La guerra in Ucraina: Alina e il cuore d’oro dei viterbesi

di Arnaldo Sassi

Lei è una bella ragazza di 32 anni, ucraina. Originaria di un paesino vicino Lviv (Leopoli, in italiano). Si chiama Alina (di cognome fa Onachyshych, in italiano quasi impronunciabile) e vive a Viterbo da tanti anni. Ma il richiamo delle sue radici è scattato subito, non appena i russi hanno invaso la sua terra. E nel giro di pochi giorni è diventata la promotrice di una grande azione di solidarietà che ha coinvolto e sta tuttora coinvolgendo gran parte della città.
Quello che è successo lo racconta lei stessa: “La nostra comunità – siamo circa 200 persone – si riunisce ogni domenica alla chiesa del Suffragio per la messa. E quando è cominciata l’invasione abbiamo espresso tutto il nostro turbamento e la nostra disperazione. Tornata a casa, ho pensato che non potevo stare con le mani in mano di fronte a questa tragedia. Così d’istinto, senza dire niente a nessuno, ho scritto un appello sui social, chiedendo aiuto”.
“La risposta – continua Alina – è stata sorprendente e, allo stesso tempo, entusiasmante. Il mio telefono ha cominciato a squillare all’impazzata. Non solo ucraini, ma anche tanti, tanti viterbesi. Così abbiamo dovuto organizzarci e abbiamo messo in piedi un centro di raccolta nella stessa chiesa del Suffragio. Dopo pochi giorni però – continua il racconto – ci siamo resi conto che gli spazi non erano più sufficienti. Così ho chiesto aiuto a Lucio Matteucci, che mi ha subito messo a disposizione il capannone sulla Teverina dove si realizzano i carri di Carnevale”.
Insomma, in un baleno l’attività si è fatta frenetica. “Abbiamo raccolto un po’ di tutto – prosegue Alina – ma soprattutto vestiario, generi alimentari, e farmaci. Di questi ne servono tanti. Per curare i feriti e i malati. E soprattutto serve il latte per i bimbi prematuri, giacché – causa i continui allarmi per le bombe, che provocano stress e costringono le donne incinte a pericolose corse verso i rifugi – c’è stato un vero e proprio boom di parti anticipati”.
Poi, il viaggio verso la speranza. “Ci siamo serviti degli autobus che fanno la spola tra Italia e Ucraina – racconta ancora Alina – per far arrivare al centro di raccolta di Termopil tutto il materiale donato. Di lì, è stato distribuito laddove serviva, soprattutto a Kiev e Karkiv. A Mariupol, no. Lì purtroppo è impossibile arrivare.
Alina prosegue. Con la voce un po’ emozionata, ma ferma e decisa: “Al ritorno poi, gli autobus hanno presso in carico un bel po’ di profughi, tra cui molti bambini, che adesso si trovano a Viterbo. Anzi, si sta già pensando di istituire per loro un corso di italiano, per favorire una rapida integrazione”.
Il racconto volge al termine, ma Alina ha ancora qualcosa da dire. “Stiamo organizzando un secondo viaggio, che partirà fra pochi giorni. Quindi rinnovo l’appello: date quello che potete, perché serve di tutto (pubblichiamo a parte un elenco dettagliato, ndr), dai generi alimentari, al vestiario e soprattutto ai medicinali. Il cuore dei viterbesi finora è stato grande. Speriamo continui a esserlo”.

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