“Raffinatezza ed eleganza nella moda e nelle acconciature del popolo etrusco” con Francesca Pandimiglio

In occasione della mostra “Il risveglio degli Etruschi” presso il museo archeologico etrusco nazionale della rocca Albornoz di Viterbo, inaugurata lo scorso 18 dicembre 2021 sulla innovativa tecnica fotografica del Fototempismo del maestro fotografo Enzo Trifolelli e curata da Enrico Anselmi, sono stati presentati gli eventi e le conferenze ospitate durante il periodo di permanenza della mostra fino al 30 gennaio 2022.

Il 15 gennaio alle 16,30 si terrà la conferenza di Francesca Pandimiglio dal titolo “Raffinatezza ed eleganza nella moda e nelle acconciature del popolo etrusco”. Un tema particolarmente avvincente e coinvolgente in quanto questo popolo enigmatico, del quale è stato scritto e detto moltissimo, ha ancora aspetti attualissimi e curiosità contemporanee da ricercare e studiare con estrema attenzione.

Vittorio Gradoli e Angelo De Marchi, nel loro libro “La filosofia degli Etruschi – vita e pensiero del popolo più orientale d’Occidente” scrivono che “sia i Romani che i Greci consideravano gli Etruschi come un popolo alieno, e Seneca stesso parla di ‘diversità’ a proposito del loro modo di interpretare i fulmini e la natura in generale, riconducendo tutto a una manifestazione del volere divino, mentre il greco Teopompo evidenzia la cattiva fama delle donne etrusche, libertine e libertarie.

Tuttavia, i frutti di questa loro differenza furono assai apprezzati. Medici, maestri ed ingegneri etruschi erano molto richiesti nell’antica Roma, mentre gli aruspici erano tenuti in grande considerazione e saranno sempre consultati, anche nel periodo imperiale. Questa ‘diversità’ nasce da un modo di pensare che ha poco a che fare col pensiero razionale occidentale, tipico di Greci e Romani”.

Proverbiale era la loro eleganza e i romani erano soliti definire il modo di “vestire all’etrusca” come uno stile esclusivo di indossare un abbigliamento raffinato e sofisticato.

Le pitture funerarie etrusche che ornano le pareti delle tombe di Corneto Tarquinia, Chiusi, Veio, costituiscono un prezioso documento sul modo di vestire di un popolo di cui ci restano ben pochi documenti scritti, ma di estremo valore sono anche le numerose sculture, che sono giunte fino a noi talvolta in uno stato di conservazione sorprendente.

Gli Etruschi si fecero particolarmente notare nell’antichità per la loro produzione di biancheria usata per abiti di varie tipologie. Attraverso i fitti contatti commerciali con la Grecia e la Magna Grecia anche l’influenza sulla moda etrusca, da parte delle tendenze dei greci, fu evidente. Gli abiti etruschi erano talvolta unisex in quanto si adattavano bene sia alle donne che agli uomini. Anche i bambini avevano un loro abbigliamento molto simile a quello degli adulti ed usavano monili preziosi. Gli Etruschi vestivano con comodità, ma anche con un stile molto ricercato e curato.

Uomini e donne amavano arricchire l’acconciatura e gli abiti indossando gioielli di fattura raffinata come diademi, orecchini, anelli, fibule e braccialetti. La gioielleria etrusca era preziosissima e molto elegante.

Infine la cosmesi e le acconciature erano molto curate con i capelli generalmente raccolti in trecce complesse fermate dal spirali, annodati a corona sul capo o raccolti in reticelle o cuffie. Le donne etrusche avevano una grande cura della loro persona: esse facevano grande uso di creme, profumi, unguenti e perfino di pennelli per gli occhi. Nelle tombe venivano seppelliti, insieme ai corpi, i “beauty case” personali chiusi con del mastice. 

Altro prodotto importantissimo era il profumo, gli Etruschi importavano oli, unguenti e fragranze dalla Grecia, le essenza aromatiche più preziose erano il cipro, lo zafferano, la cannella, la mirra, l’aloe, il sandalo, la lavanda, la menta, il bergamotto, la noce moscata e le mandorle; tra quelle più a buon mercato vi erano il pino, la ginestra e il mirto.

La bellezza e l’eleganza hanno consacrato il popolo etrusco alla curiosità misterica e al fascino del mito.

L’ingresso all’evento, alla mostra fotografica e al museo è libero.

Enzo Trifolelli

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