Massimo Panetti, le sue montature in legno d’olivo guardano il mondo

Luciano Costantini

In principio fu l’ulivo. Poi il palissandro, poi l’ebano. Domani sarà la sequoia. La materia prima è sempre il legno. Il demiurgo sempre lo stesso: Massimo Panetti da Canino. Una lunga ascendenza di falegnami: mani callose, esistenza grama, ma sempre dignitosa. Massimo ostenta un legittimo orgoglio quando mostra i ferri del mestiere dei nonni che costruivano con artigiana semplicità seggiole, madie, tavoli, armadi, comodini. Il reperto pregiato della famiglia è una grossa pialla. “Era utilizzata – spiega – per squadrare i rami degli alberi che venivano abbattuti”. Altri tempi. Quarantasei anni, ottimamente portati, anche se lui si sente tanto il Geppetto di Pinocchio che riesce a dar vita a un inerte pezzo di legno. Sarà un caso, un scherzo del destino, ma molti esterni televisivi della famosa fiaba di Collodi, regia di Luigi Comencini, furono girati nel ’72 a Farnese, un tiro di schioppo da Canino. Magia del territorio. Massimo/Geppetto, quasi mezzo secolo più tardi, è riuscito in un miracolo meno fiabesco, assolutamente reale: quello di immaginare prima, realizzare e vendere poi montature in legno per occhiali. Il nostro, quando parla della propria creatura, evapora entusiasmo: “Non riesco ancora a dare un significato compiuto al momento che sto vivendo”. Ma tradisce pure nervosismo. Gira e rigira tra le mani un paio di occhiali: “Dagli Stati Uniti me ne hanno ordinati migliaia. Non so proprio come rispettare l’impegno…non so se ce la farò”. Eh sì perché la “Massimo Eyewear” (marchio di fabbrica disegnato in Russia) ha sottoscritto con Maui Jim di Walter Hester, colosso statunitense del settore con 45.000 punti vendita in tutto il mondo, la fornitura di ben quindicimila pezzi entro la fine dell’anno. “Non so come arrivarci”, ripete come per esorcizzare la scadenza. Nel capannone, diventato una fabbrica e situato lungo la statale Castrense, lavorano una decina di persone, piegate quotidianamente sotto le lampade dei banconi, per estrarre dal legno cornici e stanghette (tutte rigorosamente marchiate made in Italy) che poi, negli Usa, saranno fornite di lenti. Da vista o da sole. “Io sono in fibrillazione, ma gli americani sono impazziti>, aggiunge Massimo. Che racconta come è nata la joint venture canino-statunitense: “L’incontro è avvenuto mesi fa allorché un noto commerciante bellunese del settore che conoscevo mi presentò alcuni uomini della Maui Jim. Apprezzarono così tanto le montature in legno che me ne ordinarono uno stock: palissandro, canino, ebano. Per il futuro me ne hanno chieste anche di sequoia. Al tempo….intanto devo provvedere ai quindicimila pezzi già ordinati. Ho anche acquistato due macchine per accelerare i tempi, speriamo di farcela”. Trapela, legittima, una certa ansia da prestazione. E c’è da capire. Eppure Massimo ha, almeno per grandi linee, idee chiare sul futuro: “Vorrei costruire una fabbrica vera con un sito adeguato e un prodotto che valorizzi le peculiarità del territorio, la fantasia di chi vi risiede e vi lavora. Il nostro olio è un vanto acclarato, mi piacerebbe schierare un altro campione”. Intanto pensa ad una chicca, un pezzo di lusso nella gamma della produzione prossima ventura: “Occhiali in radica di legno d’ulivo locale, un’autentica sciccheria. Scommetto che gli americani, soprattutto, sapranno apprezzare”. Scommessa vinta, c’è da giurarlo. “E poi ho un’altra idea…”. Ce la sussurra in confidenza, con l’impegno a non rivelarla. Sarà per un’altra volta. E poi Massimo ora deve soprattutto concentrarsi sui quindicimila occhiali da spedire oltre oceano.

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