Marco Andreoli, la Tuscia piace ai turisti. 18 buche sono il mio sogno

di Rossella Cravero

Andreoli-ILT

L’amore per lo sport è nel suo Dna, così come la Tuscia.
L’architetto Marco Andreoli è nato a Roma, al Policlinico Italia con il fiocco giallo rosso sulla porta, perché il papà Sergio, originario di Capranica, è stato terzino della Roma per dieci anni, vincendo il primo scudetto nel ‘42. Poi il ritorno nel paese d’origine e per
Marco le scuole a Viterbo e la facoltà di Architettura a Roma.
Oggi Marco Andreoli con il figlio Francesco, giocatore professionista e maestro di golf al campo Federale di Sutri, gestiscono il campo pratica e l’annesso mini albergo di sette
camere.
Che legame c’è tra la sua professione di architetto e la passione per il golf che la vede impegnato nella gestione del campo pratica di Viterbo, con sua moglie Maria Luisa e suo figlio Francesco?
Tutto è nato per caso. Stavo seguendo alcuni lavori a Sutri e un amico imprenditore mi ha proposto di acquistare delle quote del campo di Golf che stavano costruendo. Eravamo alla fine degli anni 80. Mi sono lasciato convincere, pensando che poi le avreirivendute. Ed infatti, quando il campo fu pronto, trovai un acquirente per la mia quota. Prima di cederla però, stavo tornando da Roma, ero in macchina da solo, la mente vagava earrivato a Sutri, ho deciso di andare a vedere cosa stessi vendendo. Chiesi anche come si facesse a praticare quello sport. Mi presentarono un maestro, ma ero ancora titubante: non ho
tempo, dissi. La classica scusa che si usa sempre quando non si vuole essere coinvolti in qualcosa.

Cosa fece scattare la scintilla?

Quel campo era talmente bello, tutto quel verde mi trasmetteva una tranquillità che non volevo lasciarmi sfuggire e così mi convinsi: fissai la prima lezione
il giovedì alle 13. Me lo ricordo ancora. Con la pallina e il campo è scattata la scintilla. Ho coinvolto tutta la famiglia. Il fine settimana lo trascorrevamo a Sutri a giocare. E quando mio figlio ha iniziato, mi hanno subito detto che aveva un talento particolare, infatti ha
giocato con ottimi risultati ed è diventata la sua professione. Oggi insegna a Sutri e in altri campi di Roma Nord. Qui a Viterbo abbiamo un altro validissimo maestro: Marco Sassara.

Ma da giocatore appassionato ad arrivare a creare e gestire un campo pratica non è un passo scontato…
Il terreno su cui sorge il campo di Viterbo è di un mio caro amico Giuseppe Chiarini, anche lui appassionato golfista. Insieme abbiamo pensato di realizzare questa impresa. Nel 2008 abbiamo aperto ed è stata una bella avventura. C’è stata anche una notevole adesione. In molti si sono appassionati, pensi che siamo anche andati a giocare in Scozia al Sant Andrews, la Mecca per ogni golfista. Per me è stata una delle esperienze più belle, sono
arrivato in finale in un torneo che vedeva tutti i Rotariani anglosassoni sfidare i giocatori d’oltre mare. Ci sono andato per tre anni ed è stata un’esperienza indimenticabile.

A Viterbo come sono andate le cose ?
Siamo arrivati ad avere centinaio di soci. Poi l’anno dopo un incendio ha distrutto la clubhouse. E’ stato impegnativo ricostruire tutto. Abbiamo anche avuto una causa con Enel, ma non siamo riusciti ad averne la meglio. Quando abbiamo aperto il campo pratica è stato una forte attrattiva, poi tra il Covid che ha modificato molte abitudini e la necessità di andare a giocare in campo (9 o 18 buche ndr) molti si sono diretti al golf di Marina
Velka o verso l’Argentario o a Sutrii. Quello che è mancato è stato un ricambio. Anche i giovanissimi sono attratti da altri sport, lo vedo anche con i miei nipoti: il calcio ha la meglio. All’inizio c’era una quota annuale per poter giocare, adesso pur di tenere aperta
la struttura, chiediamo una cifra irrisoria, che serve per il tesseramento annuale alla federazione. Il costo resta il noleggio delle palline che si utilizzano per giocare.

E perché, secondo lei, il golf resta uno sport così di nicchia? Ci vorrebbe un Sinner anche in questa disciplina per appassionare il pubblico?
Magari, certamente aiuterebbe. In realtà credo che la gente pensi che il golf sia un gioco facile e noioso, quando al contrario chi lo sperimenta non lo lascia proprio perché è molto difficile e vario perché condizionato da tanti fattori imprevedibili. Poi si crede che sia di elite e che sia molto caro, mentre ormai è possibile praticarlo con tante agevolazioni.

Un vero e proprio campo da golf non potrebbe essere una
bella scommessa per il territorio?
Lo sarebbe eccome. C’è da dire che i campi hanno dei costi di gestioni altissimi. Non è tanto la costruzione, quanto il mantenimento del campo che è molto oneroso, questo è il motivo per cui il golf ormai è associato ad attività turistiche ricettive, e sicuramente la zona avrebbe tutte le carte in regole per far nascere una bellissima struttura. Ma, ci sono tanti ma.

C’è un problema di crescita anche per Viterbo, nei decenni la popolazione si è assestata sui 60mila abitanti e non riesce a crescere, da architetto che cosa vede?

A mio avviso bisogna ricostruire il modo di pensare.Bisognerebbe guardare questo territorio con maggiore benevolenza, credendo nelle sue potenzialità e facendo rete per
un obiettivo comune. Tante volte ha la meglio la diffidenza e il piacere della critica ad ogni costo. Nella professione, come in molti altri aspetti della vita professionale in Italia, la burocrazia rende difficile le cose. A Viterbo c’è sicuramente tanto da fare, ma è anche vero che la città  dimostra una bella attrattiva perché le presenze turistiche crescono. Tutti si lamentano, ma io non la trovo una situazione così drammatica. Bisogna però risvegliare
l’aspetto civico, amare la città e volersi bene tra le persone e darsi tutti un po’ da fare, ma tutti insieme.

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