Roberta Mazziantonio e quella passione per le coltivazioni alternative

Carolina Trenta

“L’approccio alla biodiversità è l’unico che garantisce una corretta alimentazione e che aiuta a preservare il pianeta”: non è uno slogan, ma l’impegno di vita di Roberta Mazziantonio, emblema di quell’Alta Tuscia che preserva le qualità di un territorio foriero di ricchezza, sia dal punto di vista delle tipicità che del patrimonio artistico – culturale.

Una donna dunque che è una vera e propria perla della Tuscia, capace di declinare la sua passione in un’azienda, “Perle della Tuscia”, che fa delle eccellenze una costante di vita.

L’azienda è collocata a Grotte di Castro ed è specializzata in una produzione il cui principio è proprio quello di difendere la biodiversità. Tutti i prodotti seguono un proprio disciplinare interno molto rigido, che prevede il divieto dell’utilizzo di sostanze chimiche durante la conservazione e premia i piccoli agricoltori locali che effettuano il raccolto e la selezione a mano.

Roberta è una cultrice profonda dei prodotti a chilometro zero con lei  cerchiamo di capire come si fa a mettere il cibo – la biodiversità, le comunità, le filiere  – al centro della propria visione di futuro. Partiamo dai suoi inizi.

Come nasce questo Suo amore per la terra? 

Vivo a Grotte di Castro ma sono nata a Montefiascone, semplicemente perché era l’ospedale più vicino; mio padre infatti è di Grotte e mia madre di Bolsena. Non vengo da una famiglia di agricoltori ma ho sempre respirato l’aria genuina della campagna. Erano vari anni che sperimentavo coltivazioni alternative nel paese in cui vivo, che ha una vocazione prettamente agricola e il turismo enogastronomico è in crescita, ma è stato grazie a due aziende francesi che mi sono appassionata alla patata viola. Questo particolare tipo di tubero non è bello, non è della giusta forma, non si trova facilmente ma mi ha rubato il cuore …

Quando l’idea si trasforma in un’azienda?

Tutto parte da una passione personale, ma non ci ho impiegato molto a capire che se un prodotto è buono, ha degli alti valori nutrizionali ed esteticamente non passa inosservato bisogna sfruttarlo al meglio. All’inizio il progetto coinvolgeva tutta la mia famiglia, poi ho imparato a sbrigare quante più cose possibile da sola. Abbiamo cominciato con delle degustazioni per i clienti, così da stabilire un vero e proprio legame con la persona che vuole portare sulla sua tavola il tuo prodotto.

Avete incontrato delle difficoltà all’inizio?   

 La nostra zona è difficile, la patata viola si tratta di più nel nord Italia; infatti, trovare i terreni adatti non è stato facile, non tutti sprigionano il colore giusto.  La mentalità viterbese rimane sempre legata ai prodotti tradizionali e non sempre a km 0; questo è un peccato, perché quando andiamo alle fiere nazionali di fatto promuoviamo la nostra casa, quello che la Tuscia ha da offrire, ma non tutti lo capiscono …

In quanti siete a lavorare in azienda?

Siamo quasi sempre in quattro, ma nel periodo che va dalla semina in poi si aggiunge qualche persona, soprattutto per la raccolta … c’è sempre bisogno di manodopera.

Quali sono oggi le perle della Tuscia?

La nostra punta di diamante sono le patate viola, è la mia coltivazione preferita nonché la migliore per quanto riguarda le qualità nutrizionali; ci sono poi altre varietà di patate come le cuore rosso e le doppie delizia, che nascono mezze gialle mezza viola. I legumi sono tantissimi e particolari, come il fagiolo solfino (completamente giallo), il fagiolo del Purgatorio, i ceci neri e la lenticchia nera, molto carina nei piatti e velocissima da cucinare.

I vostri legumi sono una tavolozza di colori: giallo, nero, bruno, amaranto, blu, cuore rosso. A cosa si deve?

Dipende dalla varietà e dalla percentuale di polifenoli. Gli antociani determinano poi il colore.

La ricerca e lo studio varietale La impegnano in prima persona. In cosa constano, come si interviene sui tuberi?

