L’angolo della storia, Viterbo com’era

di Luciano Costantini

Cupo, cruento, tormentato, complesso, ma pure innovativo, moderno, originale. Il tredicesimo secolo rappresenta l’autentica pietra miliare della pur lunga storia di Viterbo. In quei cento anni di vita la città fu teatro di lotte sanguinose tra famiglie guelfe e ghibelline, fu coprotagonista della sconfitta di Federico II, ospitò papi ed estenuanti conclavi, fu centro ingombrante dei movimenti eretici Patarini e Catari. Fu culla e teatro dell’esistenza di Santa Rosa. Una città, Viterbo, che era arrivata a conquistarsi il diritto ad essere Comune indipendente: batteva moneta e poteva vantare “sette meraviglie”. Proprio alla metà del secolo – era il 1251 – pensò di darsi uno Statuto, cioè trasferire su carta molte, se non tutte, quelle misure di governo che fino ad allora erano state tramandate oralmente o che venivano attribuite alle autorità cittadine che, di volta in volta, si avvicendavano alla guida della cosa pubblica. Insomma, Viterbo si diede regole scritte che ancora oggi potrebbero essere osservate, se non adottate, almeno per la loro solidità etica. Regole di ieri, che oggi raccontano la vita di una città e della sua gente e che abbiamo ripreso, attingendo a piene mani, dalla “Storia della città di Viterbo” di Cesare Pinzi. Pinzi è probabilmente lo scrittore più scrupoloso, più puntuale, più informato tra i tanti che pure hanno dedicato la loro attenzione e la loro penna al capoluogo della Tuscia. A partire da martedi 21 maggio, il secondo martedi di ogni mese. Proveremo a ricordare come era formata Viterbo, come veniva amministrata, come vivevano i cittadini, come veniva gestita la macchina della giustizia, quali erano i mestieri. Infine, i diritti e i doveri. Abbiamo pensato di tracciare uno sorta di network storico nella speranza di far cosa gradita ai nostri lettori e offrire un piccolo contributo al valore della memoria che è un bene prezioso da preservare e coltivare.

Foto: In giro con Fluppa-Travel blog

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