Quirino Galli, una vita lontano dai riflettori, un regista è un po’ come un direttore d’orchestra

di Luciano Costantini

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Il candore dei capelli fa pendant con il maglione che indossa e riflette, di tanto in tanto, il timido raggio di sole che si insinua dalla finestra dello studio di casa. Qui è custodita una parte cospicua dei 5.000 libri, prezioso patrimonio di famiglia. Qui è il regno di Quirino Galli, dove il Professore ha scelto di vivere i suoi Ottanta, lontano da riflettori che non illuminino il mondo squisitamente culturale. Deluso? “Deluso è la parola giusta”, per un attimo reclina lo sguardo quasi a scusarsi. Nato a Roma 84 anni or sono, ma praticamente un’intera vita trascorsa a Viterbo. “Sbagliando”, e suona come una sentenza. Perché? “I perché sono tanti, poi le spiegherò”. Inizia così la lunga conversazione con il Professore: storico del teatro? regista? scrittore? studioso di antropologia? Scelga lei. “Sono laureato in filosofia e mi interesso di tante cose, ho pubblicato diciassette/diciotto libri. L’ultimo, di saggi, è in uscita”.

Lei nasce a Roma…

“Sì, ho undici anni quando arrivo a Viterbo. Nel ’64 ho la possibilità di tornare a Roma, come vincitore di concorso alla scuola elementare. Non lo faccio e probabilmente sbaglio. A Viterbo del resto ho la famiglia. Poi l’insegnamento all’università e, successivamente, il ritorno alla scuola. Trascorrono dieci anni e chiudo pure con la scuola”.

E arriva l’incontro con il teatro viterbese.

“Sì, con il gruppo Le Maschere. Conosco Alberto Corinti che mi invita a prendere appunti. Altro che appunti, ho da sempre un difetto alla vista. Ho potuto recuperare nel ’90, grazie al computer, attraverso il sistema di sintesi vocale”.

Come è arrivato alla regia?

“La regia è cosa complessa. E’ una interpretazione del testo, il regista è un direttore d’orchestra, ma più libero. Nel ’79 metto in scena per il Centro Studi Teatro Medievale la prima tragedia del teatro moderno, su Ezzelino da Romano, datata 1314, recitata in latino, preoccupandomi comunque di restituire la cognizione dello spazio, l’immagine, e tutto ciò che era proprio dell’autore del Trecento. Però devo ancora spiegare come sono diventato regista. Torno necessariamente all’incontro con Corinti: un giorno gli attori dicono: ‘Albe’ tu sei tanto bravo, però come regista è meglio Galli’ e lui, con molta lealtà, accetta che io diventi il regista della compagnia”.

Si è appena concluso all’Unione il festival teatrale proprio nel nome di Alberto Corinti. Che ricordo ha di lui?

“Innanzi tutto l’iniziativa e il cartellone da ritenersi assolutamente interessanti.Il pubblico lo ha recepito. Alberto? Un amico fraterno. Mi chiamava Rinoccolo, diminutivo di Rino. Abbiamo lavorato insieme, spalla a spalla. Rispetto a tutti gli altri è stato quello che mi ha dato sempre grande fiducia. Un esempio: nel ’62 propongo di mettere in scena l’Antologia di Spoon River. Apriti cielo, tutti a dire ‘alla fine, sul palco ci tireranno i finocchi’ Alberto si impunta: si faccia l’Antologia e sarà un notevole successo. A quei tempi ho appena 23 anni”.

Abbiamo detto dell’incontro con Corinti. E quello con la città?

“All’inizio è stato con lo sport. Nonostante il difetto alla vista, ho gareggiato con l’Olimpia Viterbo, ai tempi dei quasi mitici professori Currò e Condurelli. Facevo i cento metri, fino ai sessanta tenevo testa al famoso Jasson, poi avevo paura di sbandare e puntualmente perdevo. Quindi c’è stato il teatro e infine la politica. Appena vinto il concorso alle elementari, mi sollecitano: dai, vieni con noi…”.

Noi, chi?

“I colleghi del partito socialista. Accetto, poi c’è la scissione tra Psi e Psiup. Nel ’65 lascio, un po’ perché non condivido più la linea del Psi e per un motivo contingente. Se vuole, posso raccontarlo…”.

Come no…

“Scrivo un originale televisivo, ora si chiamano fiction, su un testo evangelico con immagini e testi della realtà contemporanea. Ma prima alla Programmazione Rai cominciano a sollevare dei dubbi, poi arriva lo stop definitivo perché a Viterbo non voglio allinearmi alle direttive del partito. Il giorno dopo chiudo la porta e me ne vado”.

Si considera un ribelle?

“No, assolutamente. Che ci sia chi comanda, serve. Bisogna vedere cosa fa”.

Scusi l’insistenza, ma il rapporto con Viterbo qual è?

“Dal 2001 non mi occupo più di politica. Prima sono stato per 6 anni responsabile della Cultura della federazione socialista e in quel periodo elaboro, tra l’altro, un progetto di uso democratico del teatro Unione. Cioè un teatro come lampadina sempre accesa. La cavea destinata alle rappresentazioni, il piano superiore alla musica da camera, l’ultimo a sala di studio”.

E non se n’è fatto nulla, evidentemente.

“Evidentemente, e le dico il perché. Nel ’68 viene allestita, come in questo momento, una rassegna teatrale di gruppi del Lazio. A rassegna finita, il Comune, in testa il sindaco Arena, organizza al terzo piano del teatro una cerimonia con tanto di rinfresco e scambio di complimenti per festeggiare il successo degli spettacoli. Uscendo, sempre io e l’inseparabile Alberto, sentiamo alcuni assessori che dicono: qui potremmo anche ospitare i vigili urbani. Ci sono cadute le braccia”.

Non ci dica che è ancora con le braccia abbandonate lungo i fianchi.

“No, sto preparando un convegno dal titolo ‘L’uomo e l’animale dentro e fuori l’arca’ che si terrà a Canepina l’8, il 9 e 10 settembre”.

Oggi come va con Viterbo?

“Ne sono completamente distaccato”.

Deluso o tradito?

“Francamente, di Viterbo non mi frega più niente. Qui non ho neppure più amici. Un altro esempio, ogni anno organizzo un convegno di antropologi, etnografi, studiosi su tematiche specifiche. Bene, ai primi di aprile ho chiesto un sostegno a palazzo dei Priori anche nella speranza di ritrovare un aggancio con la città. Sto ancora aspettando una risposta. Ma potrei raccontare di altri episodi spiacevoli, di occasioni mancate. Qui non si può fare niente. Sì, sono deluso, soprattutto dai viterbesi. Spesso, troppo spesso, sento dire ‘ma che te frega’, anche se l’espressione è decisamente più volgare”.

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Foto:Un momento in scena in piedi a sx Alberto Corinti, seduto Galli

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foto:riunione conviviale a Villanova Galli e Corinti

 

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Foto Compagnia dei Giovani Festival Alberto Corinti appena concluso

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