Quel che rimane di un tiepido sole illumina le imponenti mura del castello Orsini che da lassù sembrano rapire l’ultima luce del tramonto. Un nido d’aquila, tra gli avamposti della valle del Tevere e il cielo. Celleno vecchia, il “Borgo Fantasma”, appellativo inventato dal sindaco Marco Bianchi. Sinonimo che di Celleno ha fatto la fortuna mediatica ampliandone la conoscenza in tutto il mondo. Prova ne sia la presenza di alcuni stranieri riuniti attorno a un tavolo a omaggiare calici di vino locale. Piazza San Rocco, pochi metri di distanza da dove si svolge la chiacchierata con l’architetto Massimo Fordini Sonni, già presidente e oggi uno degli animatori dell’associazione culturale Abc. “In effetti, c’è una discreta richiesta di immobili. Evidentemente all’estero stanno scoprendo questi luoghi di significativa bellezza, rispetto magari a quelli più inflazionati e costosi della Toscana e dell’Umbria. Una opportunità, una ricchezza per tutta la nostra comunità, anche se ce n’è voluto del tempo”.
Come mai?
“Perché fino a pochissimi anni fa qualsiasi intervento su Celleno vecchia veniva vissuto dagli abitanti come una sottrazione di fondi a Celleno nuova. E poi la damnatio memoria su questo posto. Appena trenta anni or sono c’era chi si sentiva in dovere di dire che Celleno vecchia doveva essere abbandonata”.
Mentre adesso…
“Mentre adesso, parlo del periodo post Covid, Celleno vecchia ha avuto il più grande incremento annuo di turisti. Circa centomila all’anno per 1.300 abitanti. Non c’è altro centro della Tuscia che possa vantare questi numeri, grazie anche al fatto che nell’ultimo decennio sono stati realizzati interventi che l’hanno resa fruibile e singolare. Quasi una Pompei medievale, rispetto a un passato assolutamente degradato”.
Lei è uno dei soci fondatori dell’associazione culturale Abc.
“Diciamo che è nata da una mia idea. Nel ’95-’96. Con l’obiettivo specifico del salvataggio e recupero centro storico”.
Obiettivo raggiunto?
“In gran parte sì, bisogna capire da dove siamo partiti. Negli anni Settanta il paese era un cumulo di macerie, erba ovunque, dentro e fuori le mura, chiesa scoperchiata, archivio Castellani completamente svuotato. Situazione migliorata a partire dalla metà degli anni Novanta. Un lavoro a metà? Direi che Celleno vecchia è un pozzo senza fine. Del resto i fondi pubblici non ci sono e quelli privati non è facile trovarli”.
Alla fine si riuscirà a tornare all’antico splendore, diciamo così?
“Dobbiamo pensarla come lo storico dell’arte, Cesare Brandi, quando dice che si restaura solo la materia dell’opera d’arte. Qui non c’è più nulla, al massimo si può ricostruire”.
Quando muore Celleno?
“Ufficialmente alla vigilia del giorno di Natale del ’51 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Dpr del presidente della Repubblica Einaudi che ne sancisce la fine e il trasferimento coatto della popolazione da qui al nuovo paese. Era un trasferimento iniziato in realtà una quindicina di anni prima. Nel 1999 finalmente la Regione Lazio ha revocato il decreto ed erogato fondi per avviare il consolidamento”.
Senta architetto, la vicinanza di Civita di Bagnoregio per Celleno rappresenta più un’opportunità o un tappo?
“Sono due realtà diverse. Civita può contare su gruppi organizzati di stranieri che qui non esistono. Quella di Civita anzi è una presenza che è complementare, lì le aspettative sono molto alte, qui no. Noi, per esempio, non facciamo pagare neppure un biglietto di ingresso”.
E gli altri paesi della Teverina?
“Ci sono istituzioni intercomunali che lavorano solo parzialmente. Voglio dire che la rete tra gli otto comuni non funziona anche se ci sono collaborazioni interessanti. C’è stata qualche esperienza positiva e molte negative. E poi mancano gli strumenti. Venticinque anni fa è fallita miseramente l’idea di unione dei Comuni perché nessuno di essi ha voluto mollare un po’ di autonomia del proprio territorio”.
Quanto pesa per Celleno la figura di Enrico Castellani?
“Una persona molto chiusa, riservata, di grande spessore culturale, certo non lo trovavi al bar. Averlo o non averlo fa una certa differenza, ma non lo scopro io”.
Celleno ospita tre case di riposo. Ma il futuro può essere soltanto in questo settore che fa assistenza agli anziani?
“Non ho mai creduto a chi dice, possiamo campare di turismo perché non è vero, anche se può essere un asset importante. Le case di riposo sono importanti dal punto di vista occupazionale, ma Celleno conta anche per la sagra delle ciliegie, per il suo borgo fantasma, per la sua bellezza”.
Un suo sogno.
“Mi piacerebbe vedere alcuni progetti finiti a Celleno vecchia, anche se i fondi propri non ci sono. Del resto nessun Comune ce l’ha. Va già bene quando il due per cento delle risorse puoi destinarlo a qualcosa. Il resto è stipendi, bollette, pura sopravvivenza”.
























