Quando i viterbesi furono ricevuti da Carlo III a St. James palace

di Arnaldo Sassi

Carlo con Meroi e Piacentini
Ebbene sì. Anche a me è capitato di stringere la mano a Carlo III. Sì, proprio lui, il neo re d’Inghilterra. Accadde il 31 ottobre del 1995 – lui era ancora Principe del Galles – quando ricevette una delegazione di viterbesi, capeggiata dall’allora sindaco Marcello Meroi, per la presentazione di un progetto, elaborato dagli studenti della sua Summer school, sulla riqualificazione dell’area di S. Maria in Gradi.
In quella delegazione c’ero anch’io, inviato del Messaggero. Fummo ricevuti a St. James Palace, all’epoca residenza del principe, e l’incontro fu alquanto cordiale. Carlo, per quel che posso ricordare a distanza di così tanti anni, si dimostrò loquace e anche spiritoso. Ma soprattutto cordiale con tutti gli ospiti, fra i quali c’erano anche Enrica Bonaccorti, Simona Marchini e Marta Marzotto, quali rappresentanti dell’Accademia Italiana delle Arti londinese.
Fu quella una delle ultime testimonianze dell’interesse del neo re d’Inghilterra per Viterbo e la Tuscia. E che avrebbe potuto avere uno sbocco ben diverso se quell’iniziativa non fosse stata poi gettata nel cestino proprio qui in Italia.
Ma andiamo con ordine.
LA SCUOLA DI CARLO ARRIVA A BAGNAIA
Tutto cominciò nel 1990, quando al principe fu concesso di poter insediare temporaneamente la sessione estiva della “Summer school in civil architecture” da lui fondata e articolata in tre gruppi: Oxford, Roma e Bagnaia. E proprio a villa Lante i laureati e i laureandi della scuola avrebbero dovuto perfezionare gran parte della loro formazione.
L’allora principe ritornò a trovare i suoi studenti anche il 13 settembre dello stesso anno con la frazione pronta ad accoglierlo con un sentimento di amicizia sempre più crescente dopo che si era fermato a parlare familiarmente con le massaie che lo applaudivano dalla soglia di casa ed aveva poi voluto essere fotografato in gruppo con i figuranti del locale corteo storico.
I suoi studenti si spinsero successivamente durante il corso anche lungo gli stretti vicoli di “Bagnaia di dentro”, studiando ed elaborando le linee architettoniche delle fontane e dei nobili palazzi del borgo. Sedici ragazzi e nove ragazze.  Oltre agli inglesi, c’erano americani, cinesi, polacchi, guatemaltechi, spagnoli e italiani, scelti attraverso una rigidissima selezione.
Ovviamente fu organizzato un ricevimento in suo onore. A fare gli onori di casa fu il prefetto di allora Mario Moscatelli, ma gli invitati furono circa duecento. Tra loro il sottosegretario agli Esteri Claudio Vitalone, Maria Pia Fanfani, la principessa Claudia Ruspoli, Giancarlo Menotti con il figlio, il principe Giovanni del Drago. E poi l’ambasciatore inglese Stephen Egerton, Gianfranco Imperatori e Antonino Maccanico, Bruno Cabras e l’ambasciatore Franco Ferretti. Dopo la cena ci fu anche un fuori programma con studenti e professori: la visita notturna ai maggiori monumenti di Viterbo.
IL PRINCIPE CARLO E SANTA ROSA
In quegli anni Carlo venne più di una volta a Viterbo. In particolare, nel 1993, assistette anche al trasporto della Macchina di Santa Rosa e quell’anno la girata di piazza del Comune fu fatta in suo onore. Tra i tanti, prefetto Moscatelli in testa, incontrò in prefettura anche il Capofacchino dell’epoca, Lorenzo Celestini, che gli regalò un suo libro. Poi un brindisi e una foto ricordo per celebrare quell’evento.
IL PROGETTO PER S. MARIA IN GRADI
