E’ un silenzioso mercoledì mattina dopo Santa Rosa, Viterbo è tornata ai suoi ritmi lenti e cadenzati, nel mio girare per il centro storico della città mi trovo a via della volta Buia, una traversa del Corso, un tempo era l’ingresso secondario del rimpianto cinema Genio, ritrovi nel silenzio tutto il fascino dei vicoli viterbesi, ed è proprio alla fine della via quella che si affaccia sull’ex Palazzo Spreca, oggi una frequentata palestra, che trovi quello che non t’aspetti. Da un palazzetto medioevale una storica dell’arte musicologa ha tratto e reso esclusivo uno spazio pensato per unire l’arte nelle varie declinazioni e sperimentazioni, senza omettere la musica. Un palazzetto medievale nel cuore di Viterbo che fu rifugio dalla peste nera di Papa Innocenzo VIII (+1492). Inter Artes è una fucina di confronti e di esperienze, aperta anche alla formula della residenza d’artista e al carnet de voyage.
Inter Artes, ideata da Barbara Aniello, ha inaugurato il 4 settembre scorso con 26 opere dell’artista Marco Ferri, astrattista geometrico, minimalista lirico, provvisorio dadaista, concettualista distratto. Inutile ingabbiarlo nel “seguace del primo Mondrian”, “allievo di Morandi” o “pronipote di Morris Louis”. “Poiesis. Versione integrale ridotta” il titolo della mostra che racchiude opere concepite in un unicum di materiali diversi: ferro, tela, acrilici, cera sul legno, che ci induce dapprima a seguire quel gioco della relazione tra un orizzonte cromaticamente mosso, incerto e consumato, e un’ortogonale serietà di cornici diafane ed elementi verticali trasparenti, emersi da telai modellati o da cromie otticamente affastellate esposte su quella pietra che trasuda storia. Ed è così che ti ritrovi a essere interprete di quella prefazione a firma della stessa Aniello di presentazione della mostra: “Il fruitore non solo è chiamato a guardare, ma anche ad ascoltare il basso continuo che emerge tra il canto libero dei colori e l’intelaiatura armonica del supporto. Grazie a questo ‘ascolto selettivo’ si ritrova davanti a un viaggio singolare, in cui forme e colori sono le uniche colonne d’Ercole da sfidare per spiegare le vele verso la sola Itaca possibile: la sua”.
L’accoglienza di Barbara Aniello e la tranquillità della mattinata concedono anche un suo esclusivo momento musicale. Magico.
Un fuori programma inaspettato che ha colmato il mio spazio-tempo che si è nutrito di estatica contemplazione di colori, suoni e voce, quest’ultima quella della musa ideatrice.
Lo spazio espositivo è aperto tutti i giorni per l’intera giornata, vale la pena visitarlo e far sapere che nel cuore di Viterbo esiste una declinazione dell’arte che è li che ci aspetta.