Marco e Paolo Lupattelli: un tuffo nel passato tra oggetti ritrovati e recuperati

di Luciano Costantini

Il Paese dei balocchi? Il Paese delle meraviglie? O, più semplicemente, il Paese del passato?

Il tour, a tappe, all’interno di una solo apparentemente banale officina e di stanze protette dalla penombra e profumate di umido, è un viaggio fantastico sulle tracce del vintage: dalla bambolina di pezza anni Trenta alla arrogante Lancia Ardea degli anni Cinquanta. Tutti pezzi, piccoli e grandi, umili e superbi, che i fratelli Lupattelli (Marco e Paolo) hanno messo insieme, spinti da una passione che evidentemente ha tracimato nell’amore. Un patrimonio di “gioielli” d’altri tempi che non ha nulla di ostentato. Prova ne sia che il locale che gestiscono in via Pietro Vanni, a Viterbo, non sapresti definirlo una carrozzeria o una officina meccanica, perché in effetti si avvicina di più a un emporio di cose di una volta, dove la vettura in riparazione magari affianca una macchina d’epoca che, a sua volta, staziona sotto una fila di impolverate automobiline Giordani. Queste ultime, allineate o agganciate lungo le pareti. Sotto, in un angolo, un giradischi che cerca ancora le sue puntine prima di riprendere a diffondere la propria voce. E poi radio e ancora radio, in legno pregiato e rigorosamente a valvole. Cartelli pubblicitari dell’Alfa Romeo, della Veedol, della Moto Guzzi con la tradizionale aquila ad ali spiegate. Appena fuori il locale una Fiat 850/Spider, una vecchia Chrysler Touring in attesa di entrare…in sala operatoria. Perché Marco e Paolo – si sarà capito – non sono carrozzieri/meccanici, ma operatori del restauro. Il locale di via Vanni è soltanto l’anticamera del loro personalissimo museo, dislocato in vari siti della città. Altri tesori sono custoditi in casa di Paolo e Marco: grammofoni a tromba, poster degli Anta, statuine, splendidi bijoux. Una affascinante invasione nel regno della bellezza. Racconta Paolo: “Una passione nata da bambino, scambiando francobolli e figurine, poi vennero i libri antichi, molti dei quali risalenti al ‘500 che custodisco in una vecchia dimora che sto risistemando pian piano a Montefiascone”. La visita prosegue: tante radio italianissime, griffate con il fascio littorio. “Sono le cosiddette “rurali”. Più in là un apparecchio british/style tondeggiante. Simile a quello che ascoltava Winston Churchill. Questo, per la verità, è del ’34, mentre quello al numero 10 di Downing Street era del ’41. Assolutamente simili però”. Dal piatto di un grammofono solleva un disco con l’etichetta verde: “E’ dell’inizio del secolo scorso e riproduce una canzone napoletana, La Risata, eseguita da Nicola Maldacca”. Insomma, chi cerca trova. Una infinità di gioielli. Quello al quale è più affezionato? Paolo allarga le braccia accennando un sorriso che vale più di una risposta: “Sono legatissimo a tutti perché sono spicchi autentici della mia vita”. Ma quello di maggior pregio? insistiamo. Tira fuori una valigetta color ebano. “In origine era una cassettina rossa di una batteria, l’ho sistemata e l’ho tinta di nero…però è robusta”. Ospita una trentina di bobine, che a prima vista meglio non sapremmo identificare. “Sono rulli in cera, su uno di essi è registrata la famosissima “O sole mio”, intonata da un cantante inglese e che porta anche il titolo in inglese. Un pezzo unico, mi creda”. E poi poster d’epoca, statuine, lattine che qualche decennio fa hanno tenuto sigillate bibite e marmellate. Perfino un paio di cartoni cilindrici, a mo’ di cappelliera, con la scritta Alemagna. Erano contenitori eleganti di una famosa azienda di Stato, con sede a Milano, che metteva in commercio perfino deliziosi panettoni. Visita non eccessivamente lunga anche perché non sarebbe giusto approfittare del tempo che Paolo ci ha concesso. E’atteso in officina. “Pure se stare qui mi gratifica sempre”!, puntualizza. Al ritorno in via Vanni mostra con legittimo orgoglio una poltrona da barbiere, almeno mezzo secolo di vita e ancora da assemblare. “L’ho ritrovata in tanti pezzi che ora sto cercando di mettere insieme. Un lavoro difficile, ma che mi affascina…Ieri sera sono rimasto a studiarla fino alle 10. Ma è stato un divertimento. Che talvolta mi impegna, si fa per dire, anche la domenica, quando non vado a farmi un giro con una vettura d’epoca”. I fratelli Lupattelli hanno solo l’invidiabile imbarazzo nella scelta della quattro ruote: ne possiedono ben nove. Tutte fiammanti e in perfetto stato. Magari non viaggiano alla velocità di una Ferrari, ma che importa. Vuoi mettere il piacere di ripercorrere la strada del passato alla guida di una 1100, di un’Ardea o di una modesta e candida Banchina?

                   

      

 

 

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