“Questa è la mia guerra” il libro di Chiara Mansi, molto di più di un disturbo alimentare

Questa è la mia guerra è un intimo diario autobiografico nel quale Chiara Mansi, ventiduenne di Viterbo, delinea uno spaccato crudo, sincero e realistico del suo malessere. La quarta di copertina tratteggia in poche parole il contenuto del libro – “storia di un adolescente e del suo disturbo alimentare” – ma è molto di più.

Il libro auto pubblicato dalla giovane autrice prendendosi carico di tutte le spese e i progetti per la realizzazione è  in vendita su Amazon è una sorta di viaggio interiore alla ricerca di quel non risolto, iniziato presto, troppo presto all’inizio dell’adolescenza. All’inizio erano pagine, pagine bianche che Chiara ha deciso di riempire.

Ma chi è Chiara? La storia di Chiara l’ha a ben raccontata la scrittrice Annamaria Nuzzo nel settembre 2021.

Questa è la mia guerra.Nel libro l’autrice in modo chiaro e tagliente, descrive l’escalation di un disturbo che, tra pasti saltati e calorie ossessivamente calcolate, stava lentamente divorando la sua vita, segnata da ricoveri e ogni giorno, dalla misura del peso mattutino. Da quel piccolo numero sulla bilancia dipendeva l’intera giornata, l’approvazione o meno dei dottori, il numero di integratori da assumere, il senso di insoddisfazione o la felicità effimera.

È semplice cadere nel tranello di considerare un semplice nesso causale tra il disturbo alimentare e il cibo, ma non è esattamente così, in quanto non si tratta soltanto di un rapporto disfunzionale con il cibo. Di fronte a un comportamento alimentare scorretto, c’è da chiedersi che valore abbia il cibo per quella persona e, nel caso dell’anoressia, che cosa stia rifiutando veramente. Non è bastato un ricovero. Lei voleva continuare per la sua strada, lei doveva andare nella stessa direzione della sua testa, dei suoi pensieri. Doveva mantenere il controllo su tutto, non aveva alternative.

La stessa Chiara specifica:

un disturbo alimentare non riguarda il cibo. Riguarda il desiderio di annullarsi e riuscirci solo attraverso il corpo.

Urlavo le mie sofferenze per far capire al mondo che esistevo, che avevo bisogno di aiuto, che avevo bisogno di protezione.

Simbolicamente, Chiara era una lunga pausa di silenzio in attesa di una parola giusta. Struggente.

Di questa pericolosa quanto frequente patologizzazione della sofferenza, racconta, tra le righe:

Ero quasi affascinata dai copioni che ogni volta riuscivo a proporre. Sono entrata in ricovero nascosta da diagnosi. In un certo periodo della mia vita ero anoressica e bulimica. Borderline e bipolare. Ansiosa e depressa. Mi nascondevo nelle diagnosi.

L’etichetta diagnostica che puntualmente le veniva assegnata – o che lei stessa si conferiva – era diventata un muro dietro cui trincerarsi, una gabbia dentro cui rinchiudersi.

Anche il mio disturbo alimentare non è altro che un’eterna fame d’amore che, razionalmente, non posso continuare a ricercare in cose e persone sbagliate.”.

Parole di una ventiduenne fissate su un libro che val la pena di cercare, per capire per aiutare, perché a 22 anni  è un diritto ritrovare la propria strada.

Quella di Chiara è la storia di una ragazza che per anni ha smesso di mangiare, tra ricoveri, rabbia e speranza, ma portando dentro di sé quella terribile fame di vita. Non vuole parlare di vittorie, non dice «ho vinto io» perché ogni giorno per lei è una battaglia e deve continuare a essere vigile e attenta. Semplicemente vuole ricordare a se stessa di essere ogni giorno più forte, un po’ più di ieri, sempre.

A noi spetta il compito di ascoltare e tendere a Chiara una mano e saper entrare nella sua storia. In punta di piedi.

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