Mattia Marcucci, la forza dei percorsi e la web serie del regista, attore e autore

Di Giulia Benedetti

Per addentrarci nella sua storia dobbiamo premettere che Mattia Marcucci ha un un entusiasmo contagioso e le idee chiarissime. Classe 1990, attore, regista e autore, si diploma all’ACT Multimedia di Roma; ha lavorato con Alvaro Piccardi, Luca Ward, Gianmarco Tognazzi, Murray Abraham, Stefano Massina. Dal 2015 è co – fondatore del gruppo Trame. Nel 2017, firma la regia de “La Festa Triste – GAME SERIES”, di cui è anche co – autore e co – ideatore. Tanta roba che lui semplifica così:
“Io, con la mia famiglia, sono sempre stato impegnato in attività “ricreative”. Inizialmente è stato mio padre a influenzarmi, grazie alla sua passione per i villaggi turistici e all’apertura delle sue discoteche (Vitty, Theatrò e Subway). Appena finito il liceo, sono andato a Cinecittà, ho studiato recitazione e da quel momento mi sono sempre più appassionato al mondo del teatro e del cinema. Nasco come attore, ma man mano che recitavo per progetti di altri m’interessavo sempre di più a quello che succedeva dietro la macchina da presa o le quinte.

Sapere di poter essere poliedrici. Avere le idee chiare anche sul fatto di poterle cambiare.
Scegliere la fluidità come forza. Sono gli indicatori del suo talento congiunto alla capacità dei percorsi condivisi.

‘Viterbium – La caccia al tesoro” la web serie di cui è regista e coautore:
Un gruppo di ricercatori, una pergamena e un misterioso tesoro nascosto sono i tre ingredienti che la caratterizzano”, tra un video e l’altro, porta lo spettatore alla scoperta della Tuscia e delle sue bellezze in maniera innovativa ed appassionante. Sebbene sia stata pubblicata solo la puntata pilota, la serie ha recentemente riscontrato molto successo nelle varie competizioni nazionali ed internazionali, vincendo al Digital Media Fest e aggiudicandosi il Panalight Award 2020 come miglior webseries italiana.

Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Mattia Marcucci, regista, attore e autore. Un giovane professionista viterbese appena trentenne già noto per le sue precedenti opere come la game series “La Festa Triste”, o la pièce teatrale “L’Opera del fantasma”, realizzate insieme all’associazione Trame, di cui è co-fondatore. Ad incuriosirci, oltre all’ambientazione viterbese, è lo spazio lasciato agli spettatori nell’indicare la strada da intraprendere, quel mix perfetto tra narrazione e gioco che la serie sembra promettere ai suoi spettatori. Proviamo a chiedergli qualcosa di più.

In un momento in cui la Tuscia, come altre zone di Italia, si tinge di arancione e giallo, può essere il momento per raccontare una storia che ha per protagonista una città?
Sicuramente. Secondo me, è sempre un buon momento per raccontare una città. Lo storytelling americano insegna: sogniamo le loro città perché le sanno raccontare bene. Purtroppo con “Viterbium” non siamo ancora pronti per uscire, anche se potrebbe essere un buon modo per intrattenere e far svagare. In un momento in cui si limitano le uscite e i contatti col mondo esterno, una storia può tenere compagnia.

Come mai avete scelto lo strumento della web series?

Noi di Trame lo abbiamo scelto e usato come strumento da tanto tempo: la nostra prima webseries risale al 2011, agli albori di un mondo seriale del web che si è espanso in maniera incredibile, basti pensare a Netflix, Amazon Prime, ecc… Le webseries donano l’opportunità di innovare e di agire con estrema libertà creativa: è l’esempio della nostra serie “La Festa Triste”, game series dove lo spettatore poteva interagire e scegliere come proseguire la storia. “Viterbium” è un’evoluzione di questo prodotto, perché oltre ad essere interattiva, mixa diversi generi: fiction, documentario, pubblicitario, ecc… La multimedialità è uno dei vantaggi del web.

Il premio Panalight Award, assegnato a distanza lo scorso dicembre, che significato a oggi?

