A rompere il silenzio nella vicenda umana e professionale di Gianluca Grazini è una campanella. Attore di lungo corso e, al contempo, vigile del fuoco presso il Comando di Viterbo, ha tenuto per anni meticolosamente nascosto sotto la divisa il suo temperamento d’artista. Lo sdoppiamento dei ruoli ha retto fino a quando il corto a cui ha preso parte come co-protagonista, “La campanella” di Antonio Maria Castaldo, non è sbarcato alla sezione parallela dell’80esima Mostra del Cinema di Venezia, aggiudicandosi il premio Giorgio Bortoli. “Un riconoscimento importante – sottolinea – che, grazie alla risonanza mediatica, mi ha dato l’occasione di far venire pubblicamente alla luce un aspetto di me mai raccontato, forse per discrezione, forse per paura. Due mondi fino ad allora tenuti a debita distanza finalmente si sono incontrati e riconosciuti. Quando è successo mi sono sentito liberato da un peso”.
Volto noto negli ambienti giornalistici locali per via della sua attività di referente stampa del Comando, pochissimi, anche tra i colleghi, erano a conoscenza della sua carriera ventennale vissuta al fianco di nomi di calibro come Riccardo Vannuccini, Pier Maria Cecchini e Carlo Croccolo. “Ho scoperto il teatro a 18 anni proprio nella mia Viterbo – racconta – grazie alla Compagnia Teatrale I Giovani, una realtà amatoriale che ha saputo attrarre registi di livello. Di lì a poco sono iniziati il mio percorso formativo e i primi ingaggi come attore professionista, una strada che mi ha condotto anche alla didattica del teatro. Mi trovavo appunto a Cinecittà per assistere a una lezione di Giancarlo Fares, quando è arrivata la chiamata che mi ha ribaltato la vita: avevo la possibilità di entrare nel corpo nazionale dei vigili del fuoco”.
Dagli stage teatrali Grazini dirotta alle scuole di Capannelle e sceglie di reinventarsi pompiere per rispondere al richiamo sincero della divisa: “L’amore è scattato durante il servizio di leva, poi ho proseguito come volontario. A distanza di anni continuo a provare la stessa passione per un mestiere che ripaga di qualsiasi sacrificio. Lavorare nel soccorso è qualcosa di straordinario ma ti sottopone anche a un rischio emotivo”.
Ed è proprio l’emotività, secondo Grazini, la chiave di volta che tiene insieme due ambiti professionali che altrimenti rimarrebbero scollati: “Da soccorritore entro in contatto con persone mosse da disperazione, spogliate da sovrastrutture, scevre da impalcature razionali. Quest’esposizione alimenta la mia ricerca di attore, in qualche modo si fa materia di una forma d’arte. Per me recitare vuol dire attingere al cassetto emozionale del vigile del fuoco, in un gioco di continui rimandi”.
Finzione scenica e dramma storico si intrecciano anche nel docu-film “La campanella” che racconta una pagina semisconosciuta del nostro Paese: tra il 1950 e il 1968 un istituto di Borgo a Buggiano, in provincia di Pistoia, ha accolto una generazione di “vigilini”, i figli di vigili del fuoco caduti in guerra, dando loro la speranza di un futuro migliore.
“Ho avuto la fortuna di partecipare a questa singolare operazione di scavo nella memoria, incontrando e ascoltando le testimonianza dirette di chi ha vissuto nell’istituto”, spiega l’attore che, ironia della sorte, ha recitato proprio in divisa da pompiere al fianco Cosimo Pulito, ex dirigente generale del Corpo nazionale.
Il taglio “impersonale” e istituzionale del cortometraggio – voluto e prodotto dal Dipartimento Nazionale dei Vigili del Fuoco in collaborazione con l’Istituto Luce – non sottrae autenticità e carica umana alla storia. “L’aspetto interessante è stato andare alle radici di una pagina collettiva, partecipando al processo creativo del corto”, chiude. Una sfida a prova di metodo Stanislavskij che sostiene la necessità per l’attore di fare ricerca psicologica sul personaggio interpretato. Ma nel caso di Grazini i due ruoli si doppiano a vicenda.