L’Erasmus ai tempi del Covid: la difficile scelta tra restare o tornare

Rossella Cravero

Lezioni online, laboratori e scambi con i docenti: l’università non si ferma, come del resto la scuola. Ma quanti si sono chiesti come è stata la vita dei ragazzi in Erasmus, in questi giorni di lotta contro il virus invisibile che ha contagiato le nostre esistenze? A raccontarcelo è l’ufficio Erasmus dell’Università della Tuscia.

Quando l’Italia è stata messa sotto scacco dal virus e quando c’è stato il primo decreto Conte, i nostri ragazzi, una cinquantina in tutto, erano partiti da meno di un mese. Qualcuno anche solo da una decina di giorni. Questi 50 ragazzi sono coloro che hanno scelto di fare la loro esperienza all’estero nel secondo semestre – spiega il team guidato da Agnese Apuzza, con Carlo Contardo, Felicetta Ripa e Vanessa Torri. Inizialmente la preoccupazione dei ragazzi è stata più per le famiglie in Italia, che per loro stessi, perché nel resto d’Europa, come sappiamo, l’infezione è stata affrontata in tempi successivi rispetto a noi. Ma non per tutti c’è stato lo stesso trattamento. Un ragazzo partito per la Croazia, per esempio, si è trovato al suo arrivo ad essere messo subito in isolamento cautelativo. Per altri è stato come se il Covid 19 non esistesse.

Con il passare dei giorni, che reazioni ci sono state ?

Noi abbiamo contattato subito tutti i ragazzi. Da parte loro c’è stato un filo diretto con noi, tramite mail e telefonate, perché si sono trovati a dover prendere una decisione difficile: tornare o proseguire nella loro esperienza.

Qual è stata la reazione più forte?

Alcuni hanno deciso comunque di proseguire l’esperienza. Per chi ha scelto di tornare non è stato facilissimo. La Crui, che si è interfacciata con il Governo, ha dato massima attenzione ai ragazzi che si trovavano in Spagna. Mentre non ci sono state iniziative mirate per gli altri Paesi. Nonostante Borrelli abbia detto che si stava cercando di far rientrare tutti gli studenti Erasmus, il focus è stato solo sui ragazzi in Spagna. Va detto che sono moltissimi i ragazzi italiani che, ogni anno, come destinazione scelgono la Spagna, quindi la presenza consistente di studenti ha portato la Farnesina ad organizzare il rientro. Ma tutti gli altri hanno dovuto trovare da soli la soluzione al problema

Come si è mossa la Farnesina?

La Farnesina ha organizzato il rientro con Alitalia. Ci è stata inviata una mail con un link tramite il quale i ragazzi accedevano al sito Alitalia, nella sezione dedicata al rientro dalla Spagna con due partenze giornaliere da Madrid e Malaga. Ma, ad esempio, una nostra studentessa, in Erasmus a Huelva, si è trovata in difficoltà. Essendo più vicina al Portogallo, non è riuscita a raggiungere Malaga. Per partire da Madrid avrebbe dovuto fare tappa a Siviglia, ma anche in quel caso, gli hotel non accettavano più ospiti in arrivo da fuori città . Ed ecco che il suo rientro è stato impossibile. Altri studenti sono tornati in Italia in traghetto, partendo da Barcellona. Il professor Simone Severini, delegato alle Relazioni Internazionali, ha seguito l’organizzazione degli spostamenti dei ragazzi, intefacciandosi con tutti i delegati della Crui, e seguendo i voli speciali per il rientro dei cittadini italiani.

E dall’Ue che indicazioni avete avuto?

Dall’Europa abbiamo ricevuto indicazioni solo l’11 marzo. Ci veniva detto che la situazione è considerata una causa di forza maggiore e che gli studenti avrebbero potuto fare ritorno, interrompendo il soggiorno, con la speranza di poter tornare nel paese da cui erano partiti, in una fase successiva. Oppure potevano restare per il periodo concordato nell’accordo finanziario, rispettando l’impegno assunto con l’Ateneo della Tuscia.

Dal punto di vista economico?

Non sono state ancora fornite indicazioni. Non sappiamo, per chi è rientrato, se dovremo riconoscere solo i giorni di effettivo soggiorno o se verrà riconosciuto tutto il periodo previsto.

Il viaggio di rientro però è stato a proprie spese. Anche se qualcuno magari poteva aver già acquistato un biglietto molto conveniente per il ritorno, in largo anticipo, non gli verrà rimborsato nulla ?

La spesa del viaggio non è mai contemplata. I ragazzi ricevono un contributo alla mobilità in base alla destinazione e alla dichiarazione ISEE.o . Si va da una cifra minima di 250/300 euro al mese (per Isee superiore a 50mila euro) a 650/700 per Isee inferiore ai 10mila euro all’anno. Nel caso dell’eventuali rimborso per il biglietto per ora non abbiamo indicazioni

Quali sono state le mete degli studenti Unitus in questo secondo semestre?

I nostri studenti sono così suddivisi: 2 in Belgio, 1 in Repubblica Ceca, 2 in Germania, 20 in Spagna, 1 in Estonia, 5 in Francia (3 stanno rientrando) 1 in Irlanda (rientrata), 6 in Polonia, 2 in Portogallo, 1 in Finlandia, 1 in Slovenia, 1 in Slovacchia, 1 in Croazia, 1 nel Regno Unito.

Quando siete stati in contatto con loro avete avvertito più ansia, coraggio o l’incoscienza dell’età?

Quello che ha colpito i ragazzi è stato il non vedere prendere nessuna precauzione nei Paesi dove si trovavano, mentre sapevano che in Italia erano scattate tutte le misure cautelative. Tutti loro, nelle telefonate e nelle mail ci hanno detto di aver messo in campo, in maniera spontanea, gli accorgimenti indicati dalla nostra protezione civile.

E i genitori? Come si sono comportati?

Pur essendo ragazzi ormai autonomi, la preoccupazione delle famiglie è normale che si sia fatta sentire. Ma è stata ben gestita nei singoli nuclei. Solo una mamma e un papà si sono rivolti direttamente a noi per chiedere aiuto. Ma per il resto, ancora una volta, gli studenti hanno dato prova di maturità e di sapersela cavare quando vengono messi alla prova. D’altra parte la missione dell’Erasmus è proprio questa: crescere come cittadini europei.

 

 

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