Matteo Piacenti, la fotografia espressione di libertà, lo scatto è sul futuro

Sara Grassotti

“Per me la cosa più bella è svegliarmi, uscire e andare in giro a guardare. Guardare tutto. Senza che nessuno stia lì a dirmi: devi guardare questo o quello”.

In fondo, ha solo diciassette anni Matteo Piacenti, per lui fotografia è poesia è saper fotografare con gli occhi prima di un clic.
L’energia che si trascina è data dalla sua giovane età che lo porta ad ammettere candidamente di avere una grande voglia di essere “qualcuno”, nell’accezione positiva del termine. I suoi scatti, mai banali, sono sempre alla ricerca della “singolarità”, colta in quel particolare, fluito non dalla posa ma ripresa nell’attimo che rende unico il soggetto, che ne denota la differenza e ne fissa un momento di vita.
Lo intercettiamo nella fase conclusiva della sua mostra a Londra, in The Crypt Gallery, The great Italian art in London, curata da Vittorio Sgarbi, una collettiva con artisti storicizzati quali Renato Gattuso, Eugenio Carmi, Marco Lodola, Mario Shifano, Fausto pirandello, Gino de Dominici e altri ancora. Un’importante vetrina.
Nonostante la giovane età, i suoi lavori mostrano una notevole sensibilità espressiva e creativa. Matteo utilizza il mezzo fotografico per rappresentare storie intime, segnate da contrasti decisi, strutturando l’immagine finale in una maniera formalmente corretta ed equilibrata. Ha ancora un lungo cammino da fare e lo farà con la passione che è tipica dei ragazzi, ma anche con la consapevolezza di essere già molto avanti nel suo percorso personale, perché il suo talento è emerso con una sfrontata carica di energia e genuinità che ci facciamo raccontare.

Ci parli un po’ di lei, i primi tredici anni e poi ….

Sin da bambino ho sempre avuto un problema, se vogliamo chiamarlo così, quello di avere costantemente bisogno di creare qualcosa, fino a quando ho scoperto l’arte, sperimentando la pittura e la scultura.
Sempre molto cuorioso fin da sperimentare un nuovo lato, infatti all’età di soli 10 anni, entro a far parte come “mascotte” di un service tecnico, principalmente nel settore luci, sono proprio quelle che credo hanno affascinato il mio modo di guardare e osservare il mondo, fino ad arrivare alla fotografia, con lo “scrivere con la luce”. Ora frequento il liceo Artistico, con indirizzo di Architettura.

Cos’è per lei la fotografia? 

Per me la fotografia consiste nel riconoscimento immediato del significato di un evento e di una precisa organizzazione di forme che danno all’evento la sua migliore espressione.
Credo che, per il fatto di vivere, la scoperta di noi stessi avvenga contemporaneamente alla scoperta del mondo intorno a noi, che può modellarci, ma può essere anche da noi influenzato. ‘Fra questi due mondi, quello che è dentro di noi e quello che ci circonda, bisogna stabilire un equilibrio. In conseguenza di un processo di costante interazione, i due mondi si fondono in uno solo. Ed è questo mondo che dobbiamo riuscire a esprimere’. La citazione è di Henri Cartier-Bresson.

Tutto iniziò quattro anni fa, postando semplicemente foto sui social, ho notato fin da subito le persone interessate alla mia arte. Da lì, nacque tutto questo.

Quali sono state le sue esperienze lavorative più belle?

Non posso dimenticare il 22 aprile del 2017, un’esperienza unica, quella di aver fotografato la Fanfara dei Bersaglieri di Viterbo nella città terremotata di Amatrice. Ho avuto modo di parlare, dialogare con persone che hanno lavorato, lottato per tutta la vita e ad un certo punto si sono trovati senza nulla. È stata un’esperienza che mi ha dato tanto: poco fotograficamente parlando, ma molto dal punto di vista emotivo.

Il suo legame con Nepi?

Un legame molto importante per la città di Nepi, è stata e tutt’ora è il mio punto di formazione, grazie agli artisti locali e per la storia e le architetture presenti del passato.

Pensa di di indirizzarsi verso la fotografia di reportage?

Io spero di riuscire a comunicare una storia attraverso una fotografia. Il reportage ti fa entrare più in profondità nella storia, ma una storia viene raccontata anche tramite un singolo scatto. Ogni fotografia, inoltre, comunica differenti aspetti di una storia, e se messe insieme diventano complementari.

Con lo scatto fisso sul mondo Nepi rimane sempre il luogo del ritorno?

Nepi sarà il mio punto di riferimento, il porto sicuro che mi ha visto crescere. Nonostante ciò, cercherò di viaggiare nel mondo per esplorare nuove culture, nuovi territori.

Prima di concludere da Matteo un’anticipazione e un invito…

A breve, ci sarà una mostra personale, con alcune opere in grande formato, nella antica città di Sutri. Saranno presenti all’inaugurazione anche alcuni personaggi importanti nel mondo dell’arte. Vi aspetto!

 

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