Cinema. In sala Tre ciotole, la riscoperta della gioia nel dolore

di Rosella Lisoni

treciotole

“Tre ciotole” è un film toccante profondo, diretto da Isabel Coixet, che esplora temi di crisi esistenziale rinascita attraverso la storia di Marta, interpretata da Alba Rohrwacher e Elio Germano .

“Se tu non mi avessi lasciata, se non mi fossi ammalata, non avrei saputo”. Con queste poche, ma decise parole Marta spiega ad Alberto il senso della vita, della sua vita: la riscoperta della gioia nel dolore.

Marta e Alberto sono una coppia in crisi che al termine di una litigata interrompono la loro relazione dopo sette anni di convivenza.

Sarà Alberto a lasciare Anna, troppo complessa e poco incline a modificare i suoi atteggiamenti, a continuare a non fare ciò che non ama fare.

Lui, chef in rapida ascesa, si butta nel lavoro, lei, insegnante di educazione fisica in un liceo romano, si chiude in una sofferta solitudine che la condurrà al rifiuto del cibo.

Tre ciotole sono l’ultimo acquisto che fanno insieme in un supermercato, riuscendo ad averle grazie ai punti accumulati.

Le tre ciotole, il cui nome è tratto dal libro di Michela Murgia: Tre ciotole – Rituali per un anno di crisi, rimandano al rapporto dei personaggi col cibo.

Rappresentano la metafora del rapporto che la protagonista ha con la propria vita.

Dal rifiuto del cibo al cibo come piacere, non soltanto come nutrimento per il corpo.

Di cibo si parla molto nel film, se ne vede molto, se ne gusta molto.

Il cibo come metafora della vita.

Felice, triste, allegra, dolorosa, complicata che sia, ma pur sempre vita, da assaporare, da gustare.

Quella vita che proprio nella malattia Marta inizia ad amare, alla quale si aggrappa per sentirsi viva, per vincere la morte.

Film delicato, soave che tratta temi importanti quali: l’amore, la maternità, la malattia, l’abbandono, il dolore, il tradimento, la morte in tono poetico.

Come poetica risulta l’immagine di Marta, un’Alba Rohrwacher in stato di grazia, vigile, presente a se stessa, in grado di riuscire fare ciò la rende felice, incurante del giudizio altrui.

La malattia la spinge verso la vita, ad imparare una nuova lingua, a gettare lo sguardo oltre la finestra, ad imbattersi in un nuovo amore.

Attraversando il dolore si è rafforzata, è riuscita a trovare la sua strada, non curante di tutto e tutti.

L’immagine va ai suoi giri in bicicletta, in una Roma diversa da quella da cartolina, che mostra angoli insoliti, vie sconosciute in una Trastevere colma di mistero.

Una Roma notturna affascinante e seducente.

Un viaggio intimo anche, alla scoperta di sé, del mistero della vita.

Alberto invece stenta a scoprire il senso della vita, concentrato sui suoi obiettivi, sembra quasi aver perso il gusto della vita, di fare le cose per il piacere di farle.

Non in grado di comprendere il cambiamento di quella che un tempo fu la sua compagna di vita e che o ora è una persona nuova.

La cerca ancora, non l’ha dimenticata, vuole rivederla, restando incredulo di fronte alle sue parole.

“Stai meglio adesso allora?”

“Mi stai lasciando tu?”

“E’ una cosa terribile, è terribile, ma bella”, risponde Marta.

 

“Tre ciotole” è un film che merita di essere visto, non solo per la sua qualità artistica, ma anche per il messaggio profondo che trasmette.

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