Gabriella Sica, scrittrice e poetessa, una vita coincidente con la storia della poesia italiana dagli anni ottanta a oggi, è stata la protagonista dell’incontro all’Università dell’Età Libera di lunedì scorso. Mettendosi a nudo la poetessa ha fatto riaffiorare ricordi e particolari della propria vita, i suoi grandi incontri con Elsa Morante e Lalla Romano, con i poeti Valentino Zeichen e Dario Bellezza, i suoi libri in versi e in prosa, il libro in dialogo con Emily Dickinson, la rivista Prato Pagano, il Festival di Castel Porziano, il Premio di poesia Paolo Prestigiacomo, i docufilm prodotti per la RAI sui grandi poeti del 900, da Pasolini a Caproni e Penna e altri, tutti scaricabili su RaiPlay, per chi volesse vederli, magari in compagnia di figli e nipoti alle prese con gli studi e gli esami.
Una narrazione a braccio scandita, con passione e calma come in un monologo, con il tono di una favola, dalle letture di brani riguardanti la Tuscia in cui domina Vallarte, il luogo volutamente non identificato, dov’era nata la madre, la nonna e la bisnonna all’ombra dei Monti Cimini, e dove era la casa dell’infanzia da cui una stradina bianca conduceva alla Cassia e un viottolo dall’altra parte al bosco. Quella madre che apparteneva alla numerosa famiglia dei Frattarolo, in un paese tappa della Francigena verso la città di Pietro, apparteneva alla numerosa famiglia dei Frattarolo coinvolti in modi diversi alle due tragiche guerre mondiali, e in cui spicca il tema dell’amore matrilineare vissuto diversamente da tre generazioni collegate fra loro. Antenata prima la bisnonna soprannominata con un nomignolo, secondo gli usi del paese, la Liona, immaginaria parente di quel Papa Leone XIII tornato oggi alla ribalta per la scelta del nome del nuovo papa, Leone XIV, o semplicemente perché sottolineava la forza di una donna energica e per niente legata agli schemi delle donne dell’epoca e dotata della forza di una leonessa di qualche affresco etrusco. “Potrei sentirmi anche io, discendente della Liona”, un po’ con quel nome.
Gabriella Sica la poetessa “etrusca romanizzata” o la “poetessa pellegrina” per sua definizione, è tornata a Viterbo dove è nata in “quella clinica fuori le mura” a Porta Fiorentina, ed è vissuta nei suoi primi tre anni e qualche mese di vita, all’inizio degli anni cinquanta. Nel suo incontro pomeridiano al teatro San Leonardo Murialdo a Viterbo ha parlato di sé, dei suoi ricordi, a cui ha dato piena voce come a voler riacciuffare la memoria felice di una prima infanzia e raccordare quel filo conduttore che lega il primo tempo all’età matura.
La voce calda di Maria Teresa Muratore a scandire le poesie, alcune delle quali tratte dalla ultima opera di Gabriella Sica La fabuleuse vie, tradotta in francese e pubblicata da Éditions Laborintus , riferite al 1986 e al 2024, due tempi lontani e opposti ma non troppo, il suono di un discorso amoroso ininterrotto e intrecciato con la vita e con la poesia, vibranti le note di jazz del musicista Andrea Abbadia a ritmare le pause.
Pieno coinvolgimento del pubblico del Teatro Leonardo Murialdo, luogo degli incontri fissati nel programma primaverile della Università dell’Età Libera che con questo appuntamento va verso il finale di una stagione ricca di cultura e con un pubblico in crescita, sotto l’egida del Rettore prof. Bruno Mongiardo.
Per chi non ha potuto essere presente all’evento chiudiamo con una poesia di Gabriella Sica e con l’auspicio di un arrivederci presto nella sua ritrovata Viterbo.
Voi che mi leggete
Poiché mi ascolti tu lettrice e lettore
e raccogli le mie cosette amorose
le storie intarsiate di arcate dorate
vi chiedo da viva: la poesia è viva?
Io spero e canto e ancora spero
nel vostro amore che mi porti in salvo.
Voi che mi leggete
Poichè mi ascolti tu lettrice e lettore
E raccoglie le mie cosette amorose
Le storie intarsiate di arcate dorate
Vi chiedo da viva: la poesia è viva?
Io spero e canto e ancora spero
Nel vostro amore che mi porti in salvo.



























