Alessandro Ruggieri:”Nel piano di ricostruzione post coronavirus serve una dose massiccia di innovazione”

di Luciano Costantini

C’è solo un pizzico di nostalgia nelle parole di Alessandro Ruggieri, “Magnifico” di Unitus, durante la chiacchierata di inizio mattina ad un tavolo del bar all’esterno del Rettorato. “E’ inevitabile viaggiare sull’onda dei ricordi, ma ora sono tornato a fare lezione e sono sempre presidente dell’associazione nazionale dei docenti del mio settore. Non mi annoio certo”.
Adesso il professor Ruggieri è il rappresentante viterbese del “piano di Ricostruzione” del dopo Covid, voluto dalla Regione Lazio e che sarà varato nelle prossime ore. “Il vice presidente, Daniele Leodori, mi ha chiamato lo scorso marzo invitandomi a partecipare a un tavolo di lavoro per tracciare le linee guida di rilancio regionale. E’ stato creato un gruppo di professori, anche se preferisco non parlare di task force, che ha individuato cinque aree strategiche di intervento. La filosofia è stata quella di fissare alcune azioni immediate e altre a medio e lungo termine”.

Nella sostanza ?
La stella polare che ci ha orientato è stata quella di valutare ciò che di buono era stato già stato fatto per cercare di migliorarlo. Dobbiamo evitare di commettere l’errore di pensare che questa che stiamo attraversando sia una crisi economica. E’ una crisi del blocco delle attività produttive di cui non si riesce a precisare il peso anche se si può immaginare una graduale ripresa. Nel Lazio la situazione si è rivelata più grave perché non c’è una grandissima presenza di imprese, ma ci sono soprattutto servizi e turismo che hanno sofferto in modo particolare. Ed abbiamo individuato cinque aree di intervento.

Quali sono ?
Innanzi tutto sono aree collegate al sistema europeo. Cioè infrastrutture, sostenibilità ed economia circolare declinata in tutte le sue componenti, innovazione e ricerca, digitalizzazione e semplificazione. Io, in particolare, ho lavorato su innovazione, ricerca e sostenibilità. Un esempio: oggi non possiamo pensare di investire su una agricoltura che non sia sostenibile, digitale e molto innovativa. Le infrastrutture, evidentemente, hanno un ruolo fondamentale.

Limitandoci ai fatti di casa nostra, cioè del Viterbese, qual è il suo progetto?
Ventisette anni or sono quando arrivai all’università di Viterbo fui invitato a un convegno in cui si parlava di raddoppio della Cassia. E di cosa si parla ancora oggi? Voglio dire che quando si discute di territori si deve farlo collegandoli al contesto nazionale e romano. Sarò più chiaro, le caratteristiche del Viterbese tali devono restare, ma dobbiamo costruire su quello che già esiste. In altre parole, agricoltura, turismo, termalismo, il settore della ceramica. E poi un polo della ricerca in quanto abbiamo una università legata a varie attività imprenditoriali. Chiaramente, non mi stancherò di ripeterlo, serve una dose massiccia di innovazione.

Lasciamo da parte i sogni, quali sono i progetti più realistici?
Il collegamento con Civitavecchia che è fondamentale perché da un lato c’è il porto e dall’altro la chiusura dell’anello Orte-Roma-Autostrada Tirrenica che collegherebbe anche Rieti e la parte Sud dell’Umbria. Poi il rafforzamento dei collegamenti ferroviari, non tanto della Roma-Viterbo lungo la tratta di Capranica, ma del tracciato della Roma-Nord.

Quali sarebbero le filiere da sviluppare?
Innanzi tutto l’agroalimentare che prevede tre poli: quello di Latina, di Rieti e di Viterbo. Poi, insisto, il comparto della ceramica. Da ultimo, ma non ultimo, il turismo e il termalismo. Nicchie di turismo meglio collegate con Roma. E soprattutto le infrastrutture digitali. Non è pensabile che un ragazzo che vive a Piansano o a Montefiascone non possa usufruire di una rete veloce come uno studente di Roma.

Progetto interessante, persino suggestivo, ma le risorse?
Per ogni filiera abbiamo fissato quattro/cinque interventi concreti. Cioè intervento e il suo impatto economico. I primi investimenti ammontano a quasi 300 milioni. Altri fondi, vecchi e nuovi, verranno al termine delle trattative a livello europeo.

Qual è a suo giudizio la priorità delle priorità?

Le infrastrutture. Bisogna guardare a ciò che è stato fatto in passato e avere anche una visione di lungo termine. Capisco che l’opinione pubblica solleciti interventi con impatto immediato, ma se non si fa una sforzo collettivo per ridurre il divario tra le persone al fine di creare una prospettiva di lungo termine, be’ i problemi non si risolveranno mai. E poi, restando in un ambito che più ci compete, dobbiamo dare soldi agli agricoltori. Soldi e formazione. Formare agricoltori, imprenditori e anche cittadini. Qualcosa la Regione ha fatto. E poi, mi lasci dire, serve una sforzo nella semplificazione: i meccanismi nella erogazione delle risorse devono essere molto più semplici. Non è possibile perdere un anno per completare una procedura perché nel frattempo l’imprenditore se n’è andato. La velocità e fondamentale.

Lei parla più da politico che da cattedratico…

L’ho già detto e ripetuto, io voglio continuare a fare il professore. Anche se nella vita non si può mai escludere nulla.

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