Ha preso in mano il sax a sei anni e da quel giorno non si è più fermato, lanciato in corsa versa una carriera internazionale che l’ha visto al fianco di Ennio Morricone, Woody Allen, Andrea Bocelli, David Foster e Luis Bacalov, per citare alcuni nomi di calibro. Marco Guidolotti, originario di Montalto di Castro, rientra nella rosa nazionale di jazzisti più quotati, tanto che nel 2018 viene nominato “Primo Sax Baritonista” italiano dalla rivista Jazzit. La musica gli ha dato un passepartout verso una vita fatta di continue esperienze all’estero, mentre la Tuscia, con il suo ritmo etrusco, continua ad ammaliarlo, regalandogli note e ispirazioni.
Vivere di musica e per la musica: quanta fatica c’è dietro le quinte di questa affermazione stereotipata?
La musica è un mondo che ha bisogno di tanta costanza, dedizione, studio e coerenza. Il segreto è riuscire a non abbattersi anche quando le cose non vanno benissimo. Se ami veramente la musica riesci volentieri a fare sacrifici di qualsiasi tipo. Un altro aspetto vitale per un musicista è essere curioso, trovare per esempio il modo di scoprire un nuovo suono o un nuovo pattern.
Se parliamo di jazz made in Tuscia cosa ti viene in mente?
Dal punto di vista della quantità di musicisti il panorama jazzistico, purtroppo, non è molto sviluppato ma ci sono tanti appassionati di jazz che amano seguire le molte iniziative che in questo periodo stanno andando molto forte. Ci sono tante realtà attive, tanti festival in paesini della Tuscia. Penso ad Italo Leali e ai suoi festival a partire dagli anni 2000 fino ad arrivare all’Etruria Musica Festival con il quale collaboro ormai da diversi anni.
Più in generale cosa ne pensi del panorama jazzistico italiano?
Il panorama dei musicisti italiani di jazz è considerato uno dei migliori al mondo. Molti artisti italiani vivono e lavorano all’estero in realtà importantissime. Spesso abbiamo la possibilità di confrontarci con musicisti americani di primo livello che rimangono sempre soddisfatti del nostro operato.
Qual è il luogo comune sul jazz che ti senti di smontare?
Quello secondo cui i jazzisti non fanno prove o, ancora peggio, non studiano come i musicisti classici: questo è del tutto falso, ma è una diceria che si sente ancora nei conservatori, tra i ragazzi dei vari corsi. Per fortuna l’aria sta cambiando grazie alla nuova generazione di docenti di jazz.
Se dovessi raccontare la tua terra con un brano cosa sceglieresti?
Qualche anno fa ho scritto e registrato dei brani dedicati agli Etruschi. Il disco è stato prodotto da un’etichetta discografica del Premio Massimo Urbani nel 2011. Vivendo vicino al parco archeologico di Vulci, mi sono ispirato proprio a quella terra, a quei suoni, immaginandomi immerso in quei paesaggi. Un brano in particolare di quel disco si intitola Lucumone ed è dedicato al re degli etruschi.
Vanti collaborazioni internazionali con artisti come Ennio Morricone, Woody Allen, Andrea Bocelli, David Foster, Luis Bacalov. Ci racconti qualche curiosità legata a uno di questi?
Ho avuto la fortuna di essere al fianco di grandi maestri, di suonare per loro. Ancora oggi suono nel quintetto italiano di David Foster e Andrea Bocelli, esperienze sempre meravigliose. I ricordi più belli sono legati al maestro Morricone, con il quale ho condiviso diversi lavori e alcune cene in compagnia tra colleghi e amici. Un aneddoto divertente è stato quando sono andato a registrare la colonna sonora di un film come solista, con le musiche di Ennio Morricone. In studio eravamo io, il maestro e il regista. Conoscendomi come musicista jazz, Morricone nemmeno mi salutò e mi disse in modo abbastanza duro: Oggi niente jazz, oggi suoniamo Debussy! Furono ore difficili, ma portai a casa il risultato.
A cosa stai lavorando?
Sto portando avanti un progetto dedicato al cool jazz, Gerry Mulligan e Chet Baker con l’amico e grande musicista Fabrizio Bosso. È un progetto delicato che ha bisogno di rispetto verso quel tipo di musica. Con Fabrizio ci divertiamo ad andare fuori dai canoni e a rendere i concerti non un tributo, ma una nostra rivisitazione verso quel tipo di musica stupenda.
Come docente di saxofono jazz e di tecniche di improvvisazione jazz al Conservatorio “Respighi” di Latina, come vedi il futuro del jazz?
Lo vedo benissimo! Ho molti allievi in conservatorio che credono in questa musica e ce la mettono tutta! Si ispirano ai grandi musicisti della storia del jazz, ma anche ad artisti contemporanei, e questo mi dà molta positività. Ovviamente come docente ho l’obbligo morale di condividere tutto il mio sapere verso di loro e di rendere il loro percorso più il agevole e il più approfondito possibile. Sono un libro aperto e questo, spero, sia una buona cosa per le generazioni future!























