Arrivano gli americani: sono gli studenti della School Year Abroad

I ragazzi della Sya

Arrivano gli americani. Anzi, sono arrivati da 14 anni. Discretamente, senza suscitare clamori. Li riconosci dall’inconfondibile slang e, magari, dall’abbigliamento un po’ casual. Sono gli studenti della Sya (School Year Abroad) di Viterbo (sede in via Cavour) che, in numero di sessanta all’anno, frequentano corsi di orientamento classico e linguistico di Viterbo. Hanno scelto e scelgono il capoluogo della Tuscia perché là città è accogliente, sicura, con una università dinamica, un buon presidio ospedaliero. E anche perché è vicina a Roma.

«L’integrazione funziona – spiega il direttore Patrick Scanlon – a livello di studi e familiare. I ragazzi, tra i 16 e i 18 anni, seguono corsi del penultimo e ultimo anno di liceo». Dal 27 ottobre prossimo e sino a fine mese potranno fare conoscenza anche più diretta con i coetanei viterbesi in quanto saranno ospiti dei licei Ruffini e Buratti. Scanlon è sicuro: «Si tratta di un’esperienza di una settimana che potrà arricchire il bagaglio culturale dei nostri studenti e di quelli locali. E che contiamo di rafforzare con i prossimi corsi». Certo è una esperienza che travalica il mondo scolastico e che diventa rilevante anche come veicolo turistico. Gli american boys, infatti, quando tornano negli Usa si portano dietro – negli appunti di viaggio e nella memoria – anche le bellezze della Tuscia. In quattordici anni di vita alla Sya sono passati circa 700 studenti americani. Dice il direttore: «Ho riempito un libro di due centimetri di firme di giovani che hanno voluto così testimoniare della loro presenza. E sono in molti a tornare a Viterbo al termine del corso di studi».

A scuola di giorno. Ospiti di famiglie viterbesi la notte. E le serate? A ninna, ma pure in qualche pub o qualche ritrovo dove si può bere qualcosa, ascoltare musica, scambiare qualche chiacchiera, approfondire argomenti anche assolutamente seri. Domanda diretta per il professor Scanlon: «Cosa si portano dietro i suoi ragazzi quando fanno ritorno a casa negli Usa, oltre alle immagini di Viterbo e della sua terra?». La risposta arriva senza tentennamenti: «La famiglia, la piazza e il caffè». Che, evidentemente, mancano al di là dell’oceano.

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