Mariano Buratti, Educatore, Partigiano, Medaglia d’oro al valor militare

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Delle figure che hanno animato la Resistenza nel Viterbese, quella del professor Mariano Buratti è senza dubbio la più ricorrente nella memoria civile, materiale ed intellettuale. Una presenza nel ricordo collettivo dovuta a molteplici fattori, particolarmente inerenti la biografia del personaggio: lo spessore e nel contempo la complessità intellettuale, la funzione pedagogica oltre il mero perimetro della didattica, la sofferenza di un percorso umano il cui sacrificio ne rappresenta per drammaticità il tragico epilogo.
Un omaggio alla persona a partire dall’immediato Secondo dopoguerra e segnato da intestazioni di scuole e di toponomastica, riferimenti nelle cerimonie di memoria civile, certamen postali, contributi sulla stampa locale e non e, appunto, monografie.
Ultimo, in ordine di tempo, questo prezioso ed agevole volume edito dalla Annulli, con la prefazione del Presidente nazionale Anpi Gianfranco Pagliarulo, che vede come autori Gerardo Severino ed Enrico Fuselli. Il primo è Colonnello della Guardia di finanza, di cui altresì dirige il Museo storico – ed i finanzieri hanno sempre lodevolmente conservato il ricordo di Buratti -; il secondo è un docente impegnato su più fronti storiografici, collaboratore, a sua volta, della Finanza di cui è socio onorario benemerito.
Le due precedenti monografie su Buratti risalgono al 2004 e sono: Mariano Buratti, L’Uomo, il docente, il filosofo, a cura di Giovanna Meloni e Rosa Olivetti, e poi Chi tradì Mariano Buratti, a cura di Angelo La Bella, pamphlet sulle controverse circostanze dell’arresto, che non mancò di far discutere. Il volume in oggetto, uscito diciotto anni dopo, rappresenta un eloquente compendio di quanto pubblicato, poggiando su di una consistente bibliografia inerente sia la persona sia la Resistenza, nel Lazio e più in generale in Italia. È anche riportato il dibattito che, nel corso dei decenni, si è sviluppato attorno alle tematiche trattate. Gli elementi inediti fanno segnatamente perno sul patrimonio archivistico e documentale della Guardia di finanza. Notevole, inoltre, l’apparato fotografico.
Nell’appendice, tra le altre cose, è trascritta quella bozza di costituzione liberalsocialista che il professore aveva redatto a seguito del 25 luglio 1943, per sottoporla a chiunque ne fosse interessato. Una sorta di testamento morale e politico, secondo l’allievo Aldo Laterza fatale per la compromissione dell’autore al cospetto dei nazifascisti.
Tutto ciò per una vita, come quella di Buratti, che ha attraversato e respirato a pieno la prima metà del Secolo breve, senza viverne l’epilogo: nascita 15 gennaio 1902, martirio 31 gennaio 1944. In mezzo, gli eventi dal Primo dopoguerra, con il servizio proprio nella Fiume normalizzata dopo l’impresa dannunziana, l’adesione al fascismo, la partecipazione volontaria alla Guerra d’Africa, l’insegnamento e, molto probabilmente accompagnata a questo, la maturazione che avrebbe portato al distacco dal Regime. Da qui la significativa adesione al Partito d’azione, il partito dei tecnici e dei poeti, dei fucili e dei fucilati; con quel coacervo di idee eterogenee che dopo, nella ritrovata libertà, ne avrebbe segnato l’implosione ma che nella cospirazione e nella Lotta partigiana aveva contribuito a far diventare quello azionista il secondo partito della Resistenza.
Infine, il sacrificio, nella “fabbrica di morte” di forte Bravetta.
Gli autori, con grande abilità, inseriscono la storia individuale di Buratti, la microstoria, che micro non è, nella macrostoria degli eventi, restituiti in modo esaustivo senza didascalismi.

Silvio Antonini

Grotte di Castro, Annulli, 2022, pp. 188, € 14.00
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