Questo romanzo non è una classica storia d’amore. Non c’è nulla del sentimentalismo banale di cui sono piene molte trame di libri moderni. È una storia cupa, che scava a fondo delle anime dei suoi protagonisti. Da una parte c’è una coppia, Holland e Perlie Cook, che dopo essersi incontrati e poi ritrovati per caso a distanza di tempo, decidono di sposarsi e di vivere a San Francisco – siamo negli anni ’50 – nel quartiere di Sunset. Hanno un figlio, Sonny, malato e bisognoso di cure.
L’equilibrio apparente viene rotto da un misterioso personaggio di nome Charles Drumer, detto Buzz, un vecchio amico di Holland, conosciuto durante la seconda guerra mondiale in un ospedale da campo. Entrambi sembrano aver vissuto un’esperienza agghiacciante, di quelle che lasciano una ferita profonda per tutta la vita. Ma c’è qualcosa di più, un motivo lì per lì indecifrabile per Perlie – voce narrante del romanzo.
Pur non essendo nemmeno un thriller, questo romanzo sorprende per i continui colpi di scena, che cadono improvvisamente come macigni nel cuore di una vicenda tormentata e oscura. Come suggerisce nella quarta del libro il critico Antonio D’orrico «è un romanzo di superba reticenza, che fa del non detto una strategia narrativa emozionante, una fabbrica di colpi di scena».
Proprio intorno a questa “assenza”, a questo flusso di parole che ruotano intorno alla verità, ma non la dichiarano mai apertamente, si aprono delle vere e proprie “voragini” a disposizione del lettore. E ciò funziona perché talvolta il libro sembra davvero parlare “a noi” in un tono confidenziale, trattando della complessità del rapporto con la persona amata (come dimostra l’incipit qui sotto).
“Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo. Nostro marito, nostra moglie. E li conosciamo davvero, anzi a volte siamo loro: a una festa, divisi in mezzo alla gente, ci troviamo ad esprimere le loro opinioni, i loro gusti in fatto di libri, e di cucina, a raccontare episodi che non sono nostri, ma loro. Li osserviamo quando parlano e quando guidano, notiamo come si vestono e come intingono una zolletta nel caffè e la guardano mentre da bianca diventa marrone, per poi, soddisfatti, lasciarla cadere nella tazza. Io osservavo la zolletta di mio marito tutte le mattine: ero una moglie attenta.
Crediamo di conoscerli, di amarli. Ma ciò che amiamo si rivela una traduzione scadente da una lingua che conosciamo appena. Risalire all’originale è impossibile. E pur avendo visto tutto quello che c’era da vedere, che cosa abbiamo capito?”.
Andrew Sean Greer, La storia di un matrimonio, I edizione Gli Adelphi, 2011, 10 euro