È sempre piacevole ricevere un premio, anche se non ci si abitua mai, anche perché nel mondo artistico devi sempre confermarti: magari una cosa può funzionare, e quella dopo no. In più abbiamo un rapporto veramente speciale con il Digital Media Fest, che ha premiato “La Festa Triste” (come miglior regia) e ci ha dato la possibilità di avere 5000 euro in attrezzatura. Senza di quelli non avremmo girato il nostro ultimo corto “Come i dannati pesci rossi”, che proporremo ai prossimi festival. Oltre a dare prestigio morale, questi premi permettono alle piccole produzioni di creare nuovi contenuti, supportandoli ed aiutandoli a creare qualcosa di bello. Proprio come è successo a noi.

Un progetto realizzato da un bel team, da una squadra. Ma come è nato l’intento di promuovere la Tuscia?
Un po’ perché ci sono nato, e troppo spesso ho sentito dire “Viterbo è bellissima, ma non è valorizzata”. Oltre a ciò, si aggiunge la voglia di valorizzare anche i professionisti viterbesi: molti dei membri della troupe lo erano. Sostanzialmente, abbiamo cercato di attivare un movimento artistico, agendo nel concreto, senza dire “lo possono fare gli altri”.
L’idea è nata grazie all’Università della Tuscia: eravamo andati a tenere una lezione su “La Festa Triste” e il prof. Giacomo Nencioni ci chiese se era possibile applicare il sistema di gamification alla promozione del territorio. Da lì si è accesa la lampadina, e tutti insieme ci siamo imbarcati in questo progetto, girando la puntata pilota e dando al via alla campagna di crowfunding. Dopo i riscontri positivi, quest’estate abbiamo girato la parte restante.
La Tuscia ci ha dato molto, in un certo senso ha contribuito anche al successo riscontrato nei vari festival nazionali ed internazionali: abbiamo voluto restituirle il favore, provando a fare qualcosa di utile per la nostra terra.
Un po’ l’intento che anima la nuova associazione con cui collaboro, Universo Creativo: un gruppo che lavora costantemente per la promozione territoriale, che vuole dimostrare che è possibile fare qualcosa di utile.

Pensate di dare seguito ad una seconda serie?

Deve ancora uscire la prima serie, che pubblicheremo forse il prossimo anno. È un lavoro un po’ lungo: sono almeno 14 puntate da 5-10 minuti di fiction, uniti a 14 documentari, 14 quiz e 14 pubblicità, realizzate da diversi registi, oltre a me. L’abbiamo girato quasi tutto, manca solo la parte documentaristica. Tutti questi contenuti messi insieme, quando verranno pubblicati online formeranno una sorta di grande film interattivo. Guardando ai fondi che avevamo, che erano molti di meno rispetto al budget che avevamo previsto, realizzare tutto ciò è stato miracoloso, anche perché siamo stati rallentati molto dalla quarantena. L’effetto finale non è esattamente come la puntata pilota, ma ha sicuramente un tono molto più sperimentale, a cui abbiamo aggiunto la formula del mocumentary (una sorta di finto documentario).

Un indizio alla fine ce lo può dare? A quale tesoro potrebbe portare l’amuleto?
Il tesoro… purtroppo non lo posso dire perché sarebbe uno spoiler gigantesco, posso dire però che quello che succederà nella serie sarà assolutamente imprevedibile. Un piccolo aneddoto: uno degli attori ha capito il nesso di ciò che stava facendo solo dopo 10 giorni di ciak (una cosa simile è successa a Di Caprio quando girava Inception). Sicuramente sarà piena di colpi di scena.

Alla fine di questo incontro un concetto trapela chiaro, per produrre idee si deve camminare insieme, nel caso di Mattia,con una manciata di amici appassionati ha sviluppato una idea che avvince facendoti divertire e pensare. Poi c’è l’innovazione, che non è una bacchetta magica, ma una visione del mondo, che dice che se ci provi se ti impegni se ci credi puoi davvero cambiare le cose, oggi come non mai prima, e renderle migliori. Questo è Mattia Marcucci. Un viterbese doc.

Mattia intervistato dalla giornalista Dania Mondini
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