Report della Ciaa sull’indice demografico e welfare nella Tuscia, 1 viterbese su 4 è anziano

di Luciano Costantini

Sono quasi sessanta su cento i viterbesi (intesi nel senso di abitanti dell’intera provincia) che per tirare avanti o comunque vivere dignitosamente sono costretti, loro malgrado, a fare affidamento sul lavoro del rimanente della popolazione. E’ il dato che emerge dall’ultimo report della Camera di Commercio di Rieti e Viterbo sull’andamento economico e demografico della Tuscia. Quel quasi 60% (58,3%, per l’esattezza) altro non è che il cosiddetto indice di dipendenza strutturale, cioè il rapporto percentuale tra la popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e la popolazione attiva (15-64 anni). Un indice ben superiore a quello regionale (55,5%) e nazionale (57,5%). Dati inequivocabili che confermano, ancora una volta, come l’Italia stia progressivamente invecchiando e la Tuscia, se possibile, ancora di più. Vero il welfare è un sistema che viene garantito ad anziani e giovanissimi dalla generazione che lavora, ma il dato preoccupante è che la forbice si va restringendo sempre di più e le risorse per far funzionare lo stato sociale si assottigliano. Il sistema previdenziale non garantisce più, o sempre meno, la tenuta di un tempo. L’ultimo rilevamento (31 dicembre 2021) dice che la popolazione residente in provincia arriva a 307.592 unità: 35.617 i giovanissimi tra 0 e 14 anni (percentuale dell’11,6%); 194.264 coloro che sono tra i 15 e i 64 anni (63,2%); 77.681 gli over 65 (25,3%). Come dire che un viterbese su quattro è un anziano. Le prospettive di una inversione di tendenza demografica oltre tutto non sembrano rosee, tutt’altro, almeno a giudicare dal tasso di crescita naturale (ossia il numero dei nati vivi meno il numero di morti nell’anno, e l’ammontare medio della popolazione residente) che risulta negativo: – 6,9%, rispetto a Rieti (- 8,0%) e Lazio (- 4,3%). E’ invece positivo il saldo migratorio, ovvero la differenza tra immigrati ed emigrati: + 1,7% a Viterbo, + 3,4% a Rieti e +2,5% nel Lazio. Saranno gli immigrati a contenere il tasso di invecchiamento del Paese intero e della Tuscia e magari ad invertire il trend in un futuro più o meno prossimo? E come non parlare, purtroppo, del Covid diventato legittimamente un parametro fondamentale della vita economica e sociale dell’ultimo biennio? La pandemia ha prima interrotto e poi colpito pesantemente l’occupazione che da sempre è problema grave: nella Tuscia il numero di senza lavoro è sceso di poco, ma costantemente dal 2014 al 2020, per poi risalire vertiginosamente fino al 10,9% nel 2021: 14.000 i disoccupati, cioè il 26,9% in più rispetto all’anno precedente. Senza considerare che, rispetto al 2016, è cresciuto il tasso di inattività. Cioè di coloro che pur non avendo un lavoro ed essendo interessati a lavorare, non lo cercano perché hanno perso la speranza di trovarlo.

 

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI