Riccardo Paccosi, la Tuscia il luogo d’origine, il teatro come forma di arte e integrazione

di Nicole Chiassarini

Molto spesso abbiamo unito le parole arte e integrazione per associarle alla nostra Tuscia, territorio che dà il natale a molti autori, artisti, ma anche a persone con un animo gentile pronte ad aiutare il prossimo. Tra questi incontriamo Riccardo Paccosi, originario della bella Città dei Papi, che inizia a calcare la scena con una rock band, gli Spleen IV, molto conosciuta negli anni ’90.

Con il passare del tempo, e con l’aggiunta di sempre più elementi performanti all’interno dei concerti, comincia a nutrire una sempre maggiore passione per il teatro: “Ho cominciato a studiare prendendo il diploma di recitazione da una scuola di teatro a Bologna – dove nel frattempo mi ero trasferito per fare l’Università – e prendendo parte a numerosi corsi e stage intensivi. Così, cominciai a creare spettacoli e nel 1996 fondai l’Amorevole Compagnia Pneumatica, della quale sono tuttora regista”.

Con spettacoli caratterizzati dall’influenza del cosiddetto teatro di ricerca, i lavori di Riccardo presentano una struttura narrativa più poetico-visionaria che realistica, dalla commistione con la danza e con altre discipline.

“Il mio impegno è quello di elaborare un linguaggio scenico popolare, comprensibile anche a quel pubblico che solitamente a teatro non va. Per imparare a ottenere tale risultato, un’influenza decisiva è stata quella del più importante tra i numerosi maestri che ho avuto, ovvero l’attore e regista ligure Pippo Delbono”.

Ma non solo, sarà sempre in Emilia Romagna che Riccardo inizierà, dal 2010, a portare avanti un progetto importante e significativo insieme alla Cooperativa Società Dolce (la quale gestisce molti dormitori pubblici): realizzare pièce teatrali basate su elementi autobiografici di persone senza fissa dimora.

“Mi ritrovai casualmente a far entrare in compagnia un senza dimora poiché ritenevo avesse un talento naturale per la scena. Mi capitò, altresì, di costruire delle pièce teatrali basate su sue vicende autobiografiche. Quando quest’attore della compagnia nel 2013 morì, mi venne l’idea di realizzare altri lavori basati su elementi autobiografici di persone senza dimora. Così, mi recai a parlarne con la Cooperativa Società Dolce e avviai con l’aiuto di quest’ultima un’attività laboratoriale che è tuttora in svolgimento”.

Un laboratorio che tuttora Riccardo svolge all’interno di strutture d’accoglienza a Bologna, Parma e Reggio Emilia, aperto a tutti i senza dimora interessati. “Insegno loro alcuni elementi basilari di tecnica di recitazione, quindi insieme scegliamo un frammento autobiografico da raccontare sulla scena. I vari frammenti autobiografici vengono poi montati in un unico spettacolo. Sono finora riuscito a creare un’atmosfera di cooperazione positiva fra questi ultimi e gli attori della compagnia”. Il successo non tarda ad arrivare, il pubblico rimane colpito, non può non emozionarsi di fronte a persone che, con vissuti spesso drammatici, hanno la forza di raccontarsi sulla scena. Così molti degli spettacoli iniziano debuttare all’interno del cartellone del Teatro Stabile di Bologna – Arena del Sole:

“Gli spettacoli generati da questo percorso laboratoriale, hanno tutti avuto mediamente successo. Il mio obiettivo è far conoscere una condizione di disagio sociale, che è oggi ben lungi dal diminuire. Inoltre, mettendo assieme storie di senza dimora sia italiani che immigrati, provo a dare un contributo per diminuire la cosiddetta “guerra fra poveri”. Per me esistono solo poveri, proletari, lavoratori e non importa provengano dall’Africa o siano di nazionalità italiana”.

Con questo nuovo bagaglio di emozioni ed esperienze con tante persone e le loro storie, Riccardo torna a Viterbo, dopo una lontananza di circa trenta anni, esibendosi al Festival Caffeina o in locali ospitanti spettacoli quali il Due Righe Book Bar e il Circolo Arci Cosmonauta, riuscendo a costruirsi un proprio pubblico anche grazie ad uno spettacolo comico-poetico incentrato su Viterbo e sulla “viterbesità”, intitolato “La Rosa e il Becchime” e andato in scena dinanzi a centinaia di spettatori.

“Mi piacerebbe che l’amministrazione comunale, una volta all’altra, mostrasse segno di conoscere la mia attività e magari mi proponesse qualcosa. Sulla situazione culturale di Viterbo posso dire che oggi la situazione risulta molto più stimolante. Viterbo mi sembra una delle città più culturalmente vivaci ch’io conosca”. Su questa prospettiva, Riccardo tornerà nella Tuscia per far parte della giuria della rassegna di cortometraggi horror – data la sua discreta conoscenza con il cinema horror che si può riscontrare nella sua produzione teatrale – prodotti in Italia che si svolgerà a Chia nel maggio di quest’anno: “La Tuscia dei Corti Viventi”.

“Credo che il teatro abbia oggi, perlomeno in Italia, un problema di scarsa spinta all’innovazione e, quindi, di scarso interesse presso il pubblico giovanile. Questo è dovuto al fatto che il progressivo venir meno delle risorse abbia reso gli operatori del settore chiusi in loro stessi e disinteressati a conoscere ciò che si muove al di fuori della circuitazione tradizionale. Dinanzi a una proposta artistica, il riflesso pavloviano di praticamente tutti i direttori di teatro o festival italiani, oggi, è riassumibile nell’enunciato «se non lo conosco, vuol dire che non m’interessa».

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