RACCONTI BREVI/Una trappola

impercettibile

La donna dalle chiappe sode si alza in piedi e si unisce agli avventori, i quali guardano, ammutoliti e immobili, quelle tre allucinazioni a forma di uomini che sono appena apparse davanti i loro occhi. Se qualcuno scattasse una foto, le persone, affiancate le une alle altre come un branco scomposto di pinguini, sarebbero sembrate in posa per lo scatto, con i volti tesi in un ritratto austero. Questo attimo di desueto immobilismo non si avvicina nemmeno lontanamente all’assurdità della situazione, dura qualche secondo impercettibile; che si disfa quando la donna che ha pestato il vomito dell’uomo ubriaco blatera parole prive di significato e si lancia verso l’uscita della piazza. Lei non lo sa, ma in questo momento tutte le sue energie mentali sono volte verso la speranza. Si sente strizzata e poi allungata e si ritrova, in un istante, davanti la tabaccheria. Il tremore si scatena dalle sue braccia fino alle maglie più interne del torace, si evolve in scatti irregolari, poi in un dolore lancinante che le spacca il cuore e la fa accasciare al suolo. Tutto per lei scompare. Lei non lo sa, ma in questo momento non ha retto il peso del fallimento di tutte le sue energie mentali volte verso la speranza.

Il gruppo di astanti, dopo lo scatto della donna, si sparpaglia per testare l’inverosimile: alcuni si lanciano dietro di lei; altri, i più prudenti e timorosi, si avvicinano lentamente, allungano pervasi da paura e fascinazione le braccia e le gambe oltre il marciapiede; solo per vedere che non succede niente. Delusi dal risultato decidono di scendere lo scalino; per sentirsi strizzati e allungati e ritrovarsi dall’altra parte.

La donna che ha pestato il vomito è morta per terra, alcuni si fermano per assisterla. <<È morta>> dice un di loro dopo avere poggiato le dita sulle arterie del collo. <<Chiamate un’ambulanza>> dice. <<Non c’è segnale>> dice un altro. Provano anche gli altri: <<Non c’è segnale>>. Si alzano, la lasciano lì e riprovano a uscire dalla piazza.

Immaginerete, senza perdere troppo tempo, quali siano state le conseguenze. Una volta verificato che mettere piede giù dal marciapiede significa teletrasportarsi all’entrata opposta; le persone si sono rivolte alle altre due, per scoprire che il risultato è comunque e fatalmente identico. Ogni entrata è diventato un punto di congiunzione con la relativa frontale. Un gioco di specchi incrociato con unico punto di fuoco: la piazza stessa.

Ora è il panico ad aver preso il controllo, nessuno dice niente, a parte qualche farneticante imprecazione. I corpi corrono senza metà provando tutte le combinazioni di uscita possibili. Un rompicapo senza soluzione. Intanto gli inquilini delle palazzine cominciano ad affacciarsi alle finestre. E se dopo gli scoppi, si sono appoggiati sui parapetti dei balconi e sui davanzali delle finestre, guardando il cielo in attesa di una risposta, ora osservano dall’alto gli esseri umani persi in questo labirinto senza corridoi, come gli antichi romani sulle tribune del Colosseo; ma invece del divertimento quello che provano è terrore.

Dopo l’ennesimo tentativo, il ragazzo dell’incubo, colmo di nausea per il continuo trapasso e colto dall’arrendevolezza, decide di fermarsi. Si volta verso il compagno e dice:<<È una trappola. Tutti entrano, nessuno esce.>>

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