 1707. Brano di ottima qualità musicale tra i migliori lavori sacri del giovane compositore.

RICCI NEMICO DELLA PATRIA

Il baritono viterbese Fausto Ricci (1892-1964) si rese protagonista nel 1944 di un episodio a dir poco singolare. Era rifugiato con la sua famiglia in una grotta nei pressi di Viterbo. I tedeschi lo scovarono e lui avrebbe detto “Sono il baritono Fausto Ricci ed ho un invito del maresciallo Kesserling per un concerto alle forze armate germaniche di stanza a Roma”. L’ufficiale tedesco non credette a quelle parole e ordinò la fucilazione immediata. Ricci, vistosi perduto, intonò a gran voce il suo cavallo di battaglia, quel “Nemico della patria” (dall’Andrea Chenier di Giordano) che proprio in Germania gli aveva creato tanta popolarità, attribuendogli finanche il titolo di “cantante di Dio”. E questo bastò per chiarire l’equivoco. La sua discografia non è assortita, ma di grande qualità. I suoi vinili sono molto ricercati dai melomani. Ci ha lasciato un volumetto abbastanza prezioso dal titolo emblematico “Come si canta”. Nell’ultima stagione della sua vita organizzò a Viterbo una scuola di canto per indirizzare i giovani allo studio della lirica. “La musica – diceva – è la voce dell’umanità, per l’elevazione e l’affratellamento di tutti i popoli”. Morì a Viterbo il 4 novembre 1964. Il Comune gli ha dedicato una via, il Touring Club una targa e l’Associazione musicale “XXI Secolo” un Concorso lirico internazionale.

LAURI VOLPI LA “PRIMA” ALL’UNIONE

Va ricordato che al teatro dell’Unione di Viterbo, il 2 settembre 1919 ci fu il debutto di Giacomo Lauri-Volpi (1892-1979) nelle vesti di Arturo nei Puritani di Bellini, di cui erano previste quattro repliche. Nell’autobiografia si legge che il compenso fu di cento lire a recita. Il giovane tenore soggiornò a Viterbo per preparare l’opera nella seconda quindicina di agosto di quell’anno. Non si sa dove alloggiasse, ma di certo frequentò il ristorante della “Grande locanda dell’Angelo” in piazza delle Erbe. Era tanta la paura di un fiasco che si presentò sui manifesti e alla stampa con un altro nome, Giacomo Rubini, anche per non compromettere l’esito del programmato e successivo impegno al Costanzi di Roma in Manon di Massenet. Nel cast viterbese c’erano accanto a lui il soprano Rosina Granchi, il baritono Mario Gubiani e il basso Paolo Argentini. Precauzione di cui Lauri-Volpi poteva anche fare a meno, tanto fu il successo che gli tributarono i viterbesi. Dopo quel trionfale debutto uscì subito allo scoperto e a testa alta, recuperando il suo vero nome nelle quattro serate del Rigoletto in cartellone dopo i Puritani. Lauri-Volpi era originario di Lanuvio un paese dei Castelli Romani, ma Viterbo ha decretato il suo primo successo che lo porterà poi nei teatri di tutto il mondo. Concluderà la sua carriera al Costanzi di Roma con il Trovatore nel 1959. Morì in Spagna nel 1979. Va ricordato che Lauri-Volpi fece coppia con il baritono viterbese Raffaele De Falchi nel 1952 all’Opera di Roma nella Fanciulla del West di Puccini. Minni era Maria Caniglia.

 

 

L’Autore*

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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