Metti uno spicchio di mattinata dopo Ferragosto a Viterbo. Città praticamente deserta. Rare presenze di turisti che vagano alla ricerca del Palazzo dei Papi, del quartiere di San Pellegrino, della chiesa di Santa Rosa. Più banalmente di un bar che possa offrire loro cappuccino e cornetto. O anche una bibita fresca perché sulla città incombe ancora un caldo rovente ed asfissiante, a dispetto delle previsioni meteo che da giorni promettono pioggia per il week end. Certo che arriverà, ma con un paio di ore di ritardo.
All’incrocio tra via Cardinal La Fontaine e via San Leonardo si affaccia improvvisamente un’edicola e scuote lo sguardo di chi gironzola annoiato. Locandine, poster, gadget che formano un variopinto puzzle. Al centro nel retro bianco di una locandina. Poche parole scritte con un pennarello blu : “18 agosto 2024, 23 anni con voi “gioie e dolori”. Se ero capace ci scrivevo un libro”. Un poster vergato a quattro mani, dalle sorelle Pazzaglia, Katuscia (senza la i per un errore all’anagrafe) e Fiorella, che l’edicola gestiscono e che magari non avranno troppa dimestichezza con la scrittura, però la loro storia di vita sanno raccontarla. E non si sottraggono alle domande mentre servono i clienti. Anche nei giorni di Ferragosto la vecchia edicola continua ad essere luogo di appuntamento e di condivisione sociale. Katuscia e la sorella Fiorella Pazzaglia sono lì dal lontano 2001. “Prima – raccontano – era situata là, in via Cardinal La Fontaine, proprio sotto palazzo Gatti. Come siamo diventate edicolanti? Non per vocazione, ma per necessità. In realtà facevamo le baby sitter, poi i bambini sono diventati grandi e noi abbiamo perso il lavoro. Chiaro no?”. Rimpianti? “No, adesso no. Anche se all’inizio è stato duro e difficile. E poi il periodo del Covid, altrettanto difficile. Anzi, forse di più. Però ci siamo riprese bene e oggi siamo soddisfatte di quel che facciamo. Vendiamo piccoli oggetti, giornali, riviste ma abbiamo anche la fortuna di incontrare persone. Di familiarizzare”.
“Il Messaggero, per favore”, “Corriere, grazie”. Arrivano ancora i clienti. Katuscia e Fiorella compongono, senza saperlo, pezzi di un libro scritto in 23 anni di attività mentre dispensano sorrisi per chi entra e che esce. La signora Isabella è cliente fissa. Prende il quotidiano, lo infila sotto il braccio e imbastisce il suo amarcord di loquace ed elegante ottantenne: “A Torino, ho vissuto la mia infanzia, a Roma la mia giovinezza impiegata in uno studio legale. Qui sono da diversi anni e mi trovo bene. Ah se potrei raccontarne di storie! L’incontro con Piero, il figlio di Enzo Ferrari a Maranello. Pensi, ho visitato il paradiso terrestre a Roma. Fu quando un frate priore mi invitò ad entrare nel giardino di un convento da dove si vedevano il Colosseo e l’Arco di Costantino. Uno spettacolo, ma non per tutti”. Dalla borsetta estrae una bustina di plastica ingiallita: “Qui ci sono le foto della mia vecchia Torino. Questa è la statua del re, questa di una nobildonna, questo è il panorama della collina di Superga prima della tragedia del Grande Torino”. Un fiume in piena, donna Isabella.
“Repubblica, per favore”, “La Provincia”. I clienti continuano ad arrivare alla spicciolata. Intanto Katuscia e Fiorella ripercorrono i loro 23 anni di “gioie e dolori. “Se rifaremmo ciò che abbiamo fatto? Certamente”. Non traspare neppure il minimo dubbio nelle loro parole. “Attenzione, qui non si vendono soltanto giornali e riviste, ma si scambiano idee, si fanno nuove conoscenze. Quando dovevamo assistere i bambini evidentemente era assai diverso”. In uno spicchio di mattinata, il libro non lo hanno potuto scrivere, ma sicuramente lo hanno raccontato, pure se soltanto a piccoli paragrafi. Meglio così: più viva ed emozionante la cronaca.