La strada provinciale Cimina. Dieci chilometri di campionario dei rifiuti

Luciano Costantini

Dieci chilometri di inciviltà. E di vergogna. Quelli che vanno dalla caserma Sottufficiali dell’Esercito a Passo Montagna. Quelli che si inerpicano, ancorché dolcemente, lungo la strada provinciale Cimina. Percorrerli, con occhio neppure troppo attento, diventa una via crucis di sentimenti: pena, sconforto, rabbia, rassegnazione. Un quadro desolato e desolante di quanto la mano e l’irresponsabilità dell’uomo possano essere devastanti nei confronti di madre natura. E’ stato sufficiente procedere alla deforestazione di alcune decine di metri lungo la carreggiata della provinciale per far emergere tutte le “nefandezze” di cui è capace una società che non ha rispetto per ciò che la circonda e, alla fine, neppure per se stessa. Alberi caduti, arbusti scheletriti, rami abbandonati a terra da decenni, grovigli accatastati di siepi, una volta rimossi hanno fatto emergere tutto e di più di quanto lo scempio dell’uomo possa aver prodotto e celato nel tempo: buste di plastica di tutte le dimensioni e colori i cui contenuti sarebbero oggi non identificabili; bottiglie di plastica multicolori; lattine di tutte le marche e dimensioni; sacchi neri come la notte ermeticamente chiusi; uno stendino da bucato; l’immancabile water a far bella mostra al centro di un oceano di rifiuti; una bombola di gas; un frigorifero. Immondizia di ogni specie, di ogni età, di ogni dimensione. Un suk dell’orrore a cielo aperto. Un monumento costruito negli anni a testimonianza dell’inciviltà dell’uomo. Uno schiaffo a madre natura, silenzioso ma pure sconvolgente, affibbiato nell’anonimato e nella dinamica più scontata: stop improvviso dell’auto appena dietro una curva, una sbirciatina a destra e una a sinistra, possibilmente al buio e comunque lontano da occhi indiscreti, e la busta rigorosamente di plastica scivola lungo la cunetta della strada, la lattina vola sotto un’acacia, il bidet o il vecchio frigo vanno a troneggiare in men che non si dica sulla discarica che a pochi metri aspetta il suo re. Dieci chilometri di Cimina che sono il campionario dei rifiuti. Senza soluzione di continuità. Evidentemente però l’inciviltà ha i propri capolinea: il bivio di Fiescole è quello preferito dagli “scaricatori”, pure se le cunette della strada negli anni hanno raccolto di tutto. Altro che indifferenziato od organico! Sciocchezze! Chi dovrebbe essere incaricato di pulire, probabilmente lo ha fatto poco e male, come dimostra la vetusta dei reperti disseminati lungo la provinciale, ma il male autentico è l’inciviltà e l’offesa perpetua nei confronti di una natura che inevitabilmente, primo o poi, si presenterà a chiedere il conto.

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