Maria Teresa Muratore: Ma perché questa idiozia della guerra?

La guerra era sui libri di storia, anzi a ben pensarci la guerra era il libro di storia, pagine e pagine di sanguinose lotte per la conquista di altrui terre, per la supremazia di un popolo su un altro, o meglio di una popolazione sull’altra, si inizia a studiare la meraviglia della civiltà egiziana e subito  dopo la campagna militare del faraone in Siria, la Mesopotamia e i Sumeri, gli Ateniesi…gli Spartani…i Volsci…gli Etruschi…i Romani…e poi l’impero, l’impero e il papato, gli schiavi, le crociate, la colonizzazione, la guerra di secessione, guerre che durano trenta anni, guerre dal nome romantico delle due rose ma altrettanto cruente…ogni tanto tra una guerra e l’altra tregue di pace dove gli umani respirano e la loro intelligenza si avvicina al modello divino, allora fiorisce la civiltà, le arti toccano punte sublimi, la scienza fa scoperte incredibili, la leggerezza è nell’aria con la possibilità di assaporare la vita. Senza morti cruente, senza persecuzioni, senza sangue inutilmente versato, senza crudeltà, senza prigionieri, senza affamati e assetati apposta, senza torturati.

Ma noi studiavamo senza partecipazione emotiva alcuna, mandavamo a memoria date e nomi e motivazioni, alcune assolutamente assurde altre più comprensibili, certo la rivoluzione francese o la rivoluzione russa o le guerre di indipendenza ci sembravano un po’ legittime in quanto provocate ma sempre troppo, assurdamente degenerate.

Poi la guerra è stata quella dei nostri nonni e dei nostri genitori, non molto lontana nel tempo e nello spazio, ma come dire, ovattata, perché il dolore e le perdite e la paura e la morte superati da chi ce ne parlava erano ormai racconto, narrazione, aneddoto talvolta, come una favola vera, una storia passata. Noi capivamo che la guerra è una cosa tremenda, che loro avevano molto sofferto, perso i loro cari, tribolato per sopravvivere, tremato per i bombardamenti, corso per rifugiarsi, patito per proteggersi, ma poi ce l’avevano fatta, ci avevano consegnato questo bel mondo dove potevamo tranquillamente scegliere che cosa mangiare bere indossare (non tutti, la maggior parte) viaggiare (non tutti, la maggior parte) ballare cantare parlare liberamente (non tutti, ma la maggior parte) e c’era la guerra del cinema e dei libri, più realistica e immaginifica, ma sempre passata. Pensavamo che gli orrori della guerra, dopo le atrocità immense della seconda mondiale, non ci avrebbero più riguardato. Non noi non in Europa.

Poi la guerra è stata quella  del Vietnam, ce ne arrivava l’eco attraverso le canzoni di protesta di artisti impegnati e intellettuali, una guerra assurda, ma del resto tutte le guerre lo sono, e in un mondo lontano come lontana era la guerra contro Cuba, le guerre tra un popolo e l’altro dell’Africa, infinite, interminabili, le dittature sanguinarie dell’America Latina, e ti chiedi come nazioni che stanno bene all’improvviso muoiono di fame, ma erano lontane, la guerra infinita tra Israele e Palestina, la guerra delle Falkland, e poi c’erano i terroristi dell’Irlanda del nord, e quelli baschi…la guerra in Kuwait, quella in Iraq, e in Libia, in Afghanistan, ma sempre lontane…tra il Bangladesh e l’India, l’Etiopia e l’Eritrea…lontane… la guerra fredda che giaceva come sotto le ceneri finisce all’improvviso con la caduta del muro di Berlino e pare si apra una nuova era, sicuro che ormai la pace in Europa sarà per sempre, attimi di pura gioia la attraversano ma ecco …arriva la guerra in Jugoslavia, e questa non è proprio lontana…ero stata in Jugoslavia nel 1971, avevo 16 anni, ero rimasta affascinata dalla moltitudine e coesistenza delle diverse etnie che apparentemente sembravano vivere felicemente insieme…e proprio questo era il fascino, ricordo il dolore immenso a sentire la distruzione del ponte di Mostar, come una pulizia etnica che pure, fisicamente, era in corso. Notizie che sconvolgevano perché incomprensibile ne era la causa e perché gli uomini quando ci si mettono sanno di essere di una crudeltà inaudita, senza senso, senza fine.

