Passata la festa… Ritorna Santa Rosa

di don Gianni Carparelli

santuario monastero santa rosa_ Ph. Renzo Antonelli

Una festa bellissima, ben organizzata, che ha tenuto con il fiato sospeso gli organizzatori e le autorità civili e religiose. Complimenti e… “Ad maiora et meliora”. Ma io adesso voglio vedere dentro la corteccia meravigliosa e dialogare con il contenuto. Carissima Rosina, dove sei? Nel calendario in attesa del prossimo settembre? Nelle carte e i documenti del Dicastero delle cause dei Santi in attesa di soddisfare le ricerche storiche di Giovanni Faperdue? Nella tua tomba dove riposi da secoli? Nel nome dato all’Ospedale di Viterbo?… Mi manca qualcosa. E ritorno a quel giorno lontano quando uscivi da casa con il grembiule pieno di beni per andare a visitare i poveri e chi viveva per strada. Mi piacerebbe incontrarti ancora in mezzo alla gente semplice che non può fare nulla per te. E tu, giorni fa prima delle sfilate, mi hai detto che vorresti poterlo fare, ma che hai bisogno di chi ti conduca per mano con le proprie mani e la propria vita. Qui permettetemi la mia visione che neppure io riesco a mettere in pratica. Prendetela come meditazione da meditare insieme e di non aspettare sempre il mese di settembre per ricordarcelo. Ormai sono secoli che festeggiamo la nostra giovane “Santa”, ma ho la sensazione, forse sbagliata, che nel nostro animo e poi nella nostra vita non troppo sia cambiato. Rosina che esce di casa per camminare nelle strade è metafora di quello che le istituzioni e, direi, soprattutto la Chiesa che ti offre alla venerazione come esempio, dovremmo sentire e fare. Basta con il santificare i luoghi dei banchi o le case del culto e delle istituzioni.  Le persone che vivono nel disagio hanno cambiato volto e stile dal periodo di Rosina, ma ce ne sono e come! Anche a Viterbo non ne mancano. E spesso è difficile dialogare con loro. Ma ci pensiamo almeno, insieme? Oppure è sempre “… dopo Santa Rosa”? Se potessi mi rivolgerei soprattutto a chi ha la missione di tenere alto il messaggio spirituale delle persone che veneriamo. E, ripeto, non per risolvere i problemi, magari lo potessimo, ma almeno per rinverdire la coscienza e non rimandare a un’altra processione per le strade. Mi sembra che ci spostiamo da una cerimonia a un’altra e non riusciamo a entrare nella storia per portarla avanti non con le date, ma con il cammino di una vita che apre gli occhi e offre una mano: un saluto gentile, una visita cortese, una attenzione alla dignità della città, un ascolto attento, una telefonata di affetto, una accoglienza organizzata, una pazienza per chi deve adattarsi senza annullarsi, uno stare vicino a chi sta perdendo il senso del reale, una carezza a chi sta ritornando bambino, una semplicità che non offenda chi è obbligato a vivere nella semplicità e povertà… quante sfumature di fede, carità, civiltà vera possiamo inventare. E si può fare anche di più. Ma dobbiamo metterci il cuore, sentirlo vibrare dentro di noi e non solo pensarlo. Tanto meno “pregarlo”, perché la vera preghiera non è nelle orazioni, ma in una vita che diventa preghiera. Come quella di Rosina. Usciva di casa e dava una mano, la prima e vera processione, quella della macchina della sua vita. Usciamo dalle forme ed entriamo nella storia. Santa Rosina, dacci una mano. Scuotici. Svegliaci. Aiutaci a diventare la tua presenza, non solo il tuo ricordo in una festa, bellissima, a settembre.

 

Santuario Monastero di Santa Rosa, ph Renzo Antonelli

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