Quella sui tuberi alla fine è una semplice produzione, non c’è bisogno di un’irrigazione eccessiva; questa inoltre sarebbe controproducente perché la resa della patata viola è per natura minore di quella tradizionale. Mi piace pensare e ne sono certa che coltivazioni così antiche (“native”, cioè così da sempre) , oltre a produrre una grande biodiversità, salvaguardano il territorio.

Per il fagiolo del Purgatorio avete creato una comunità per la sua promozione e valorizzazione: unite al prodotto la sua narrazione? Il pranzo del Purgatorio di Gradoli accoglieva oltre 2mila persone …

 Sì, anche perché la storia di questo fagiolo è la storia di Gradoli: infatti fin dal 1600, in occasione del mercoledì delle Ceneri, viene organizzato nel Comune del paese il “Pranzo del Purgatorio” il cui piatto forte è il fagiolo. La tradizione si deve alla Fratellanza del Purgatorio, che con questo evento raccoglieva fondi da donare a chi ne aveva più bisogno.

La pandemia ha purtroppo fermato le ultime due edizioni di un evento davvero tanto amato e di grande tradizione

Slow Food, a cui siete allineati, riconosce i vostri sforzi facilitando l’apertura verso mercati più vasti?

 Sì, con la condotta di Slow Food Viterbo e Tuscia siamo riusciti a creare una bella realtà. Adesso dobbiamo disciplinare la produzione così da avere un presidio Slow Food del fagiolo del Purgatorio: questa sarebbe una grande opportunità per aiutare la commercializzazione, infatti il simbolo di Slow Food è conosciuto anche all’estero.

La pandemia ha ridimensionato il settore della ristorazione, sono cresciuti i canali dedicati alla cucina. Voi vi siete adeguati con una vostra linea di vendita online o vi servite di quella della grande distribuzione?

 Da due anni a questa parte le vendite online sono aumentate molto. Non abbiamo un nostro sito per il momento però siamo riusciti ad arrivare sulle tavole di tante persone situate in altre parti d’Italia.

La videoconferenza è stata il vostro filo diretto di questi tempi per valorizzare tutte le idee e le proposte con i produttori, i ristoratori e i consumatori della provincia di Viterbo. Questa modalità cosa vi ha dato e cosa vi ha tolto?

 Poiché la nostra azienda si trova un po’ fuori da tutto (lo spostamento verso Viterbo è di circa un’ora), l’abbiamo trovata  una possibilità molto comoda e quindi continuiamo così ancora adesso.   Tante cose si sono semplificate e abbiamo risparmiato tempo, ma dal vivo si conoscono nuove e belle persone …

Quanto la posizione dell’azienda, in una zona amena con lo sguardo rivolto verso il lago di Bolsena, alimenta e premia la qualità dei prodotti?

Direi al 98%. Questa zona ha la particolarità di avere un microclima eccezionale: in riva al lago i prodotti maturano prima, lo abbiamo sperimentato facendo confronti.

Firmare ricette per grandi aziende di settore quanto la rende orgogliosa?

 Sono molto contenta, significa aver seminato bene. Già solo sapere che chef affermati preparano piatti con i nostri prodotti è una grande soddisfazione.

Oggi la ripartenza avviene in un clima di guerra … come si presenta lo scenario?

 Mi viene da dire solo “speriamo bene”. La pandemia ci ha già dato tanti problemi per la chiusura della ristorazione, poi l’anno scorso ha piovuto pochissimo e la resa è stata al 50%. Non è infatti solo una questione di prezzo, speriamo ci sia abbastanza prodotto per coprire l’intero fabbisogno: per quanto possibile cerchiamo di mantenere i prezzi inalterati ma non so per quanto potremo andare avanti …

A fine febbraio se ne è andato un grande amante della cucina autentica, Fabio Picchi, che diceva: “Voglio mangiare e amare nella consapevolezza che il vivere in semplice e utile allegria, senza spreco e senza avarizia, è stato d’animo necessario per una rivoluzione pacifica e invincibile sull’inutilità dell’odio”.

Una frase mai così necessaria come in questi tempi, ritrovata a pieno nello stile di vita e d’impresa di Roberta Mazziantonio .

www.perledellatuscia.it

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