Tuscia, ripresa dell’economia ma servono strategie d’internazionalizzazione

Luciano Costrantini

L’ultima Tac sull’economia della Tuscia spiega che il paziente non è tornato ancora a godere di salute sana e robusta, ma che i sintomi indicano un chiaro miglioramento. Il fresco report dei primi sei mesi del 2018, realizzato dalla Federlazio sulle piccole e medie aziende, dice che la produzione e il fatturato crescono seppure a fatica, che l’occupazione tiene, che gli investimenti sono ripartiti, che l’export continua a tirare in modo clamoroso. E per fortuna. Grazie soprattutto – c’è da riconoscerlo – al polo della ceramica di Civita Castellana. Il quadro è meno nebuloso e incerto di quello che Federlazio aveva disegnato alla fine dello scorso anno. Il tratto nuovo? Sicuramente quello relativo alla internazionalizzazione che rappresenta il più prezioso se non l’unico strumento per crescere e uscire definitivamente dalla crisi del decimo anno. L’indagine spiega che il 52% delle imprese viterbesi opera soltanto sul mercato nazionale e il restante 48% si divide tra chi lavora esclusivamente sul mercato Ue (16,1%), sul mercato extra Ue (solo il 5,9%), oppure su entrambi i mercati europei ed extraeuropei (26%). Un altro passaggio della indagine sottolinea come crescano gli organici delle ditte internazionalizzate mentre scendano quelli delle ditte esclusivamente nazionali. Per dire che se non si esce dalle Alpi e dal Mediterraneo non ci sarà possibilità alcuna di crescita. “Servirebbe però – avverte il direttore di Federlazio, Giuseppe Crea – un supporto maggiore da parte delle istituzioni pubbliche che fino ad oggi non c’è stato”. Più pesante la critica del presidente, Giovanni Calisti: “La verità è che siamo stati lasciati soli. Siamo stati abbandonati”. Il numero uno della stessa Federlazio poi lancia un avvertimento: “Siamo preoccupati per le nuove misure del governo sul mercato del lavoro. I posti non si creano per decreto”. In fatto di occupazione, il rapporto precisa ancora che sono state il 29,4% le aziende che nei primi sei mesi dell’anno hanno offerto opportunità di lavoro e che la cassa integrazione ha fatto registrare un nuovo passo indietro (-32,2%). Segnali di vitalità anche per gli investimenti: il 39,8% degli imprenditori dichiara di averne fatti. Poi, ovviamente, servono risorse: sembra che le banche abbiano allentato i cordini delle borse, se è vero che sono diminuiti gli imprenditori che hanno dovuto ricorrere a finanziamenti ma è anche vero che più del doppio di essi, rispetto al recente passato, li ha potuti ottenere. Il futuro? “Nonostante i segnali di miglioramento l’equilibrio economico è ancora precario”, la risposta più gettonata tra gli intervistati.

 

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