Metropoliz: città meticcia, narrata dall’antropologo Giorgio de Finis

Metropoliz

Metropoliz è una città nella città. Metropoliz è un po’ come Viterbo: tra le sue mure accoglie l’arte. Ne ha parlato mercoledì 12 novembre  al Circolo “La” di Viterbo l’antropologo Giorgio de Finis 

Per raggiungere Metropoliz, a Roma, si deve percorrere la Prenestina e giungere nel quartiere di Tor Sapienza; ma arrivati al civico 913, non è detto che si trovino le porte della “città” aperte. Tor Sapienza è proprio il quartiere dove  l’11 Novembre, un gruppo di cittadini si è armato con bombe da stadio per cacciare gli immigrati. Metropoliz è un ex fabbrica, dove convivono circa 200 persone, tra immigrati e senza tetto,che l hanno occupata, per trasformarla in propia residenza.

Quando Giorgio de Finis entra per la prima volta in questa “città meticcia”, era il 2009; lui ritornava da Mumbai, grande capitale economica dell India, e l’ex fabbrica della Fiorucci era stata da poco sottratta alla speculazione immobiliare degli attvisti del BPM, per dar dimora a chi il sistema non aiuta a sopravvivere. Quando vi ritorna, è il 2011, assieme a Fabrizio Boni, con un progetto; un film-documentario: Space Metropoliz“. Nel film un giorno i metropoliziani, decidono di abbandonare le mura della città che li contiene, e di sfuggire dal pianeta Terra, per raggiungere la Luna, con un razzo. Si, perchè la Luna è l unico posto dove ancora non esiste la proprietà privata e dove non è ammesso l uso delle armi.

Al di là del film, nella vita reale a Metropoliz è stata realmente portata la Luna sulla Terra; il tutto è stato possibile grazie all’ARTE. Pittori, filosofi, scrittori, scultori, hanno contribuito ad abbellire questa città meticcia, con le loro opere, senza che nessuno li pagasse, ma solo con la speranza di dare serenità e una degna dimora a chi un tetto non lo possiede. Il primo a lasciare la sua testimonianza, è stato Gian Maria Tosatti, che assieme agli abitanti di Metropoliz ha realizzato quello che ora è diventato il simbolo della “città etica”: un telescopio, fatto con barili di petrolio e posato in cima alla torre di Metropoliz. Poi Lucamaleonte con i grandi dipinti sui muri. Michele Welke, che ha dipinto l ascensore dell ex fabbrica d’ oro, per simboleggiare che l’ elevazione di ciascuno di noi nel nostro sistema è affidata al denaro, e che solo l’ artista, come Re Mida può trasformare tutto ciò che tocca in oro.

Chi occupa questa ex fabbrica porta avanti una lotta  contro il sistema che li recrimina; c’è chi di Metropoliz ha fatto una casa, sfuggendo alle spinte  centrifughe di una città che li mette ai margini negando loro lavoro, casa, cibo e felicità. De Finis, infatti, sembra collaborare ad un’azione illegale, ma lo fa perchè risolvere le problematiche sociali e aiutare chi non ha mezzi, è uno dei compiti a cui dovrebbe assolvere lo Stato in realtà, come specificamente sancito anche nella nostra Costituzione. Si parla di Uguaglianza sostanziale. Lui ha così portato lo scempio in vetrina.

Metropoliz oggi, ospita anche il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove, dove per Altro si intende la diversità che ci caratterizza l’uno dall’ altro, e per Altrove, la Luna. All ingresso del museo, viene chiesto un piccolo contributo, che va direttamente alle famiglie, per dar loro sostentamento. Inoltre, non sempre lo si trova aperto; solo il sabato e per poter vedere alcune delle opere che vi sono esposte, si deve bussare  alle porte delle famiglie, perchè c’è chi con esse ha abbellito le mura delle proprie dimore.

Metropoliz è stato iscritto al Premio Terra ed è arrivato tra i primi 30 vincitori.

<<Torno.. e una sera il mondo è nuovo,

una sera in cui non accade nulla

e guardo in fondo all azzurro le case del Prenestino-

le guardo, non me ne accorgo, e invece

quest’immagine di case popolari

dentro l azzurro della sera, deve

restarmi come un immagine del mondo-

case qui piccole, muffite, di crosta bianca,

là alte, quasi palazzi, isole color terra,

galleggianti nel fumo che le fa stupende,

sopra vuoti di strade infossate, non finite,

nel fango, sterri abbandonati, e resti

d’orti con le loro siepi – tutto tacendo

come per notturna pace, nel giorno.  E gli uomini

che vivono in quest’ora al Prenestino

sono affogati anch’essi in quelle strie

sognanti di celeste con sognanti lumi

– quasi in un crepuscolo che mai

si debba fare notte – quasi consci,

in attesa di un tram, alle finestre,

che Fora vera dell’uomo è l’agonia –

e lieti, quasi, di ciò, coi loro piccoli,

i loro guai, la loro eterna sera –

ah, grazia esistenziale degli uomini,

vita che si svolge, solo, come vera,

in un paesaggio dove ogni corpo è solo

una realtà lontana, un povero innocente…>>

Pier Paolo Pasolini

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