Corona Virus e ansia, la psicologa: una palestra per vedere la bottiglia mezza piena

Rossella Cravero

«Non possiamo dire che tutto è come sempre, ma dobbiamo in maniera condivisa, riconoscere e rispecchiare all’altro che stiamo vivendo una condizione nuova che ci mette in allarme».

E’ questa la prima strategia per tenere sotto controllo l’ansia che in maniera più o meno forte si è impadronita di ciascuno di noi ai tempi del Corona Virus. A guidarci attraverso i percorsi delle nostre paure è la dottoressa Rosanna Schiralli è psicologa e psicoterapeuta

«Se da una parte non dobbiamo nascondere il momento che stiamo vivendo, dall’altra dobbiamo cercare di non stravolgere la nostra quotidianità , preservando una sorta di routine negli orari, nei rapporti, anche a distanza e nelle nostre attività».

Cosa ci spaventa di più?

«Il nemico invisibile. L’essere umano ha paura di quello che non può guardare in faccia. Non abbiamo esperienze pregresse che possono rassicurare il nostro inconscio. Non abbiamo memoria di una situazione similare, che ci possa dare la sicurezza di poterci difendere. Sentiamo una minaccia diffusa, ma non sappiamo dove guardare: questo genera in noi una sensazione di impotenza, che ci rende più vulnerabili

Dal dilagare del contagio molti dicono di vivere in continuo stato di ansia

«Paura e ansia sono normali risposte ad un’attivazione psicofisiologica di una situazione di allarme. Gli anziani ricordano i bombardamenti e la guerra, noi non abbiamo vissuto queste esperienze. Andiamo incontro a una produzione maggiore di adrenalina e cortisolo durante tutta la giornata. Chi è in ansia tende a dormire meno, ad avere tachicardia, a provare una fame d’aria o difficoltà a trovare la giusta concentrazione».

C’è chi dice di non riuscire nemmeno a leggere e chi è preso da un iperattivismo?

«Anche queste sono reazioni normali. Chi ha una struttura ansiosa e fragile per le proprie vicende personali, trova nel Corona virus una cassa di risonanza alla propria fragilità che va a risvegliare ferite antiche. E’ come se facesse da amplificatore a tutte le nostre debolezze. Per chi ha una struttura più forte la paura rimane sul piano della preoccupazione, quella persona riuscirà a muoversi meglio in queste giornate. Ognuno dovrebbe fare quello che è più consono alle proprie modalità di rassicurazione interiore, per scaricare l’ansia. Ci sarà chi si dedica alla lettura, chi pulirà tutta casa alla perfezione, chi guarderà film a ripetizione: in queste particolari giornate è bene assecondare quello che il nostro organismo ci chiede. La psiche è in un corpo e l’ansia è l’espressione neurofisiologica del sistema neurovegetativo che va in iperattivazione. Ognuno mette in atto delle modalità antiche, che sono primordiali, sono quelle che abbiamo strutturato da quando eravamo piccoli e che abbiamo imparato ad usare quando ci siamo sentiti minacciati».

Come reagire?

«Importante è cercare di condividere il malessere. Le videochiamate in questo periodo sono uno strumento molto utile. Così come l’ironia. Fa molto bene cercare di sdrammatizzare: l’approccio ludico è sempre un sistema per far abbandonare al cervello una certa modalità, per cambiare registro e avere un approccio differente».

E per i più piccoli?

«La regola base è: non ingannarli. Quando i bambini sentono che sta accadendo qualcosa, capiscono che gli adulti sono agitati, non possiamo dire loro: non è niente. Va spiegato in maniera semplice quello che è il pericolo, facendogli capire che bisogna avere delle accortezze ma che tutti sono impegnati per trovare una soluzione. Che si sta cercando una cura, e che si troverà un vaccino come per le altre malattie per le quali loro sono già protetti. L’uso della favola e della narrazione aiuta a farli sentire compresi e dà loro strumenti per mettere in atto comportamenti adeguati» .

E come si fa a gestire il tempo?

«I figli, di qualunque età, non vanno lasciati senza limiti, in balia degli apparecchi elettronici. Orari, programmazione e condivisione. E’ questa la buona occasione per condividere tante cose: dal cucinare, che consente la messa in comune di emozioni, esperienze e racconti passati, al gioco. Programmate un torneo che vada avanti più giorni (scarabeo, monopoli, ping pong per chi ha spazio). Immaginate di scrivere tutti insieme un diario che potrete poi rileggere quando tutto sarà passato e dar vita alla narrazione di questo evento. Stimolatevi in una sfida quotidiana alla sopravvivenza, valutando, di volta in volta, la giornata nel suo complesso, magari con le faccine emozionali».

E per la convivenza forzata?

«E’ una questione di allenamento. Anche questa è una novità. Però ci si possono inventare spazi: quando il tempo lo permette fate un pic nic sul balcone, mettendo una tovaglia in terra e organizzando i panini. Create tanti angoli diversi nella casa: l’angolo della noia, lo stanzino della paura, l’angolo della lampadina (dove si hanno le idee migliori) . I più piccoli si divertono molto sapendo di avere uno spazio limitato che li contiene nella propria emozione del momento. Ma questo vale anche per gli adulti: è legittimo chiedere di poter non essere disturbati in camera per un certo periodo di tempo. Le regole devono esistere, così come sono presenti quando si va in vacanza. Stabilite il tempo da dedicare allo studio, quello per i giochi elettronici (possibilmente limitato) quello per un’attività condivisa».

La quarantena può trasformarsi in una valida palestra del vivere insieme?

«E’ certamente l’occasione per vedere la bottiglia mezza piena. Dobbiamo far diventare il vincolo una risorsa, l’essere umano è l’unico che lo sa fare, e se i figli apprenderanno questa modalità , se la ricorderanno e avranno un’arma vincente nel loro bagaglio esistenziale. Approfittiamo per fare quelle cose per cui non abbiamo mai abbastanza tempo: agli adolescenti insegnate a stirare le camicie, ai più piccoli a fare il nodo alle scarpe. Ne usciremo tutti più abili e più uniti»

 

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI