Cinema: “La dea fortuna”, la recensione di Cristiana

di Cristiana Lamanna*

Vedere un film di Ozpeteck è come scoprire ogni volta una dimensione emozionale diversa.
Mi capitò la prima volta quando vidi “Hammam “il bagno turco. Per poi proseguire con “La finestra di fronte” e “Le fate ignoranti”. Meno pathos per “Napoli velata”, ma questa è un altra storia.
Con “La dea fortuna” ho ritrovato l’Ozpeteck degli inizi. Un film corale, colorato, uno spaccato di vita reale, fatta di litigi, tradimenti, riappacificazioni, illusioni e delusioni. La vita quotidiana, insomma.
Una coppia gay, interpretata da un bravissimo Edoardo Leo e un preciso Stefano Accorsi alle prese con la vita di tutti i giorni, stravolta dall’arrivo di due bambini, figli di una cara amica della coppia.
I pargoli irromperanno nelle loro esistenze rompendo schemi e modalità di vita.
Un film di una tenerezza infinita. Mai volgare o morboso. Il tema non è la sessualità degli interpreti ma la loro umanità e fragilità anche di fronte alla morte.
Ozpeteck dirige gli attori con una delicatezza infinita. Scorci di una Roma bella e solare. Musiche struggenti, vedi il brano scritto da Fossati e interpretato da Mina che arricchiscono come un cammeo, un film di rara bellezza.
La fotografia del film è di Gian Filippo Corticelli, il montaggio di Pietro Morana, la scenografia di Giulia Busnengo e i costumi di Alessandro Lai e Monica Gaetani.
Le musiche originali sono di Pasquale Catalano.
Da vedere e rivedere.

 

 

*Appassionata di cinema e della sua storia, sorella del regista Enrico Maria Lamanna.

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