Su un cartello c’è scritto: “Putin l’asasino”. Sì, asasino, con una esse sola. Ma tant’è. L’errore di ortografia si può tranquillamente perdonare a questa gente, nei cui occhi si può scorgere tutta la disperazione che stanno vivendo per quanto sta accadendo nella loro terra d’origine. Erano meno di un centinaio ieri mattina gli ucraini che hanno voluto sfilare in corteo, partendo dalla chiesa del Suffragio, per le vie del centro storico di Viterbo. Composti, dignitosi, ma allo stesso tempo angosciati e quasi increduli di fronte alla strage di vite umane cui stanno assistendo. Molti di loro hanno parenti a Kiev, a Leopoli, a Mariupol, laddove i missili arrivano a raffica e uccidono. Missili tutt’altro che intelligenti, giacché colpiscono militari e civili. Uomini, donne e anche bambini.
“No war in Ukraine” dice un altro cartello tenuto in mano da un bambino. E il grido “Ucraina libera” risuona a ritmo continuo durante il tragitto che percorre corso Italia, piazza delle Erbe e via Roma, per sostare davanti alla chiesa di Sant’Angelo in Spata, in piazza del Comune.
Dove don Andrè Maksymovych, il prete ortodosso che segue la comunità ucraina residente a Viterbo, prende la parola con voce accorata per lanciare il suo grido di dolore ai suoi conterranei, ma soprattutto ai pochi viterbesi presenti, frenati probabilmente anche da una giornata che ricorda più il mese di gennaio che quello di aprile, con una temperatura di poco superiore agli zero gradi.
“Stiamo difendendo la nostra libertà – esordisce – e i nostri valori. Lottiamo contro chi vuole sottometterci perché vogliamo decidere da soli il nostro destino. Vogliono farci diventare uno stato cuscinetto, ma noi questo non lo vogliamo. Perché essere uno stato cuscinetto significherebbe essere sottoposti al volere degli altri. Purtroppo questa guerra sta marcando una netta divisione tra la civiltà da una parte e la barbarie dall’altra. E noi vogliamo stare dalla parte della civiltà, senza alcuna esitazione, senza alcun dubbio. Noi vogliamo essere europei a tutti gli effetti e stare dalla parte degli occidentali, continuando ad abbracciare la nostra fede cristiana”.
Poi un pensiero all’Italia: “Dobbiamo ringraziare gli italiani che hanno dimostrato un grandissimo senso di accoglienza, a difesa dei nostri valori. E che ci sostengono con i loro aiuti umanitari, e non solo. E, noi che siamo qui, dobbiamo ringraziare anche i viterbesi, che stanno dimostrando tanta solidarietà nei nostri confronti. Sentiamo la loro vicinanza e fratellanza e questo ci dà speranza che possiamo farcela”.
Infine, l’appello conclusivo: “Dobbiamo essere uniti nella nostra battaglia. Dobbiamo continuare a sostenerci e a combattere l’indifferenza. Perché l’indifferenza può diventare il peggiore dei mali. L’indifferenza infatti, finisce per collaborare con il crimine e questo deve essere evitato. Per favore, non lasciateci soli”.
Prosegue intanto la raccolta di generi di prima necessità presso il capannone di via Francesco Baracca 26. C’è un estremo bisogno soprattutto di cibo e medicinali. L’invito ai viterbesi, che fin qui si sono dimostrati estremamente solidali, è quello di non mollare. Serve ancora il loro aiuto.






