Ora questa guerra alle porte, quasi in casa. Sono molto angosciata. Penso che non la scamperemo stavolta, anche se sembrava che una guerra a noi non dovesse più riguardare ormai invece ci siamo quasi dentro, che scherzo improvviso il destino, che non guarda in faccia nessuno, e avanza, proprio con la faccia di quel cavaliere dell’Apocalisse che miete alla ceca, ricchi e poveri, soprattutto poveri, colpevoli e innocenti, soprattutto innocenti, spavaldi e miti, soprattutto miti, persone che desideravano solo continuare a vivere, uscire di casa ogni giorno la mattina e tornare a casa la sera e ritrovare i loro affetti, ora sconvolti, separati, allontanati, persi. Quando è arrivata la pandemia non mi sono impressionata, non ho avuto paura, tanto di qualcosa si deve morire, mi addolorava solo vedere tutte quelle persone che morivano da sole lontano dall’affetto dei familiari. Ma questo, non è solo morire, è scappare, tentare di sfuggire al proprio destino, a una bomba che cade dal cielo, a un missile che attraversa la tua strada, a un proiettile che ti fischia radente, a un carro armato che ti passa sopra, alla casa che ti crolla addosso, questo è vedere tuo figlio che piange affamato e tu non hai da dargli da mangiare ha sete e non hai acqua, questa è follia.

È abbandonare la propria casa, è cercare rifugio, è non arrivare, è esser rifiutati, è perdere tutto non solo la vita.

Ma perché questa idiozia della guerra? Perché questo desiderio di distruzione? Forse fa parte dell’uomo, perché non sapersi accontentare e godere di quello che si ha, della natura meravigliosa che ci circonda, e non è una cosa scontata, perché se non la guardiamo, la natura, non possiamo percepirla non possiamo riceverne il bene che lei è pronta e tenta in tutti i modi di offrirci.

Stiamo entrando in un cul da sac da cui sarà molto difficile uscire.

Questo desiderio di grandezza di Putin dove può arrivare? Un paio di anni fa sono stata a San Pietroburgo, la guida che parlava un italiano perfetto ci raccontava che portava la Russia a livelli altissimi a nuovi splendori e aveva ambizioni di zar. Ma non si rende conto allora che con questa guerra, in seguito alle sanzioni pesantissime cui sta andando incontro il suo popolo tornerà nella miseria? Popolo gran parte del quale non è con lui d’accordo e protesta, grande bellissima novità in quella terra che ancora non ha dimenticato i tempi in cui le persone erano assolutamente controllate e vivevano sotto l’incubo di non poter parlare e avevano paura anche a pensare diversamente dal regime perché sotto il rischio costante di essere delati, sempre la guida ci raccontava che ancora oggi, a un rumore improvviso in casa, si girano guardandosi con lo spavento che torna come strascico di atavica memoria, e lo spavento torna, reale, con le denunce e gli arresti per chi protesta contro la guerra, e la negazione delle notizie diverse da quelle da canale ufficiale e la censura. Può un popolo tornare indietro? Oddio, veramente di queste marce indietro è piena la terra.

Dicono Putin non ha tutti i torti, bisogna capirlo, la Nato gli si faceva sempre più appresso, più vicino. Lo stava piano piano accerchiando. Si sentiva minacciato. Ha risposto. Perché non si è accettato di accogliere in Europa l’Ucraina sancendo che non sarebbe mai entrata nella Nato? E perché la Nato ha continuato ad annettere altri paesi dell’est? Ma perché anzi non si è sciolta la Nato che non aveva forse ragione di esistere dopo la caduta del muro di Berlino. Perché non si è cercato di parlare con Putin prima che perdesse le staffe e decidesse di attaccare l’Ucraina.

È poi legittimo che uno attacchi e invada un’altra nazione per le sue paure di essere accerchiato?

È legittimo che una nazione decida di difendersi e non accettare di essere occupata?

È deplorevole stare a guardare senza intervenire?

È giusto aiutare quella nazione?

È prudente che ci si schieri a fianco di quella nazione?

È pericoloso fornire armi a quella nazione?

Come ti muovi ti muovi rischi di mandare tutto all’aria. La tensione è alta è facile perdere l’attenzione mantenere la freddezza, non è come giocare a risiko, e temo che a un certo punto, a certi livelli, giocare il tutto per tutto da parte di chi comanda sia un attimo, un soffio, e stanchi dell’immobilità, solo apparente perché nel mentre muoiono centinaia e centinaia e centinaia di persone, civili e soldati che siano, bambini e donne e giovani che siano, premano quel bottone del si proceda e tutto finisca.

E la guerra incombe, si avvicina come una gigantesca nuvola nera, pesante, malsana promessa cattiva di morte e distruzione.

 

 

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