Nel 1992 il principe, tornato ancora una volta in Italia, ebbe un incontro all’ambasciata britannica con l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti, al quale manifestò il suo interesse per l’architettura rinascimentale italiana. Andreotti gli suggerì uno studio proprio su villa Lante e, tramite una professoressa americana, fu fatto il nome dell’ingegnere viterbese Lorenzo Piacentini, il quale avrebbe potuto dare una mano.
Il resto della storia lo racconta lui stesso: “Presi subito contatto con la Summer School (il cui nome completo era “Prince of Wales Institute of Architecture”) e in particolare con l’architetto Lyon Kryer. Cominciammo subito a collaborare e il primo studio fu fatto sulla valle di Faul. Il secondo anno ci concentrammo sui magazzini generali e il terzo puntammo la nostra lente su Santa Maria in Gradi, che da poco tempo era passata all’università della Tuscia”.
Piacentini prosegue: “Fu proprio quest’ultimo studio a decollare in breve tempo, tanto è vero che si produsse un vero e proprio progetto che comprendeva anche la dismissione delle aree di competenza delle Ferrovia dello Stato. In quel progetto si riqualificava un’area importante che poteva essere utilizzata per scopi universitari, ma che sarebbe stata utile anche alla città”.
Piacentini prosegue: “Il progetto fu presentato pubblicamente in Comune. C’erano tutti: enti pubblici, banche, imprenditoria, Ferrovie dello Stato. E tutti dissero un convinto sì. Al che, con la preziosa collaborazione di Roberto Pepponi e della sua Union Printing, fu confezionato un libro che riportava fedelmente tutti i particolari del progetto. Il passo successivo fu quello di presentare libro e progetto al principe Carlo e qui fu prezioso l’intervento di Rosa Maria Letts, direttrice della Summer School italiana. Così, nell’autunno del 1995, una folta delegazione viterbese si ritrovò a St. James Palace, ricevuta dal futuro re Carlo III”.
LA MISSIONE VITERBESE A ST. JAMES PALACE
Era il 31 ottobre quando la delegazione viterbese partì per Londra, capeggiata dall’allora sindaco Marcello Meroi, per essere ricevuta dal principe Carlo onde potergli illustrare, complice il libro edito dalla Union Printing, il progetto di riqualificazione di Santa Maria in Gradi. Di quel drappello, oltre al primo cittadino viterbese, facevano parte i due ideatori dell’iniziativa, vale a dire Lorenzo Piacentini e Roberto Pepponi, il professor Adolfo Gusman per l’università della Tuscia, Silvio Ascenzi per la Camera di commercio, Goffredo Ricci per l’Associazione Industriali, nonché gli assessori Giulio Marini e Maurizio Tofani. E il sottoscritto, quale unico rappresentante della stampa viterbese.
L’incontro fu cordiale, ma anche costruttivo. Il principe Carlo, appassionato di architettura rinascimentale, si mostrò molto interessato all’iniziativa, tanto da far dire al sindaco Meroi che “oggi sono stati messi alcuni punti fermi nella fase propositiva del progetto, che adesso andrà sviluppato con l’aiuto di tutti. Ritengo che questa occasione – concluse – sia di quelle che non si possono gettare alle ortiche. Tenendo presente che il nome del principe Carlo può rappresentare per la città un lancio pubblicitario ineguagliabile”.
LA FINE INGLORIOSA DEL SOGNO
“Tornati da Londra – conclude Piacentini – si pensò di andare avanti, ma ci furono dei rallentamenti. L’idea però era quella di portare l’opera a compimento: avrebbe avuto sicuramente un grande effetto di immagine per la città, soprattutto perché legata al principe Carlo. Ma nel frattempo cambiò sindaco. A Meroi succedette Giancarlo Gabbianelli. Io ci andai a parlare, illustrandogli il progetto e sottolineandone la sua importanza, ma la risposta fu secca: ‘Io non faccio ciò che hanno fatto i miei predecessori’. E questa fu l’ingloriosa fine di un sogno”.
Carlo a villa Lante

 

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