Visti da noi: Ad Astra, un Brad Pitt angosciato che salva il mondo per salvare se stesso

di NicoleChiassarini

Ad Astra è un thriller fantascientifico e psicologico diretto da James Gray, distribuito da 20th Century Fox, con Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga e Liv Tyler. Seguendo i modelli di Stanley Kubrick (2001: Odissea dello Spazio) e Francis Ford Coppola (Apocalypse Now) il regista ha mostrato la sua crescente ambizione, che lo caratterizza dall’inizio della sua carriera, portando sugli schermi la storia di due uomini, padre e figlio, i cui destini sono intrecciati in qualche modo. Perché nel cinema di Gray vale un’idea: qualsiasi cosa decidiamo di fare, non possiamo scappare dal nostro passato.

Nello spazio più profondo un campo elettrico minaccia la sopravvivenza del pianeta Terra, lanciando scariche potenti alla velocità della luce. Ma l’origine viene identificata e il Maggiore Roy McBride viene incaricato della missione di risolvere definitivamente il problema. La situazione, però, è più complicata del previsto, infatti Roy non è che il figlio di pioniere Clifford McBride, partito e scomparso ventinove anni prima per cercare segni di vita fuori dal sistema solare. La sua nave, arenata tra i satelliti di Nettuno, è la causa delle scariche elettriche, e Roy sarà l’unica chance per il pianeta per trovare finalmente Clifford e fermare un possibile disastro.

La pellicola inizia e si conclude con un susseguirsi di pensieri, quelli di Roy. Dall’impassibile Maggiore, con il battito cardiaco sempre sotto gli 80 e con una volontà ferrea; a figlio in cerca del padre, frustrato, distrutto, arrabbiato e consapevole di aver rotto quella maschera di imperturbabilità che lo aveva sempre caratterizzato; fino a chiudere il suo percorso per diventare finalmente il vero Roy McBride, in un equilibrio tra mente e corpo, tra passato e presente, in grado di compiere il suo dovere ma allo stesso tempo di amare, di mostrare quelle emozioni nascoste per tanto tempo. Con un Brad Pitt che sconfigge lo stereotipo del bello ma senza un gran talento, creando un personaggio emozionante e intenso. Il tutto condito da uno sfondo fantascientifico, in un mondo in cui l’uomo è ormai in grado di viaggiare nello spazio, dove non si fermano le esplorazioni all’esterno del sistema solare, per cercare altre forme di vita intelligenti. Fantascienza e filosofia in un connubio immersivo e angosciante che esplora il mistero e il fascino dello spazio, e racconta una fase di scoperta e accettazione di sé stessi.

Quello di Gray è un cinema eccezionale e ambizioso, che cerca di attirare lo spettatore con immagini perfette, un montaggio spettacolare. È proprio il prologo di Ad Astra che mostra appieno la grande ambizione del regista, l’atmosfera incerta e onirica, le inquadrature, la luce, ma soprattutto il silenzio: perfetto in ogni suo aspetto, avvolgente e tormentoso. Si torna all’idea che caratterizzano i film di Gray, padri mitomani che trascinano i propri figli verso i loro stessi sogni inesorabili. Tornano quelle forze contraddittorie che da sempre delineano l’ossessione di avventura e conoscenza. Oltre all’ossessione del protagonista, in Ad Astra si può percepire il suo conflitto interiore, come poter essere fedeli a sé stesso senza dover tradire il padre. Sarà lo stesso montaggio, ineccepibile, a creare la vera essenza di quella ricerca assillante, ma anche finalmente consolante.

Ad Astra di James Gray ricrea una relazione perfetta tra il genere fantascientifico e quello psicologico. Brad Pitt è un attore completo e complesso, con luci che catturano e una storia coinvolgente e sconvolgente, che teletrasporta lo spettatore all’interno dei pensieri e delle emozioni del protagonista, in un crescendo di angoscia, disperazione e dolore, fino alla calma, pace e la riscoperta delle proprie emozioni. Un film che oscilla tra passato e presente, che porta alla luce vecchi fantasmi, ma che infine riesce a ritrovare un equilibrio. Perché dal passato non si può scappare, ma alla fine lo si può lasciare andare.

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