Un centro di informazioni turistiche all’ex lazzaretto? Un progetto tra luci e ombre

di Salvatore Enrico Anselmi

ex lazzaretto

Sembra possibile che un edificio ecclesiastico di origine medievale (XIII secolo), intitolato a Santa Maria della Ginestra, officiato dall’ordine benedettino e poi da quello francescano, trasformato in lazzaretto negli anni venti del XVI secolo e quindi sede della Confraternita di San Giovanni Decollato dalla quale avrebbe tratto la nuova intitolazione, quindi nel primo XIX secolo destinato a ospedale durante l’epidemia di colera del 1825 sia stato adibito nel corso del Novecento a magazzino di pertinenza comunale, a sede di banda musicale, a rimessa per i mezzi della nettezza urbana (1970-1980) e infine a pizzeria?Ebbene sì. Nella nostra città è accaduto anche questo.

Forse i viterbesi in età d’intendere e di volere raggiunta prima del 2015, anno di chiusura del locale allestito all’interno dell’ex chiesa, ricordano lo spazio interno a pianta cruciforme, le colonne trabeate, le aree destinate ad accogliere macchine d’altare di età moderna piegati a costituire elementi d’arredo messi tristemente in minoranza tra banconi di servizio, cucine e tavoli imbanditi. (Nel web, per altro, sono ancora circolanti immagini relative a quella scellerata utilizzazione). Grazie al cielo, molto prima di tale impiego, i dipinti che decoravano i tre altari erano stati trasferiti nella chiesa dei Santi Faustino e Giovita. Tuttavia malgrado ciò e sebbene fossero state rinvenute durante i restauri occorsi nel 1980, cospicue tracce di affreschi raffiguranti, tra gli altri, una Madonna col Bambino e santi e una Santa Caterina d’Alessandria, verosimilmente coevi alla prima fase costruttiva della chiesa, l’impropria destinazione d’uso è stata resa possibile comunque.

Ora grazie all’impiego del FES – Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale, si rimanda a tal proposito alla relativa sezione del sito del Comune di Viterbo (https://comune.viterbo.it/fesr/), l’ex lazzaretto può aspirare a ricoprire un ruolo e una funzione altri rispetto a quello di garage o di ristorante. Questa è senza alcun dubbio una buona notizia per la città nell’ottica del restauro e del recupero di un bene architettonico, altrimenti negletto e quasi abraso nel ricordo collettivo. Ingiusto dimenticatoio al quale l’edificio è stato condannato per troppo tempo. Tali affermazioni trovano riscontro nella pregevolezza delle decorazioni plastico-architettoniche coincidenti con le aree di innesto dei portali timpanati che spezzano l’uniformità del semplice prospetto di facciata a capanna secato da fasce verticali e orizzontali in lieve aggetto. Sono corroborate sulla scorta anche dell’articolazione architettonico-decorativa interna che testimonia fasi di ornamentazione succedutesi tra XVII e XIX secolo. Trovano ulteriore conferma nella presenza di un giardino attiguo provvisto di una fontana a tazza e della complessiva cubatura della struttura che domina Valle Faul, offrendo una duplice visuale dello stesso ex lazzaretto sia da una prospettiva posizionata a valle che a monte, in ragione della vicina altura sulla quale sorge il complesso agostiniano della Santissima Trinità. Non è casuale, infatti, che propriamente grazie a tale posizione strategica, l’area limitrofa all’allora Santa Maria della Ginestra sia stata usata anche in concomitanza degli assedi medievali alla città, in primo luogo quello perpetrato nel 1243 da Federico II di Svevia, come luogo di posizionamento di catapulte e ordigni bellici.

Stando al progetto di recupero in corso l’Amministrazione Comunale intende ricavare al suo interno un punto di informazioni turistiche che possa stabilmente fungere da raccordo per i visitatori di passaggio a Viterbo, in sostituzione dell’ufficio adibito a questo scopo in via Ascenzi ed essendo destinata a diventare la Pensilina, che per qualche anno aveva svolto tale funzione, un centro per la biodiversità. Nel contempo lo stabile dovrebbe poter accogliere mostre temporanee e incontri culturali.

Alla luce di tali progetti, tuttavia, persistono alcune perplessità in merito a questioni strettamente funzionali e in riferimento alla necessità di creare in spazi, che si intende ridurre come quelli della Pensilina, per l’appunto, luoghi didattici per la conoscenza ambientale.

L’ex lazzaretto occupa un’area decentrata rispetto all’abitato, né di passaggio, né immediatamente raggiungibile da parte dei visitatori, sia che arrivino a Viterbo in auto, sia che giungano in pullman. Ancora meno funzionale e periferica risulta l’area per chi, sceso alle stazioni ferroviarie di Porta Romana o di Porta Fiorentina, intenda ricevere indicazioni propedeutiche a un soggiorno in città.

Lo slargo antistante il complesso non è sufficientemente capiente per grandi numeri, inoltre, per permettere di compiere una sosta agevole in attesa di ricevere le informazioni utili.

Sarà quindi necessario spostarsi a piedi per usufruire del servizio al quale l’ex lazzaretto sarà adibito. Oppure si dovranno mettere a disposizione navette che colleghino i parcheggi di piazza del Sacrario e di Valle Faul all’area in questione. Da lì il turista dovrà poi raggiungere le zone del centro urbano realmente lontane dalla questa posizione di partenza. Nel suo insieme, il quadro di funzionalità risulta poco agevole e macchinoso.

Più fondata appare, invece, la destinazione a spazio congressuale ed espositivo purché dotato di consoni sistemi di illuminazione e strutture di alloggiamento delle opere d’arte, quali pannelli, basamenti, binari scorrevoli.

Ulteriori perplessità sorgono, poi, al riguardo della nuova destinazione della Pensilina che in parte dovrebbe recuperare la sua funzione originaria e assolvere anche a un utilizzo in chiave didattica come si evince dalle relazioni tecniche pubblicate a corredo del progetto. È prevista infatti «l’installazione di display con immagini di ecosistemi diversi». Particolare attenzione dovrebbe poi essere dedicata alle esperienze sensoriali, ai «suoni, con registrazioni e riproduzioni di suoni di animali o ambienti naturali», al tatto «con l’utilizzo di texture naturali diverse per rappresentare diversi ambienti (erba, sabbia, corteccia, ecc.)» e all’«olfatto con l’utilizzo di aromi naturali o sintetici per rappresentare diversi ambienti (legno, fiori, ecc.)». Se qualsiasi forma di educazione all’ambiente risulti sempre giustificata, forse uno spazio del genere dovrebbe essere dedicato alla specificità del territorio della Tuscia invece che occuparsi della questione in chiave globale, soprattutto in considerazione del fatto che la Pensilina non ha una grande estensione allo stato attuale e nell’ottica di una sua ulteriore riduzione. Il rischio sarebbe quello di creare uno spazio indefinito, punteggiato di accenni labili alla questione ambientale e che quindi risulti poco incisivo e significante.

Alla luce di tali argomentazioni sarebbe opportuno operare da parte degli amministratori viterbesi un riallineamento progettuale per entrambi i siti.

Photo Courtesy profilo social Assessore Aronne

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